Come si comporta il cliente nel messy middle

L’analisi e la comprensione dei comportamenti dei clienti fa da sempre parte delle attività del marketing. Un tempo gli strumenti principali erano le ricerche di mercato, i rapporti sui prodotti venduti, l’osservazione diretta nei negozi. Nel mondo fisico era forse più semplice prevedere e anche guidare le scelte dei consumatori.

Con l’aprirsi del vasto mondo della rete, tutto è diventato più complicato. Intercettare esigenze, gusti, preferenze da una parte è essenziale per proporre prodotti e servizi personalizzati e dall’altra implica l’accesso a dati meno strutturati e più difficili da raccogliere e analizzare. A questo si aggiunga che il cliente è immerso in un mare di informazioni e ha la possibilità di comparare molte proposte prima di arrivare all’acquisto finale.

Già a fine 2020, Google ha coniato l’espressione messy middle, per identificare quell’insieme caotico di stimoli, informazioni e proposte in cui sono immersi i consumatori che navigano in rete alla ricerca di quello che in quel momento gli occorre o hanno desiderio di avere. Abbiamo avuto occasione di parlarne anche noi in articoli ed editoriali.

A settembre 2023 Google ha pubblicato un aggiornamento degli studi condotti insieme a The Behavioural Architects. Lo scopo era verificare le ipotesi avanzate tre anni prima e capire se ci fossero stati cambiamenti.

Cos’è il messy middle

Riepiloghiamo brevemente cosa intende Google quando parla di messy middle. Si tratta di quello spazio complesso che troviamo in rete e che offre scelta abbondante e informazioni illimitate. Uno spazio che si complica ogni volta che vengono introdotti nuovi modi di comunicare, nuovi mezzi per trovare informazioni, nuove forme di intrattenimento ed espressione e, ovviamente, nuovi prodotti e servizi  e nuovi modi per comprarli. Cambiano anche i clienti, diventano più esperti, ma spesso sono anche molto confusi nelle loro intenzioni d’acquisto, che possono anche trasformarsi radicalmente nel corso delle loro ricerche.

Nel modello di Google, il messy middle si colloca tra i due poli dello stimolo e dell’acquisto, e su uno sfondo di esposizione che rappresenta tutte le percezioni e i sentimenti esistenti che un acquirente ha riguardo ai marchi, ai rivenditori e ai prodotti in una categoria.

Nel primo rapporto erano state identificate un insieme di scorciatoie mentali e regole empiriche che le persone di solito utilizzano mentre attraversano il messy middle. E, grazie a numerosi studi ed esperimenti, era emerso un insieme di principi comuni che chiarivano come gli acquirenti navigano la complicata rete tra l’attivazione della ricerca e l’acquisto vero e proprio.

La scienza comportamentale

Entrambi gli studi sono basati sulle evidenze della scienza comportamentale. Il punto di partenza è stata la considerazione che le persone cercavano informazioni molto prima che esistesse internet. La scoperta è che stiamo utilizzando ancora le stesse scorciatoie mentali che i nostri antenati usavano quando cercavano la loro prossima fonte affidabile di cibo, solo che le applichiamo per altri bisogni. La scelta abbondante e l’informazione illimitata hanno reso sia gli ambienti fisici che digitali “più disordinati”, ma gli strumenti cognitivi che usiamo per attraversarli sono rimasti quelli di sempre. Ovvero si cercano spunti e segnali che chiariscano rapidamente se è probabile che una determinata posizione contenga ciò che stiamo cercando.

Nello stesso tempo, le tecniche utilizzate nella ricerca di informazioni si sono evolute in linea con un ambiente di ricerca in rapido cambiamento ed evoluzione. Le persone cercano informazioni più sfumate e specifiche sui prodotti che stanno pensando di acquistare, e questo si riflette nella crescente complessità delle loro query di ricerca. Tenere d’occhio queste tendenze permette agli esperti di marketing di rispondere in tempo reale ogni volta che compaiono domande imprevedibili. Inoltre, comprendere grazie agli strumenti della scienza comportamentale, come le persone esplorano il messy middle, aiuta a trovare nuove modalità di comunicazione che possano essere più convincenti ed efficaci.

L’influenza dei tempi incerti e il ruolo dell’AI

In tempi di incertezza economica, i consumatori sono costretti a fare di più con meno e i marketer lavorano  con budget minori mantenendo l’obiettivo di migliorare (e dimostrare) il ROI delle loro attività. In questo contesto, capire meglio come le persone prendono decisioni potrebbe offrire un vantaggio competitivo critico.

Una nuova generazione di strumenti e soluzioni pubblicitarie, un numero crescente di questi alimentati da intelligenza artificiale (AI), promette di rendere l’implementazione e la scalabilità molto più facili. Nel contesto del marketing digitale, l’IA consentirà ai marchi di anticipare le esigenze dei singoli consumatori, permettendo loro di offrire ai clienti contenuti rilevanti, su diversi canali e in tempo reale. Ma, anche secondo Google, l’AI può essere solo un partner prezioso, non un sostituto dell’ingegno umano, dell’intuizione e dell’intelligenza che sottendono a esso.

Tre direzioni di lavoro

Vale proprio la pena di leggere il documento nella sua interezza, anche perché è ricco di esempi e suggerimenti. Concludiamo questa sintesi riprendendo i tre ambiti su cui la stessa Google invita a concentrarsi e che sono alla portata di aziende di ogni dimensione.

Il primo riguarda la ricerca on line. Abbiamo accennato che negli anni gli utenti hanno affinato la capacità di utilizzare parole chiave sempre più pertinenti. Non è necessario andare a competere con i grandi budget per riuscire a trovare la posizione che può garantire di essere scelti. Dipende molto da come ci si presenta e dalla capacità di utilizzare in modo responsabile e intelligente gli accorgimenti della scienza comportamentale.

Il secondo ambito riguarda i contenuti del proprio sito web che vanno studiati ed elaborati in modo che possano aumentare la fiducia dei clienti che ci stanno visitando tanto da farli fermare ed acquistare da noi.

Infine,  la ricerca ha messo in luce che la scelta si riferisce più spesso al retailer che al brand del prodotto. In poche parole, scelto un brand il cliente andrà a cercare il retailer che applica un prezzo più basso. Ma avvertono gli esperti, concentrarsi su contenuti che ispirano fiducia e persuadono il cliente può valere tanto quanto uno sconto del 10%.

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