AI e Customer Experience: tra aspettative emotive e realtà tecnologica

L’intelligenza artificiale è ormai al centro dell’evoluzione della customer experience e del business. Ma la sfida – come mostrano molte ricerche – non è tanto tecnologica quanto strategica: combinare dati di qualità, progettazione centrata sull’umano e visione condivisa. Abbiamo analizzato i risultati di una ricerca di ServiceNow, che ha coinvolto i clienti finali, e quelli di Snowflake sul ROI degli investimenti AI. Anche se ServiceNow fotografa il punto di vista del consumatore e Snowflake analizza una prospettiva aziendale, entrambe concordano su un punto fondamentale: l’adozione dell’AI non è più un’opzione esplorativa, ma una leva concreta di trasformazione e valore. Concordano anche sulla necessità di una governance solida, dati accessibili e formazione trasversale.

La voce dei consumatori

Secondo il Consumer Voice Report 2025 di ServiceNow, i consumatori italiani stanno ridefinendo le loro aspettative sull’intelligenza artificiale: non cercano solo velocità ed efficienza, ma anche empatia. Il 54% afferma che i chatbot attuali non colgono i segnali emotivi, mentre un quarto ritiene che dovrebbero già farlo. Tuttavia, la fiducia è in crescita: il 75% crede che, col tempo, l’AI sarà in grado di riconoscere le emozioni, con una maggiore fiducia tra i giovani (49% degli under 34) rispetto ai più anziani (35% degli over 55).

“Oggi l’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento, ma un partner essenziale per le persone addette al servizio clienti. Per questo motivo, il futuro delle relazioni con i clienti si trova nel punto di incontro tra intelligenza artificiale e intelligenza emotiva (EQ). I consumatori non vogliono più un’AI che svolga semplicemente il lavoro, vogliono un’intelligenza artificiale che li capisca”, afferma Filippo Giannelli, area VP Israel & Italy e country manager ServiceNow Italia.

Il paradosso dell’utente digitale è evidente: mentre il 90% degli italiani considera essenziale ricevere risposte rapide e precise, il 27% continua a preferire il contatto umano al telefono, anche se il 53% trova frustrante attendere più di dieci minuti. E nonostante il 64% apprezzi un buon servizio chatbot, il 91% percepisce ancora barriere nel rapporto con l’AI, tra cui impersonalità, errori e mancanza di fiducia.

Il report sottolinea anche come l’intelligenza artificiale venga preferita per compiti semplici e a basso rischio (come tracciare una spedizione o prenotare un car service – entrambi al 9%), mentre la fiducia cala drasticamente quando si tratta di operazioni sensibili: il 36% non affiderebbe all’AI la chiusura di un conto bancario, il 39% non la userebbe per contestare una transazione e il 33% non la consultarebbe per informazioni mediche.

Infine, il dato forse più rivelatore: il 41% dei consumatori afferma che l’AI non ha ancora soddisfatto le aspettative, ma un terzo (33%) riconosce un netto miglioramento. L’AI sembra funzionare meglio quando supporta gli agenti umani: il 57% degli utenti considera positivamente le esperienze di live chat in cui l’operatore è assistito da dati e AI.

AI Generativa e ROI

I dati della ricerca Radical ROI of Generative AI, condotta da Snowflake con Enterprise Strategy Group, sono inequivocabili: il 92% delle aziende ha già ottenuto un ritorno sugli investimenti in AI e il 98% prevede di aumentare le iniziative nel 2025. Per ogni milione di dollari investiti, si registrano in media 1,41 milioni di dollari di ritorno economico. La generative AI è applicata sia all’interno (per aumentare produttività) sia all’esterno (per migliorare l’esperienza cliente), e i risultati sono visibili: +88% in efficienza, +84% in soddisfazione cliente, +84% in innovazione.

“Dopo quasi 20 anni dedicati allo sviluppo dell’AI finalmente posso dire che siamo arrivati al punto in cui questa tecnologia sta creando un valore reale e tangibile per le aziende di tutto il mondo”, ha dichiarato Baris Gultekin, Head of AI di Snowflake.

Tuttavia, il nodo critico resta l’infrastruttura dati. L’80% delle aziende integra dati proprietari nei LLM, ma l’accesso a dati non strutturati, la loro qualità e la governance rappresentano ancora barriere significative. Solo l’11% degli intervistati ritiene che più della metà dei propri dati non strutturati sia pronta per l’uso. Come ha affermato Marika Lilla, Country Manager Italia di Snowflake: “È più importante che mai che le imprese traccino i loro investimenti in vista di un ROI che la nostra ricerca mostra essere particolarmente significativo, a patto che siano accompagnati da un’adeguata strategia dati”.

COMMENTI