In che modo i chatbot aumentano la customer attraction

All’inizio dello scorso anno, Google ha dedicato una ricerca al nuovo habitat naturale del consumatore digitale, Internet. In questa ricerca il web ha assunto un’immagine nuova: non più e non solo quella della rete, ma quella del più grande shopping district mai creato, aperto 24 ore su 24 ogni giorno della settimana.

Che si abbiano le idee chiare oppure no su che cosa acquistare, lo shopping district chiamato Internet è sempre pronto a fornire soluzioni e suggerimenti infiniti in un batter d’occhio. Il percorso seguito dal consumatore in un simile ambiente diviene giocoforza più complesso, articolato e talvolta esteso nel tempo prima che si giunga ad effettuare un acquisto, ma questo non è necessariamente un limite né per il cliente né per le aziende, a patto di poter contare sugli strumenti giusti.

Google ha chiamato il territorio che si estende dal primo desiderio di acquisto all’acquisto vero e proprio messy middle: un labirinto fatto di ricerche, advertising, link e click, ovvero tutto ciò che concorre alla finalizzazione di un acquisto nell’universo digitale. È uno spazio in cui le informazioni abbondano fino all’inverosimile e dove le possibilità di scelta sono illimitate, tanto in termini di prodotti e servizi quanto in termini di aziende che li offrono.

Nel messy middle il consumatore può impiegare molto tempo alla ricerca del prodotto da acquistare, del brand a cui rivolgersi, dei suggerimenti di altri consumatori o di esperti per consolidare la propria scelta. 

Ogni azione che un’azienda mette in campo per aiutare il cliente in questa attività e ridurre gli sforzi che essa comporta è un passo in avanti verso la conquista della sua piena attenzione, un gesto distintivo rispetto ai competitor, un buon motivo per essere notati, ricordati e scelti.

Chatbot, una guida nel messy middle

Il cliente digitale è solitamente molto attento nel riconoscere e apprezzare ogni alleggerimento delle sue attività di ricerca da parte delle aziende. Gli strumenti che possono essere implementati e utilizzati a tale scopo sono svariati, ma oggi ne consideriamo uno in particolare: il chatbot.

Il chatbot è un’applicazione software progettata per consentire a una macchina di condurre una conversazione testuale via chat simulando un interlocutore umano. Per riuscirci, il chatbot deve essere allenato: ciò significa alimentarlo con tutti i dati e le informazioni utili a gestire un’interazione in nome dell’azienda e testarlo attentamente prima di farlo interagire con i clienti, ma anche continuare a migliorarne le capacità durante il suo intero ciclo di vita, sia attraverso l’intervento diretto di esperti umani sia grazie al machine learning – ovvero quel sottoinsieme dell’intelligenza artificiale che permette di creare sistemi che apprendono e migliorano le loro performance in base ai dati che utilizzano. 

Se ben addestrato, un chatbot può fare la differenza nel messy middle, aumentando la capacità attrattiva dell’azienda nei confronti del suo pubblico, aiutandola a ottimizzare le interazioni e contemporaneamente a ridurre i costi operativi (riduzione che secondo alcune ricerche può raggiungere quota 30%).

Dal punto di vista del cliente, poter interagire con un chatbot nel messy middle presenta dei vantaggi non trascurabili.

Pensiamo all’attività di ricerca e al tempo che può occupare, tempo così prezioso per il consumatore digitale. Il messy middle per definizione pullula di informazioni e opzioni, ma spesso anche di siti web che non rendono facile individuarle e fruirne in modo semplice e immediato.

Talvolta sarebbe più semplice poter parlare con qualcuno dell’azienda per chiarire dubbi e placare curiosità, ma farlo in un momento in cui si è ancora alle prese con la definizione della propria scelta costituisce un disagio e un freno per la maggior parte dei clienti, che non desiderano di certo percepire la pressione della vendita in uno stadio ancora acerbo del loro journey.

Implementando un chatbot nei touchpoint più strategici (sito web, pagina social, landing page, etc.) l’azienda può facilmente superare questo tipo di reticenza e gettare le basi della relazione secondo una modalità più interattiva e personale di quella rappresentata, per fare un esempio, dalle FAQ sul sito aziendale. 

Il chatbot – opportunamente integrato con gli altri sistemi aziendali – può dialogare con l’utente rispondendo alle sue domande e facendone di nuove: in questo modo può comprendere sempre meglio le sue specifiche esigenze e personalizzare l’interazione, stimolando ulteriormente la conversazione per raccogliere nuovi dettagli e informazioni, che serviranno anche ad arricchire la conoscenza complessiva che l’azienda ha del proprio pubblico di riferimento – e, nei casi più fortunati, a individuare nuovi segmenti di mercato per prodotti futuri.

Nel messy middle il cliente cerca valore

Un punto da non trascurare quando si progetta un chatbot destinato a ingaggiare i clienti nel messy middle è fare in modo che la conversazione abbia come obiettivo finale quello di offrire qualcosa di utile al cliente, non certo quello di vendere a tutti i costi. 

In base all’andamento della conversazione, il chatbot può proporre come call to action finale il download di un contenuto esclusivo, la presentazione di alcuni prodotti e servizi rispondenti ai suoi bisogni specifici, la possibilità di fissare un incontro con un esperto dell’azienda o la richiesta di un preventivo. Qualunque sia l’opzione, il cliente non deve sentirsi braccato perché non ha immediatamente finalizzato l’acquisto.

Attraverso il chatbot, infine, si possono automatizzare anche le azioni di re-engagement e follow-up, per mantenere vivo e far evolvere il primo contatto tra cliente e azienda oltre la reciproca conoscenza nel messy middle.

«Il 90% dei clienti è disposto a condividere i propri dati di comportamento a patto di ricevere in cambio suggerimenti personalizzati» ricorda Marco Lunghini, CEO e co-founder di Ellysse. «Il chatbot sfrutta proprio queste informazioni e tutti i dati utili in possesso dell’azienda per fornire risposte pertinenti e contestualizzate grazie a tecnologie come l’analisi semantica, l’active learning, la sentiment e l’intent analysis, in modo immediato e 24/7, senza barriere linguistiche o di fuso orario – caratteristiche molto apprezzate dai clienti. Poter contare su un chatbot nel territorio caotico del messy middle» aggiunge Lunghini «equivale a fare un passo avanti rispetto ai competitor offrendo al cliente, fin dal primissimo momento di contatto, interazioni sempre rilevanti, personali e soddisfacenti tramite uno dei canali oggi più apprezzati, la chat».

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