Scegliere le fonti dei dati in base agli obiettivi

Customer intelligence 3/4

“il naufragar m’è dolce in questo mare”: probabilmente questo senso di pace descritto da Leopardi nella sua celebre poesia L’Infinito non è condiviso da chi ha davanti il mare di dati che ogni giorno si genera attraverso interazioni, conversazioni, relazioni. Dati che sappiamo essere ricchi di informazioni, ma la cui mole ci spaventa nonostante le promesse degli strumenti di intelligenza artificiale che possono elaborarla in poco tempo. Nei precedenti articoli abbiamo esaminato le diverse tipologie di dati dai quali si estraggono informazioni utilizzando quattro modalità di analisi. I dati provengono da diverse fonti e anche in questo caso ciò che può guidare la scelta della sorgente da utilizzare è l’obiettivo che vogliamo raggiungere.

Le aziende che vogliono prevedere il prossimo acquisto dei propri clienti esplorano i dati storici che si trovano nel CRM o nelle anagrafiche commerciali magari incrociandoli con i feedback diretti, che possono fornire informazioni sulle esigenze e le preferenze, e i dati demografici, che completano il quadro. Quando il focus è perfezionare l’esperienza d’uso di un sito web o di un’app, allora si fa ricorso ai dati di interazione che provengono da fonti come i web analytics o i customer journey analytics.

Conoscendo le caratteristiche delle fonti dei dati e individuando gli strumenti di raccolta e analisi da utilizzare a seconda dell’origine, si può sfruttare tutto il potenziale delle informazioni per comprendere bisogni, preferenze e aspettative dei clienti e per approfondire la qualità dei propri prodotti e servizi.

Le fonti dei dati

Le fonti dei dati di prima parte (first-party data) – ovvero le informazioni che l’azienda raccoglie direttamente dai suoi clienti, dai visitatori del suo sito web o dai suoi follower sui social media –  si possono distinguere tra indirette e dirette.

Tra le prime rientrano le interazioni digitali e quelle con il customer service.

I  dati che otteniamo dai web analytics – pagine visitate, clic effettuati, durata della sessione, prodotti visualizzati e così via – aiutano a comprendere gli interessi dei clienti, le fonti dei referral, i dettagli delle conversioni e il comportamento in tempo reale. I tracking pixel, ovvero blocchi di codice HTML o JavaScript inseriti nei siti web o nelle e-mail inviate ai clienti, registrano ogni visitatore atterrato sulle pagine aziendali e ogni comunicazione aperta, tenendo traccia degli indirizzi IP, dei sistemi operativi, dei browser utilizzati. Queste informazioni possono essere utili per ottimizzare i siti web o le app, personalizzare la comunicazione, monitorare le performance di determinate campagne.

Le interazioni con il customer service invece sono una preziosa fonte di informazioni sui problemi che i clienti incontrano, le loro preoccupazioni e i loro bisogni. Analizzando con strumenti di speech & text analytics ogni comunicazione scritta, interazione via chat o chiamata vocale si acquisiscono dettagli sui motivi delle richieste di aiuto, sui problemi che si presentano con più frequenza, sulla qualità dell’interazione. Mentre le statistiche del servizio danno informazioni sulle modalità scelte dai clienti per entrare in contatto con l’azienda, sui tempi di attesa e di risoluzione dei problemi.

Dalle fonti di dati dirette come moduli di registrazione, richieste d’ordine, profili delle aree riservate, si ottengono dati personali utili per le analisi descrittive che possono essere effettuate con strumenti come il CRM. Quando si interroga direttamente il cliente attraverso interviste, sondaggi e focus group  si  instaura un dialogo personale che permette di registrare le impressioni a caldo e comprendere i livelli di soddisfazione, conoscere le opinioni, le preferenze e le aspettative dei clienti, nonché raccogliere feedback specifici sui prodotti o servizi offerti dall’azienda.

Raggiungere gli obiettivi

Quando si conoscono le caratteristiche di ciascuna fonte di dati disponibili è possibile scegliere quelle più appropriate per ottenere i dati necessari a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Se può essere scontato per un ecommerce utilizzare tutte le informazioni relative all’interazione digitale, lo è meno affiancare a questa indagine anche strumenti per la raccolta dei feedback dei clienti dai quali estrarre informazioni per comprendere meglio i dati di interazione. A tale scopo possono essere programmate delle survey al termine di determinate azioni, come la registrazione, l’acquisto o il  pagamento, oppure ci si può rivolgere a fonti indirette come recensioni, commenti, interazioni con i servizi di assistenza.

Le aziende del mondo retail che offrono i loro prodotti sia online sia nei negozi sentono sempre di più la necessità di creare un’unica esperienza omogenea e fluida. Questo obiettivo può essere raggiunto utilizzando diverse fonti di dati, in modo da poter ricostruire l’intero customer journey e identificare i punti di contatto più efficaci. Monitorando la posizione del cliente, sia all’interno di un negozio fisico sia nelle interazioni digitali si raccolgono informazioni sulle abitudini di spesa, le zone di interesse e i percorsi preferiti. Queste informazioni possono essere confrontate con i dati delle transazioni, dai quali si deducono le preferenze d’acquisto, utili a indirizzare messaggi personalizzati sull’app o indicare ai commessi in negozio come orientare il cliente. Anche i dati delle ricerche on line sono ricchi di informazioni aggiornate sui desideri e necessità del cliente. Valutando la modalità scelta dal cliente per informarsi prima di effettuare l’acquisto si ottengono elementi per decidere come coinvolgerlo nel modo più appropriato sia in forma digitale sia nelle interazioni fisiche. Infine, analizzando feedback, recensioni e commenti si può sapere se ci sono miglioramenti da apportare nell’esperienza complessiva del cliente.

Le  utility approfondendo le recensioni dei clienti ottengono un ampio ventaglio di informazioni. Ciò che viene espresso sulla qualità del servizio, sulla comparazione con i competitor, sulle problematiche legate alla fatturazione e sulla qualità del servizio clienti permette di comprendere quali sono le aree prioritarie su cui intervenire. Potrebbe essere la velocità di risposta del servizio clienti in caso di emergenze o interruzioni di servizio, oppure la qualità dei canali di comunicazione, come i siti web, le app mobili e i social media. Per esempio, se un gran numero di recensioni segnala problemi nell’utilizzo del sito web dell’azienda, la società potrebbe rivedere la struttura del sito web e migliorare l’esperienza di navigazione per rendere più facile e piacevole l’utilizzo del sito da parte dei clienti.

L’analisi del customer journey utilizzata nel mondo bancario può aiutare a migliorare l’esperienza dei clienti in ogni fase della relazione. Un esempio è quello della Banca Popolare di Milano, che attraverso l’esame del percorso del cliente ha individuato i punti critici del processo di apertura del conto, come la richiesta di informazioni troppo dettagliate o la difficoltà di completare il processo online. Sulla base di queste informazioni è stato rivisto completamente il processo, semplificando la procedura e rendendola più user-friendly. Il risultato è stato un aumento della conversione dei potenziali clienti in clienti effettivi. Banca Mediolanum ha analizzato il customer journey per individuare i punti critici del processo di accesso al servizio di home banking, come la difficoltà di navigare il sito o la mancanza di chiarezza nelle istruzioni. I dati raccolti sono stati utilizzati per rivedere l’interfaccia del proprio sito web e rendere più user-friendly il servizio di home banking, con il risultato di aumentarne l’adozione.

Questo articolo si basa sulle ricerche del Centro Studi di CMI

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