Il customer care rappresenta un punto di contatto decisivo tra aziende e clienti, influenzando la percezione del brand e la fedeltà degli utenti. La qualità dell’assistenza ricevuta può determinare la scelta di un consumatore di restare fedele a un’azienda o di rivolgersi altrove. Negli ultimi anni, il tema ha assunto un’importanza crescente, con le aziende che cercano di bilanciare l’uso di strumenti digitali e il contatto umano per garantire un’esperienza fluida ed efficace. Bva Doxa, attraverso il suo Osservatorio Customer Care, analizza il rapporto tra gli italiani e i servizi di assistenza, evidenziando tendenze, criticità e opportunità di miglioramento. Grazie a un ampio campione di intervistati, emergono dati preziosi sulle preferenze dei consumatori e sulle aree che necessitano di interventi mirati. Ne abbiamo parlato con Paola Caniglia, Head of BU Retail di Bva Doxa.
Paola, prima di tutto spiegaci cos’è e perché è nato l’Osservatorio
L’Osservatorio Customer Care, lanciato nel 2022, è giunto alla sua terza edizione. È nato da un’intuizione che si è rivelata molto fruttuosa, portando alla luce dati e insight davvero inaspettati. Il nostro campione è molto ampio, e coinvolge tra le 7.000 e le 10.000 persone ogni anno. Un dato che ci ha colpito è l’elevato volume di contatti tra i clienti e i customer care delle aziende: ogni mese, più di 20 milioni di italiani si attivano, generando circa 40 milioni di interazioni. Attraverso questo osservatorio abbiamo potuto dare dimensione a un fenomeno prima non quantificato, che riguarda tutti i settori dell’economia.
Spesso si usano i termini “customer service” e “customer care” come sinonimi, ma in realtà c’è una differenza sostanziale, giusto?
Esattamente. Per customer care non intendiamo solo il contatto per assistenza o reclami, legato alla soluzione di uno specifico problema, ma includiamo qualsiasi interazione con il cliente. Si può entrare in contatto attraverso diversi canali e per vari motivi: per informazioni su prodotti o servizi, per richiedere assistenza quando serve aiuto, o per presentare un reclamo quando si è insoddisfatti. È il “prendersi cura” nelle diverse interazioni che consolida la relazione con il cliente e lo fidelizza.
In generale, i clienti sono soddisfatti dei servizi di assistenza o vorrebbero di più?
Un aspetto fondamentale è la possibilità per i clienti di aver a disposizione più punti di contatto, come il telefono, i chatbot, le live chat e i canali social. Tuttavia, se l’esperienza non è fluida e coerente tra questi touchpoint, si genera ulteriore frustrazione. Quando invece le interazioni sono ben gestite e permettono una transizione senza ostacoli e fluida (riducendo il customer effort), il livello di soddisfazione aumenta sensibilmente.
Se il livello di soddisfazione dopo l’interazione è appena sufficiente, questo rappresenta un’occasione sprecata. In generale, le nostre aspettative nei confronti della relazione con le aziende sono già basse in partenza: spesso ci aspettiamo di essere trattati male, di essere reindirizzati su altri canali, e ci predisponiamo mentalmente ad accettare questa situazione. Quando riceviamo risposte positive si aprono scenari completamente diversi. Al contrario, un’interazione insufficiente o solo sufficiente è un’occasione persa per le aziende, perché migliorare la qualità del servizio potrebbe generare un impatto molto positivo sulla percezione del brand e sulla fidelizzazione. Un altro dato sorprendente riguarda i diversi punti di contatto disponibili. Nonostante le persone apprezzino avere più canali di comunicazione a disposizione, il telefono tradizionale, e quindi il rapporto personale, ottiene la più alta soddisfazione ed è il mezzo più utilizzato. Oltre allo human-touch, conta anche il fatto che quando si inizia con un punto di contatto digitale come WhatsApp, in un caso su due, l’azienda non riesce a gestire completamente la richiesta su quel canale e deve re-indirizzare il cliente su altri mezzi. Spesso ciò crea frustrazione.
Quindi il self-service è la prima scelta del cliente?
Abbiamo registrato un forte desiderio di autonomia, ma spesso il self-service non risulta pienamente soddisfacente. Nel 2023, il 60% degli utenti che iniziavano con un canale digitale veniva reindirizzato su un altro canale; nel 2024, questa percentuale è scesa al 50%, segno che le aziende stanno migliorando. Tuttavia, c’è ancora molto da migliorare. Quando non si riesce a risolvere il problema, si finisce spesso per utilizzare il telefono, poiché essere reindirizzati verso chatbot o live chat automatizzate aumenta ulteriormente l’insoddisfazione. La maggior parte delle persone interagisce con due, tre o persino quattro punti di contatto diversi prima di ottenere una risposta, e questo risulta davvero frustrante. Tuttavia, se questi passaggi sono ben gestiti dall’azienda – fluidi, coerenti, senza dover ripetere le stesse informazioni e con tempistiche chiare – si presenta un’opportunità significativa. I clienti apprezzano quando l’azienda gestisce efficacemente questo percorso multicanale: riconoscono lo sforzo necessario e si sentono guidati anziché abbandonati. In questi casi, i livelli di soddisfazione rimangono elevati nonostante l’utilizzo di più punti di contatto. È fondamentale che l’azienda offra un servizio che prenda in carico il cliente, investa nelle risorse necessarie e coordini tutte le sue divisioni.
Ci sono settori che si distinguono in positivo o in negativo?
L’e-commerce, e in particolare Amazon, si distingue per la fluidità del percorso del cliente e per la fiducia che gli utenti ripongono nel brand. Al contrario, i settori con maggiori criticità sono i trasporti, le telecomunicazioni e le utilities, che gestiscono grandi volumi, registrano sia il maggior numero di contatti, sia i livelli di soddisfazione più bassi.
Spesso il customer care è visto come un reparto marginale, quasi una Cenerentola all’interno dell’azienda, eppure è il punto dove si misurano realmente gli sforzi fatti per migliorare la customer experience. Cosa ne pensi?
Assolutamente d’accordo. Da tempo diciamo che è proprio lì che si misurano tutti gli sforzi dell’azienda in termini di esperienza, perché è il momento dove le cose vengono verificate. Un customer care efficace può fare la differenza tra un cliente fidelizzato e uno perso.
Che ruolo hanno le emozioni nei servizi di customer care e in che modo influiscono anche quando c’è un’assistenza self-service?
Faccio una brevissima premessa. Nel primo anno dell’Osservatorio misuravamo l’esperienza e il livello di passaparola, cosa che ci soddisfaceva ma ci lasciava la sensazione che mancasse qualcosa di più profondo, qualcosa che ci sfuggiva e che potevamo misurare per comprendere meglio ciò che viviamo e sperimentiamo. Abbiamo quindi riflettuto sulle emozioni che questi contatti provocano. Perché non è importante solo cosa fa l’azienda, ma anche come lo fa. Il “come” impatta sulle emozioni e contribuisce enormemente alla valutazione complessiva dell’esperienza vissuta. Abbiamo quindi sviluppato un indicatore, il Customer Sentiment Score, che misura l’impatto emotivo del servizio ricevuto. Per esempio, attraverso il servizio di customer care potresti avermi risolto un problema, ma se l’hai fatto facendomi sentire inadeguata, quell’emozione negativa è ciò che ricorderò della tua azienda. Questo indicatore, che ti ho spiegato in modo semplificato, è fondamentale perché le nostre analisi statistiche dimostrano che ha un fortissimo impatto sul passaparola, sulla soddisfazione complessiva e sulla fedeltà al brand. L’emozione forma il ricordo e, quindi, le successive associazioni e valutazioni del brand.
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