Fake news e misinformazione: le preoccupazioni dei clienti

La scorsa settimana Meta ha annunciato che ha intenzione di estendere le etichette “Imagined with AI”, aggiunte alle immagini create utilizzando la funzionalità Meta AI, anche ai contenuti creati con strumenti di altre aziende. “Man mano che la differenza tra contenuto umano e sintetico diventa sempre più sfumata, le persone vogliono sapere dove si trova il confine” si legge nell’articolo pubblicato sul blog. “Le persone spesso si imbattono per la prima volta in contenuti generati dall’intelligenza artificiale e i nostri utenti ci hanno detto che apprezzano la trasparenza su questa nuova tecnologia. Quindi è importante aiutare le persone a sapere quando i contenuti fotorealistici che stanno vedendo sono stati creati utilizzando l’intelligenza artificiale.”

È un tema delicato, che va di pari passo con l’emergente consapevolezza che possiamo essere esposti a fake news sempre più verosimili e sofisticate.

Il  pericolo della misinformazione

A inizio gennaio, il World Economic Forum ha pubblicato il Global Risks Report 2024, il risultato di un’indagine che coinvolge esperti di tutto il mondo, dal quale emerge che la misinformazione e la disinformazione sono considerati il principale rischio a breve termine. La preoccupazione principale riguarda l’effetto che fake news e informazioni manipolate possano inquinare in modo pesante le numerose elezioni che si svolgeranno durante il 2024. Ma si estende anche a tutte le altre attività sociali.

Nel report si legge: “Al di là delle elezioni, è probabile che anche le percezioni della realtà diventino più polarizzate, infiltrandosi nel discorso pubblico su questioni che vanno dalla salute pubblica alla giustizia sociale. Tuttavia, man mano che la verità viene minata, aumenterà anche il rischio di propaganda e censura interna. In risposta alla cattiva informazione e alla disinformazione, i governi potrebbero avere sempre più potere di controllare le informazioni in base a ciò che ritengono essere “vero”. Le libertà relative a Internet, alla stampa e all’accesso a fonti di informazione più ampie, che sono già in declino, rischiano di sfociare in una più ampia repressione dei flussi di informazioni in un insieme più ampio di paesi”

Quale impatto avrà questo clima anche sulla relazione con i clienti? La preoccupazione di incappare in notizie, recensioni e informazioni false è sempre più diffusa. Secondo un’altra indagine, questa volta di Ipsos per Unesco,  in tutti i 16 paesi coinvolti, il 68% degli utenti Internet ha affermato che i social media sono il luogo in cui la disinformazione è più diffusa, molto più dei gruppi presenti sulle app di messaggistica online (38%) e sui siti/app multimediali (20%). Lo pensano le persone di ogni fascia d’età, background sociale e preferenze politiche. Non solo, l’85% esprime preoccupazione per l’impatto e l’influenza che la disinformazione può avere nel loro Paese.

L’Edelman Trust Barometer 2024, presentato a Davos a gennaio, ha evidenziato che oltre il 60% degli intervistati teme che i leader del governo, delle imprese e dei media stiano “cercando di proposito di fuorviare le persone dicendo cose che sanno essere false o grossolane esagerazioni”. La fiducia nelle istituzioni tradizionali sembra essere completamente crollata e le  persone sifidano delle persone a loro vicine tanto quanto degli scienziati (74% per entrambi).

Tra le azioni che possono rafforzare la fiducia in ogni settore, governo, imprese, organizzazioni no profit e media, il barometro di Edelman individua l’ascolto. Le persone vogliono sentirsi ascoltate, quindi la comunicazione dovrebbe essere una conversazione bidirezionale, non un bombardamento continuo di messaggi.

Cosa fare?

Leggendo queste ricerche appare evidente che anche le aziende hanno una loro responsabilità nel creare una comunicazione diretta, trasparente e verificabile. In questo modo è possibile accreditarsi come fonte certa e veritiera, creando legami di fiducia e relazioni autentiche.

Questo implica rivedere i propri stili comunicativi, adottare un linguaggio che sappia entrare in sintonia con chi legge, che non crei contrasti e divisioni, che permetta di allentare i toni e che nello stesso tempo sia chiaro e franco. Evitando le tentazioni di ogni “washing”, sia esso pink, green o multicolore. Non è più tempo degli slogan, verrebbe da dire, ma di fatti concreti.

Indispensabile anche porre attenzione ai contenuti che si propongono attraverso i propri canali, curando che siano di qualità per rafforzare la reputazione e la fiducia dei propri clienti. Ed essere trasparenti tutte le volte che si fa ricorso all’intelligenza artificiale per modificare immagini, video e suoni.

Infine utilizzare l’ascolto continuo e attento dei clienti e dei dipendenti per entrare davvero in relazione con chi propone suggerimenti, critiche e opinioni e far capire in che modo sono stati utili per migliorare e modificare le attività dell’azienda.

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