Il modello “last click”, come e perchè persiste

Click_Attribution

Mentre il customer journey diventa sempre più complesso da leggere, a causa della natura omnicanale del processo, la misurazione dell’attribuzione è ancora ampiamente focalizzata sul “last click“. E per ragioni che non sono solo tecnologiche…

Il paradosso: mentre il mondo della pubblicità digitale sembra essere ghiotto di innovazioni tecnologiche, come quelle che danno sostanza al programmatico o alla DCO (Dynamic Creative Optimization), una questione sembra essere stata trascurata, quella dell’attribuzione. Si tratta di individuare le leve più efficaci per investire i 4.094 miliardi di euro che il mercato della pubblicità digitale rappresenta in Francia nel 2017, ad esempio.

I miei annunci vengono davvero visti? Quali sono i canali più efficaci (search, display, affiliazione…)? I miei partner sono remunerati al valore equo del loro contributo? Come posso scegliere il mio marketing mix per ottimizzare il mio budget pubblicitario? È a queste domande che la misura di attribuzione dovrebbe rispondere. Per impostazione predefinita, è la regola – o meglio la vecchia abitudine – dell'”ultimo click” che prevale, che consiste nell’attribuire all’ultimo punto di contatto il merito di una conversione. Problema: con lo sviluppo dell’omnicanale, questa attribuzione last click diventa sempre più distorta. Questo è il caso in particolare degli inserzionisti che investono fortemente sui cellulari…

Quando l’omnicanale complica le carte in tavola

Omnichannel_Experience

L’attribuzione è stata una questione di grande importanza nel 2017. Nel 2019, il tema rimane un bel problema“, ha dichiarato a Petit Web Anne Browaeys, General Manager of Marketing, Digital & Technologies di Club Med. “Abbiamo modelli di attribuzione (…) Diverse misure omnicanale ci mostrano che il cellulare è uno dei principali fattori di conversione. Tuttavia, quando si eseguono campagne su base giornaliera e si utilizzano strumenti di ottimizzazione delle offerte per acquistare parole chiave, la tendenza è quella di guardare l’ultimo click, il che è molto sfavorevole per il mobile.” Difficile per un inserzionista i cui investimenti pubblicitari sui cellulari sono passati dal 16 al 64% del suo budget totale…

Non sorprende che questo di Club Med sia ben lungi dall’essere un caso isolato. Tutti i marchi che si trovano ad affrontare un percorso omnicanale si confrontano con i limiti dei loro modelli di attribuzione. La colpa è della tecnologia? In parte, perché la situazione è complessa: non è facile, ad esempio, conciliare percorsi composti da sessioni web, su desktop e mobile, e connessioni ad applicazioni mobili. E su questo come su altri argomenti, gli adblocker di Apple e l’Intelligent Tracking Prevention complicano ulteriormente la situazione. Come possiamo valutare in questo contesto il peso dei canali che svolgono il ruolo di “iniziatore”, “influencer” o “goalscorer”? I modelli algoritmici (come le catene di Markov) forniscono risposte ma non cambiano radicalmente la situazione. Lo strumento alimenta la decisione ma non può decidere da solo…

Una verticalizzazione organizzativa che ostacola la gestione complessiva delle prestazioni

Come possiamo prendere le decisioni giuste, ad esempio, per razionalizzare i budget e generare così tante conversioni con meno punti di contatto? Nel cercare di rispondere a queste domande, i marchi comprendono che l’ostacolo principale per un’attribuzione più coerente con la realtà non è solo di natura tecnologica ma anche organizzativa. Per un semplice motivo: i team sono organizzati – e incoraggiati – per canale (SEO, SEM, Social, Display…), il che complica seriamente la gestione complessiva della performance.

SEO_SEM_indicizazione

Le conseguenze di questo silotaggio (verticalizzazione) nell’organizzazione sono note: gli effetti di risonanza vengono ignorati (il fatto che più viste su un canale preparino la conversione su un altro canale) mentre le conversioni vengono moltiplicate, con più canali che si assegnano la stessa conversione. Un argomento trattato attraverso la deduplicazione, che consiste principalmente nella pratica di commissionare i partner alla performance per evitare di essere fatturati due o più volte per le stesse conversioni. In altre parole, i contratti sono rivisti, ma il nucleo del soggetto, la misurazione dell’attribuzione, rimane scollegato dalla realtà.

Come possiamo riconnetterci alla realtà per darci, passo dopo passo, i mezzi per sviluppare il nostro modello di attribuzione? La storia inizia con una condivisione delle informazioni: dare a tutti, qualunque sia il “canale di origine”, una visione globale delle prestazioni, cross-channel (estesa al mondo fisico, ad esempio ai negozi) e cross-devices, condividendo gli obiettivi di traffico e di conversione, ricevendo gli stessi avvisi per incrociare i percorsi e identificare più precisamente le cause… È su questa base comune che i modelli possono essere testati e regolati per riconciliare la misurazione dell’attribuzione con la realtà. E, infine, mettere da parte la vecchia pratica del “Last click”.

Articolo a cura di Commanders Act

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