Come cambiano le relazioni con i clienti nell’era del mobile-first

Se cercate su Internet “Mobile first” i primi risultati si riferiscono tutti ad un approccio specifico della progettazione della user experience digitale.

In realtà, entrare in un’ottica mobile può dare un’impronta ben specifica a tutta la relazione con il cliente, soprattutto se ci si rivolge a un target che preferisce utilizzare i canali digitali disponibili su smartphone o tablet.

Si tratta però di comprendere quali sono i passi giusti da compiere. Per esempio una ricerca di Infobip ha messo in evidenza la preferenza della maggior parte degli utenti verso WhatsApp e le app di messaggistica come canale di comunicazione, rispetto ai social media o alla messaggistica in-app.

Se le app potevano essere la scelta più alla moda cinque anni fa, oggi una semplice conversazione è molto più interessante per i clienti e molto più sostenibile nel lungo periodo. Delle numerose app scaricate sugli smartphone gli utenti ne usano una piccola percentuale, tanto da far prevedere a Gartner che, entro il 2025, l’80% delle società avrà abbandonato le app mobili native per il customer service a favore della messaggistica omnicanale, con l’obiettivo di migliorare la customer experience.

Iniziare ora un processo di sperimentazione in questa direzione, permette di prendersi tutto il tempo necessario per imparare e adattarsi a  quello che funziona meglio per la propria azienda e per le diverse le tipologie di cliente. Per esempio Xennials (35-44 anni) e Gen Xers (45-54 anni), anche se si stanno abituando alle comunicazioni mobile-first, preferiscono comunicare via e-mail. Ma il  passaggio alle comunicazioni più digitali continuerà ad aumentare e i brand possono iniziare già fin d’ora una strategia omnichannel che includa tutti i canali disponibili.

Anche questo fa parte di un’attitudine alla personalizzazione della relazione. Come abbiamo visto nella prima uscita per gli abbonati Engagement & Fidelizzazione, un’analisi accurata del customer engagement permette di comprendere la natura della relazione che unisce azienda e cliente, il suo grado di spontaneità, come e quanto spesso il cliente si dimostri attivamente coinvolto, ma anche di capire in che modo il customer engagement si relaziona alle vendite, alla loyalty, al fatto che il cliente sia promotore o detrattore dell’azienda.

Più i customer engagement analytics sono approfonditi, avanzati e dettagliati, maggiore sarà la comprensione dei clienti, il vantaggio competitivo ottenuto dall’azienda, la riduzione dello spreco di risorse (persone, dati, tempi e costi) e l’incremento della qualità della relazione.

Tra i principali benefici connessi all’analisi del customer engagement troviamo lo sviluppo di una prospettiva dettagliata sul customer journey, di una conoscenza puntuale delle cause alla base di problemi correnti e ricorrenti, della capacità di promuovere l’engagement multichannel e di conoscere i touchpoint e i canali di interazione più appropriati in base al segmento di clientela considerato. 

“Il futuro del settore commerciale è nelle conversazioni”  ha dichiarato Vittorio D’Alessio, Country Manager Italy di Infobip. “Stiamo entrando, infatti, nell’era del conversational commerce, in cui è possibile fare qualsiasi cosa con un brand semplicemente attraverso la conversazione. Grazie alla registrazione di ogni interazione, completamente scalabile, e alla capacità di utilizzare l’intelligenza artificiale per imparare nel tempo, il conversational commerce può aiutare le aziende a creare la migliore customer experience personalizzata. Il recente lancio di un chatbot WhatsApp per Dior Beauty è un esempio in cui un settore verticale ha sfruttato la tecnologia e il conversational commerce per offrire esperienze innovative attraverso diversi canali. In orizzontale, la prossima tendenza sarà quella di creare esperienze memorabili lungo tutto il percorso del cliente, dall’autenticazione all’attivazione fino all’acquisto, che potrebbero essere estese a diversi settori verticali”.

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