Digitale o Umano? Il falso dilemma

Customer Service Data Driven 3/4

Con l’esordio dei primi, goffi, chatbot, cinque/sei anni fa, si è aperto il dibattito sulla possibilità di sostituire le interazioni con gli operatori dei contact center con interazioni completamente gestite da macchine. Concentrati sullo spauracchio della perdita di lavoro o, dall’altra parte, sulla chimera di poter risparmiare sui costi operativi, ci si è dimenticati di definire con attenzione le nuove competenze e i nuovi percorsi formativi degli operatori umani e il campo di azione dei chatbot, voice bot, assistenti virtuali.

L’intelligenza artificiale generativa è arrivata con il suo potere dirompente a sottolineare ancora di più l’urgenza di questa riflessione. Come abbiamo avuto modo di scrivere nello scorso articolo, le persone anche se sono sempre più abituate a interagire con dei software, prediligono ancora l’interazione umana quando l’argomento da trattare è complesso, quando hanno bisogno anche di un sostegno emotivo.

Anche l’ultimo State of Service di Salesforce evidenziava che il telefono è ancora il canale più utilizzato, sebbene  il 57% dei clienti interagisca in modalità digitale. Si sta assistendo a una distribuzione omogenea e i clienti sembrano molto maturi nello scegliere il canale più adatto alle esigenze del momento. Il dilemma digitale o umano, la speranza/spauracchio di utilizzare solo software, si sono rivelate infondate se non controproducenti.

Tecnologia al servizio della relazione

Una conferma di ciò viene anche dal fatto che molti chatbot o assistenti virtuali, compresa la stessa Intelligenza Artificiale Generativa, vengono adottati come supporto agli operatori del customer service. Sono strumenti che rendono più veloce la ricerca delle informazioni necessarie per fornire le risposte più corrette, che suggeriscono le azioni più appropriate in base a profilo e storia del cliente, che preparano per l’operatore le frasi da utilizzare, che raccolgono e rielaborano le informazioni che vengono scambiate durante l’interazione. In poche parole aumentano la produttività delle persone addette al customer service,  rendono più efficaci le risposte e soprattutto liberano energie che possono essere concentrate su ciò che è essenziale: la qualità della relazione umana che viene instaurata nello spazio di una telefonata o di una chat. Ed è su questo che andrebbe concentrata l’attenzione per far diventare l’operatore l’avanposto dell’azienda che coltiva e promuove la centralità del cliente.

Le aspettative dei clienti

Non c’è dubbio che da quando la digitalizzazione si è diffusa, l’atteggiamento e le aspettative dei clienti nei confronti del customer service hanno conosciuto una notevole evoluzione. Ora ci si aspetta semplicità, immediatezza, flessibilità, adattabilità, proattività e personalizzazione. Sempre più consapevoli di ciò che può essere ottenuto attraverso un utilizzo corretto e strategico di big data e informazioni personali, i clienti sono meno inclini ad accontentarsi di un servizio che non rispecchi pienamente i loro bisogni, le loro preferenze, le loro abitudini e i loro stati emotivi.

Ciò significa curare l’esperienza che ciascun cliente vive durante ogni interazione e in ogni punto di contatto con l’azienda durante l’intero ciclo di vita, migliorando le performance del customer service grazie alla valorizzazione della componente umana e all’implementazione di tecnologie che forniscano  una vista unica e onnicomprensiva sul cliente e sui suoi pattern di comportamento, e che permettano di decidere in tempo reale o proattivamente quale sia l’azione più adeguata da intraprendere, basandosi sui dati, sulle caratteristiche individuali e sull’analisi del contesto.

Il giusto mix tra self-service e assistenza

L’evoluzione delle tecnologie sta favorendo l’affermazione delle funzionalità in self-service, che rappresentano una modalità win-win di assistenza in grado di coniugare il risparmio sui costi di gestione con l’immediatezza del supporto erogato. In questo caso, la chiave del successo è la capacità di gestire e creare sinergie tra i punti di contatto disponibili, siano essi fisici o digitali, agendo e rispondendo in tempo reale e in modo coerente e continuativo. La capacità di creare un giusto mix tra le operazioni da gestire in self-service e quelle che richiedono l’apporto umano.

Se è vero, infatti, che la crescente dimestichezza nell’utilizzo di tecnologie più o meno avanzate (intelligenza artificiale, live chat, IoT, realtà virtuale e aumentata, etc.) sta favorendo l’affermazione del customer service digitale, non è altrettanto vero che tutti i clienti prediligano tale virtualizzazione delle interazioni con le aziende, né tantomeno che tutte le tipologie di servizio si prestino a una simile trasformazione.

Esistono servizi che richiedono l’intervento di specialisti qualificati, così come interazioni in cui la componente umana risulta imprescindibile per garantire la qualità dell’esperienza offerta al cliente. In casi come questi, la presenza di un operatore continua a essere fondamentale.

È per questo motivo che alcuni studiosi pongono l’accento sulla necessità per le aziende di non focalizzarsi sul presunto aut aut tra fisico e digitale, bensì di elaborare delle strategie che abbiano come fulcro la cosiddetta total customer experience.

In questo modo, che ci si muova nella dimensione fisica o digitale, il cliente è facilitato nel raggiungimento dei suoi obiettivi di autorealizzazione e benessere attraverso esperienze significative, efficaci e su misura, mentre l’azienda sviluppa la capacità di distinguersi dai competitor e di garantirsi la preferenza e la fedeltà del proprio target nel tempo.

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