Le tipologie di conoscenza del cliente

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Da qualche settimana ci stiamo concentrando sulle strategie di  personalizzazione che stanno emergendo come elemento su cui le aziende vogliono investire di più. Abbiamo già parlato dei benefici della personalizzazione, della frontiera dell’iper personalizzazione e oggi ci ricongiungiamo alla serie di articoli dedicati alla customer intelligence.
Senza dati e quindi senza conoscenza, è inimmaginabile qualsiasi attività di personalizzazione. Forse è banale affermarlo, ma serve per definire con precisione che il primo passo da compiere è quello di creare e utilizzare la Customer Knowledge, ossia quell’insieme di informazioni organizzate e strutturate che riguardano i clienti che provengono da varie fonti, come transazioni, comunicazioni e interazioni.

Intersezione tra CRM e Knowledge Management

La Customer Knowledge si configura come l’intersezione tra la gestione delle relazioni con i clienti (CRM) e la gestione della conoscenza aziendale (knowledge management). Organizzarla, diffonderla e alimentarla permette di migliorare l’esperienza del cliente, creare valore per l’azienda e i clienti, e garantire l’accesso all’informazione giusta, al canale giusto e al momento giusto.

Quando un’azienda conosce con certezza le preferenze, le esigenze e le motivazioni dei propri clienti, può prendere decisioni informate per soddisfare le loro aspettative. Gli insights sui clienti e sui trend guidano la creazione di esperienze più personalizzate ed efficaci, fluide e senza interruzioni in ogni loro fase (self-service compreso), velocizzando anche le capacità risolutive e di intervento dell’azienda senza sprecare tempo, energie e risorse concentrandosi sulle persone e sulle questioni sbagliate

Tre tipologie di conoscenza

La Customer Knowledge può essere suddivisa in tre tipologie che si riferiscono alla fonte da cui proviene l’informazione e all’uso che si può fare di quell’informazione. Si tratta della conoscenza che riguarda i clienti, la conoscenza per i clienti e la conoscenza che proviene dai clienti.

La prima tipologia si ottiene dalle interazioni con i clienti. Le informazioni sono raccolte e analizzate dalle aree aziendali responsabili dei servizi, delle offerte, dei reclami e delle richieste di assistenza. Questa conoscenza, se raccolta e sviluppata in modo continuativo, consente di ottimizzare e personalizzare una vasta gamma di attività aziendali, come le campagne di comunicazione e la progettazione dei servizi. L’obiettivo che si raggiunge è quello di una maggiore differenziazione sul mercato che si traduce in vantaggio competitivo.

La seconda, ovvero la conoscenza per i clienti, invece, deriva dai processi interni dell’azienda, come la ricerca e lo sviluppo e la produzione. Questa conoscenza dovrebbe essere adattata alle specifiche esigenze dei clienti, mantenendo un equilibrio tra comprensibilità e precisione per produrre documentazione che sia precisa e facilmente utilizzabile. In questo caso l’obiettivo è quello di dare il miglior supporto informativo ai clienti.

Infine, la terza tipologia comprende tutto ciò che i clienti condividono rispetto la loro esperienza con il prodotto o il servizio, compresi  suggerimenti e aspettative. Questo tipo di conoscenza è particolarmente utile per comprendere come migliorare la propria offerta. Far sapere al cliente che la sua opinione è apprezzata e presa in considerazione consolida il senso di appartenenza e il legame con il brand.

Perché investire sulla personalizzazione?

Una ricerca del 2021 di McKinsey ha messo in luce che per il 76% dei consumatori la ricezione di comunicazioni personalizzate è stato un fattore chiave per stimolare la loro considerazione di un marchio e il 78% ha affermato che tali contenuti li hanno resi più propensi al riacquisto. La personalizzazione dunque sembra essere efficace nel promuovere il coinvolgimento ripetuto e la lealtà nel tempo. Si produce un effetto volano, un circolo virtuoso, perché le interazioni creano altri dati sulla base dei quali progettare esperienze sempre più pertinenti.

La ricerca ha rilevato anche che più un’azienda diventa abile nell’utilizzare i dati per aumentare la conoscenza e l’intimità con i clienti, maggiori saranno i ritorni. La personalizzazione determina un aumento di fatturato che va dal 5 al 25 percento, a seconda del settore e della maturità della strategia.

Ma l’aspetto più interessante della ricerca è la constatazione che le aziende che ottengono i migliori risultati dalla personalizzazione la affrontano in modo diverso. Non è un’attività deputata al marketing, ma è considerata un’opportunità per tutta l’organizzazione. La conoscenza del cliente necessaria per le attività di personalizzazione diventa il motore per creare prodotti sempre più adatti ai desideri e alle esigenze dei clienti, per ottimizzare i processi, per rendere le relazioni coinvolgenti e di lunga durata.

Un approccio data-driven alla personalizzazione e alla crescita aziendale richiede di agire su cinque livelli: identificare le opportunità lungo il ciclo di vita del cliente, agire sui canali e i punti di contatto con contenuti dinamici, utilizzare gli strumenti che permettono di abilitare la relazione con il cliente, avere un modello operativo agile con team trasversali, accrescere le competenze interne nell’analisi dei dati.

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