Tutti noi conosciamo casi di aziende che, utilizzando i dati a disposizione, sono riuscite a modificare processi di business per allinearli alle esigenze dei clienti. Ma forse in pochi conoscono in che modo queste aziende hanno scelto i dati per prendere decisioni, migliorare i prodotti o risolvere problemi. Spesso ci si sofferma sulle storie più evidenti e conosciute.
Si parla di frequente della capacità di personalizzazione delle raccomandazioni di Amazon e Netflix. Ma quanti sanno altri utilizzi possibili degli stessi dati?
Amazon sfrutta gli stessi dati comportamentali per migliorare la logistica, prevedendo la domanda di prodotti e posizionando gli articoli nei magazzini in base alla frequenza di acquisto. Oppure, Netflix li usa per prevedere quali contenuti saranno più popolari e per identificare i trend di visualizzazione.
Altre aziende fanno ricorso ai dati di interazione per individuare i clienti insoddisfatti del servizio e quindi intraprendere azioni specifiche per migliorare la loro esperienza. Delta Air Lines attinge a una varietà di fonti, tra cui i dati dei social media e i dati delle interazioni con il servizio clienti, per monitorare la soddisfazione e evidenziare eventuali problemi di servizio. Foursquare invece utilizza i dati delle interazioni degli utenti con l’app per individuare i problemi di servizio e migliorare l’esperienza dell’utente. Se un utente lascia una recensione negativa su un ristorante, il team di supporto clienti di Foursquare può contattare il ristorante per risolvere il problema.
Anche i dati attitudinali, che rilevano pareri, emozioni e sentimenti, danno numerose informazioni per correggere i difetti dei propri prodotti o per aggiungere nuove funzionalità. Apple li ha sfruttati per rinnovare l’interfaccia utente e incrementare la durata della batteria. Nike, analizzando recensioni, commenti e risposte ai sondaggi, ha compreso come gli atleti adoperano le loro scarpe. Questo ha permesso di perfezionare l’ammortizzazione, la trazione e la resistenza delle scarpe da corsa.
Quattro categorie di dati
La classificazione che abbiamo considerato suddivide i dati in quattro categorie: dati personali, di interazione, di comportamento e attitudinali. In questo modo si ottiene una visione completa e strategica dei dati raccolti ed è possibile scegliere quelli più adatti agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Nello specifico, i dati personali, di base o di identità, comprendono informazioni demografiche come nome, cognome, età, indirizzo e altre informazioni finanziarie come occupazione e reddito. Possono anche includere informazioni specifiche sulla vita del cliente, come figli o animali domestici. Inoltre, è possibile fare una distinzione tra personally identifiable information o PIl (informazioni di identificazione personale) e non personally identifiable information, non-PII. Nel primo gruppo rientrano tutte le informazioni che possono essere usate per identificare un individuo, come il nome completo, l’indirizzo e-mail e quello fisico, il numero di identità, le credenziali di login e il numero di telefono e quelle collegabili. Le informazioni anonime, che non possono essere utilizzate per l’identificazione di una persona, fanno invece parte del gruppo non-PII. Secondo il GDPR, questi dati devono essere considerati a tutti gli effetti come dati personali, diversamente da quanto accade negli Stati Uniti.
I dati di interazione o di engagement registrano la varietà di modi in cui i clienti attuali e potenziali entrano in contatto con l’azienda, mostrando in che misura risultano essere coinvolti nei vari touchpoint. I dati comportamentali indicano come i clienti interagiscono con i prodotti o i servizi dell’azienda, come l’utilizzo dei prodotti o le abitudini d’acquisto. Infine, i dati attitudinali forniscono informazioni sul parere, le emozioni e i sentimenti che il cliente nutre nei confronti dell’azienda. Fanno parte di questa categoria le informazioni relative alla soddisfazione e al sentiment dei clienti, alla desiderabilità del prodotto, alle preferenze, esigenze e sfide che guidano l’agire del cliente, alle motivazioni e ai criteri di acquisto.
Dove si trovano i dati
Le fonti dei dati variano a seconda della tipologia di informazione che stiamo cercando.
I dati di identificazione personale provengono dai form di iscrizione, gli ordini di acquisto, le transazioni finanziarie, le interazioni con il customer service, i sistemi di geolocalizzazione. Mentre i dati non-PII possono essere ricavati dai collegamenti web, i cookie e gli ID dei dispositivi.
Se vogliamo ottenere dati di interazione, i siti web e le app sono le fonti dalle quali estrarre numero di visite, statistiche di utilizzo, pagine più visitate, fonti di traffico. I social media forniscono dati sui like, condivisioni, visualizzazioni. Dalle statistiche delle newsletter si evincono dati circa open rate, click-through rate, bounce rate, inoltro e-mail, mentre da quelle dell’ADV si conoscono impression, click-through rate, costo per click, conversioni. Infine i sistemi di customer service raccolgono informazioni sul numero di ticket aperti.
I dati di comportamento li troveremo nei dati transazionali – storico degli acquisti, il valore medio degli ordini, il tasso di abbandono del carrello, il customer lifetime value – e in quelli relativi all’utilizzo dei prodotti o dei servizi – azioni ripetute, funzionalità utilizzate, completamento delle attività, dispositivi impiegati, quantità dei click, movimenti del mouse, interazioni su live chat e con assistenti virtuali. Per ottenere dati attitudinali invece si fa ricorso a interviste, survey online, moduli di iscrizione a specifiche offerte o comunicazioni aziendali, focus group, user testing e all’analisi delle interazioni con il customer service.
Gli strumenti da utilizzare
I CRM o le Customer Data Platform sono i software adoperati dalle aziende per organizzare e analizzare i dati personali perché permettono di centralizzare le informazioni, gestire i lead, automatizzare i workflow e le funzioni di marketing.
La raccolta e l’analisi dei dati di interazione richiede invece strumenti differenti a seconda della fonte. Per esempio, i tracking pixel, ovvero blocchi di codice HTML o JavaScript inseriti nei siti web o nelle e-mail inviate ai clienti registrano ogni visitatore atterrato sulle pagine aziendali e ogni comunicazione aperta, tenendo traccia degli indirizzi IP, dei sistemi operativi, dei browser utilizzati, etc. Gli strumenti di tracking monitorano i clic degli utenti su determinati pulsanti o elementi del sito web, i movimenti degli occhi degli utenti mentre navigano su un sito web, aiutando a identificare le aree di interesse degli utenti o i movimenti del mouse degli utenti per identificare i percorsi di navigazione degli utenti.
I web analytics vengono utilizzati, oltre che per ottenere dati di interazione, anche per monitorare il comportamento degli utenti sul sito web, come le pagine visitate, il tempo trascorso sul sito e la frequenza di visita, quelli di analisi dei dati di social media tengono traccia delle conversazioni sui social media e identificano i trend. Restando nel campo dei dati comportamentali, i customer journey analytics analizzano il comportamento dei clienti nel tempo e attraverso i vari touchpoint per misurarne l’impatto sui risultati aziendali. Per identificare tendenze e modelli dei dati si fa di solito ricorso a strumenti di visualizzazione dei dati che consentono di creare grafici e mappe. Per quanto riguarda i dati attitudinali, data la loro natura qualitativa e soggettiva, occorre utilizzare strumenti basati sull’analisi del linguaggio naturale per identificare le parole chiave e le espressioni che indicano sentimenti positivi, negativi o neutri.
Scegliere i dati secondo l’obiettivo
Come si diceva, questa classificazione è adatta per scegliere con precisione la tipologia di dati utili per raggiungere specifici obiettivi. In particolare, i dati personali possono essere utilizzati per creare profili unici dei clienti e definire precisi segmenti di mercato sulla base dei quali personalizzare messaggi, offerte e prodotti. Per esempio, un’azienda di beni di consumo sfrutta i dati personali dei clienti, come l’età e il reddito, per creare segmenti di mercato e personalizzare le offerte promozionali. Oppure un’azienda del settore energia può comprendere i modelli di consumo energetico dei suoi clienti e offrire consigli e nuovi servizi per ridurli. Un’azienda di telecomunicazioni può proporre tariffe personalizzate che tengano conto della quantità di chiamate o di connessioni internet fatte dal cliente.
Mentre un’utility o una società di telecomunicazioni che vuole aumentare la fidelizzazione, analizzando i dati di interazione individua gli aspetti critici su cui intervenire. I dati di interazione si rivelano molto utili anche quando l’obiettivo è aumentare la conversione perché svelano preferenze e comportamenti d’acquisto. Oppure, grazie ai dati di interazione è possibile rilevare frodi e comportamenti anomali e agire tempestivamente per garantire ai clienti la sicurezza delle loro transazioni.
Quando l’obiettivo è comprendere in modo più approfondito le esigenze dei clienti per sviluppare nuovi prodotti o perfezionare quelli esistenti, i dati più rilevanti sono quelli di comportamento, anche combinati con quelli di base. Le aziende di abbigliamento e gli e-commerce utilizzano i dati di comportamento per prevedere quali prodotti avranno maggior successo in futuro e quindi orientare la propria produzione di conseguenza. I dati comportamentali sono adatti anche quando si vuole ottimizzare le campagne pubblicitarie. Analizzando i dati sulle conversioni, è possibile determinare quale campagna pubblicitaria ha generato il maggior numero di vendite. Oppure è possibile identificare i segmenti di clientela più redditizi e creare campagne pubblicitarie personalizzate per questi segmenti. Se si ha, invece, l’obiettivo di prevenire la perdita di clienti, i dati comportamentali aiutano a individuare i clienti a rischio di abbandono e ad adottare azioni preventive per trattenerli.
L’analisi dei dati attitudinali è la più adatta quando si vogliono creare prodotti e servizi basati sui desideri e sulle esigenze dei clienti. Questa tipologia di dati permette anche di raggiungere obiettivi di soddisfazione e fidelizzazione perché mette in luce i punti deboli dell’esperienza del cliente dando la possibilità di agire per modificarli. Identificando i problemi che influenzano la percezione del marchio si può agire per risolverli raggiungendo l’obiettivo di rafforzamento della reputazione dell’azienda. Infine, l’analisi dei dati attitudinali può aiutare le aziende a individuare esigenze non soddisfatte dei clienti o i trend emergenti e di conseguenza orientare le proprie scelte strategiche.
Questo articolo si basa sulle ricerche del Centro Studi di CMI
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