Hospitality: il lato oscuro delle recensioni online

È di qualche settimana fa il caso dell’hotel Re Enzo di Bologna, salito agli onori della cronaca per l’iniziativa – da molti giudicata discutibile – di avvisare i propri ospiti della possibilità di ricevere una sanzione in caso di pubblicazione di una recensione negativa su internet al termine del loro soggiorno presso la struttura. Stando a quanto riportato sul cartello affisso nell’ascensore dell’hotel, la penale – che può andare da un minimo di 50 a un massimo di 500 euro – può essere addebitata direttamente sul conto della carta di credito utilizzata per la prenotazione.

Da più parti si è immediatamente gridato allo scandalo, sostenendo che un simile intervento mina il diritto alla libertà d’espressione, senza contare l’ipotesi di utilizzo fraudolento delle carte di credito. A poco sono servite le precisazioni di Cristian Maini, titolare dell’albergo incriminato, che si è affrettato a specificare che un simile intervento è limitato nella sua applicazione ai clienti che prenotano tramite alcuni tour operator attivi nel bolognese, in virtù di una clausola ben precisa dei contratti tra albergatori e operatori turistici che prevede appunto la possibilità di prelevare l’ammontare della sanzione dalla carta di credito di questi ultimi – che successivamente possono rivalersi sul “colpevole” – in caso di commenti lesivi dell’immagine della struttura o della dignità dei suoi dipendenti. Chi stabilisce il carattere offensivo e inappropriato dei commenti online? Per quanto è dato sapere, nessun giudice è stato scomodato nei tre casi di sanzione finora verificatisi: la decisione è stata presa dall’hotel e dagli operatori turistici coinvolti.

Recensioni online, croce e delizia dell’e-commerce

Questo episodio apre un importante dibattito che non riguarda solamente il settore hospitality ma il mercato dell’e-commerce nel suo complesso, in quanto pone l’accento sul peso e sul valore che le recensioni online e il potere acquisito dagli utenti per loro tramite risultano avere oggi nella determinazione delle dinamiche che regolano il mercato e l’equilibrio di forze tra aziende e clienti.

Agli albori dell’e-commerce la possibilità di rilasciare e consultare feedback online è stata fondamentale per l’affermazione di una nuova modalità di acquisto nettamente differente da quella a cui i consumatori erano abituati. A giudicare però dai numerosi commenti che è possibile leggere su piattaforme come TripAdvisor o Amazon, sembra che il potere consegnato nelle mani degli utenti sia cresciuto più rapidamente della loro capacità di utilizzarlo in modo costruttivo per le aziende e per i clienti stessi.

Lo zero moment of truth, nato con la possibilità offerta dal digitale di reperire in autonomia e in qualsiasi momento le informazioni di cui ciascuno ha bisogno prima di procedere a un acquisto o a una prenotazione, ci spinge a fare sempre più affidamento sulle opinioni e i giudizi diffusi in rete. Chi può dirci com’è un determinato prodotto o servizio meglio degli altri consumatori o degli esperti che condividono le loro recensioni online? Fin qui tutto bene, non fosse che a volte si verificano casi in cui vengono redatte e pubblicate recensioni positive commissionate dalle stesse aziende, o commenti negativi che suonano tanto come sfoghi non esattamente oggettivi e realistici. A un simile fenomeno è stato dato anche un nome: si chiama astroturfing, e consiste appunto in una serie di azioni che mirano a influenzare il giudizio del pubblico relativo a uno specifico prodotto o servizio in modo positivo o negativo, indipendentemente dal reale stato di cose. Si tratta di un fenomeno difficile da controllare, particolarmente preoccupante perché in grado di influenzare in modo abbastanza rilevante le vendite, oltre all’opinione di quegli utenti digitali eccessivamente disposti ad attribuire veridicità ad ogni tipo di recensione incontrata durante le loro ricerche.

Attenzione perché non si tratta solo di un delirio paranoico: ricordiamo i casi che nel 2015 hanno coinvolto due giganti – in quel caso dai piedi d’argilla – come Amazon, relativamente ai fake feedback, e TripAdvisor, con le indagini dell’Antitrust sul meccanismo delle recensioni e dell’autenticazione dei loro autori – vicenda conclusasi con l’assoluzione da parte del Tar del Lazio.

Recensioni online e hospitality: cosa vuol dire davvero ascoltare il cliente

Torniamo però a concentrarci sul settore hospitality, da cui abbiamo preso le mosse. Non è solo il nostro Paese ad avere qualche problema con clienti eccessivamente convinti della loro importanza e dell’infallibilità del loro giudizio: qualche giorno fa una influencer inglese, Elle Darby, ha chiesto a un albergatore di Dublino di poter soggiornare gratis presso la sua struttura in cambio di visibilità sui suoi canali social. Sembra abbastanza evidente che la possibilità di diffondere a livello globale il proprio punto di vista abbia preso la mano a molti di noi, in una sorta di potenziamento 4.0 del motto “il cliente ha sempre ragione”, come se i giudizi di chiunque fossero dotati di validità incontestabile, indipendentemente da competenza in materia e oggettività della valutazione, al punto che non sembra così semplice ora correggere il tiro e ristabilire il giusto equilibrio tra centralità del cliente e accettazione supina di ogni suo desiderio e volontà, dettata dal ricatto e dalla minaccia delle recensioni negative che possono essere diffuse.

Nonostante questa guerra di trincea in nome della web reputation tra clienti e operatori attivi in questo segmento di mercato, il settore del turismo – forse l’unico a non aver risentito della crisi, mantenendo una crescita superiore al 4% annuo – può trarre moltissimi benefici dal processo di digitalizzazione, riuscendo al contempo a resistere alla digitalizzazione selvaggia grazie alla possibilità di mantenere sempre e comunque un rapporto di conoscenza diretta e personale con i clienti. Per il settore dell’hospitality nel suo complesso trovare una soluzione per preservare il carattere positivo e costruttivo delle relazioni con i consumatori risulta allora più che mai importante per preservare quella che è la sua peculiarità.

In attesa del 6 febbraio, quando dedicheremo un’intera mattinata al tema hospitality e Customer Experience grazie a un workshop dedicato, abbiamo discusso di questo episodio e delle derive del meccanismo delle recensioni online con Federico Belloni, consulente specializzato nel settore turistico e alberghiero, direttore di TSM Consulting e docente di marketing turistico e alberghiero alla Universitat de Barcelona.

Qual è la sua opinione in merito al recente episodio che ha visto protagonista l’hotel bolognese Re Enzo, la cui direzione ha comunicato di riservarsi il diritto di sanzionare i clienti che rilasciano recensioni negative al termine del loro soggiorno presso la struttura?

“Partendo dal presupposto che con tutta probabilità questa iniziativa non è reale, e quindi rappresenta una fake news, è in ogni caso sintomo di un ormai evidente e preoccupante fenomeno di insofferenza da parte dei gestori delle strutture ricettive nei confronti dei clienti. Senza esagerare si può parlare di una paura che molti proprietari e gestori di alberghi hanno nei confronti dei giudizi che gli ospiti esprimono online attraverso i diversi siti di recensione e le diverse piattaforme social. È altrettanto chiaro, però, che se questa paura viene manifestata con un messaggio di minaccia di questa portata è sicuramente perché l’albergo riceve già da una buona parte degli ospiti recensioni che sono tendenzialmente negative, e se le riceve è perchè la qualità del servizio viene così percepita dai clienti della struttura. Quindi si tratterebbe sicuramente di una comunicazione con un effetto boomerang per l’albergo. In ogni caso, dal punto di vista pratico, si tratta di una minaccia fine a se stessa, visto che nessun gestore di circuito di carta di credito accetta un addebito al cliente con questa motivazione. E, nel caso remoto in cui l’addebito venisse accettato, il cliente lo potrebbe contestare con la certezza di ricevere il rimborso”.

Feedback e recensioni online sono stati un importante incentivo allo sviluppo dell’e-commerce, ma spesso oggi vengono utilizzati in modo distorto e controproducente sia per le aziende che per gli stessi clienti: quali interventi dovrebbero essere realizzati per riportare l’ordine nei giudizi online?

“Nello svolgimento della mia attività professionale di consulente per il settore alberghiero mi confronto spesso con i miei clienti, proprietari o manager di albergo, su questo argomento. Per prima cosa quello che suggerisco loro caldamente è di non preoccuparsi tanto per le recensioni negative che possono ricevere, quanto piuttosto per la ragione che le genera, e quindi li esorto a:

  • non perdere mai di vista la qualità del servizio offerto al cliente, sviluppando un’accoglienza sempre più in linea con le sue specifiche motivazioni di soggiorno, e a lavorare costantemente per superare le sue aspettative. Se il cliente riceve un servizio di qualità non avrà la motivazione concreta per dare dei giudizi negativi sulla struttura. La mia impressione è che gli operatori si stiano preoccupando troppo di quello che possono dire i clienti online senza preoccuparsi allo stesso modo di quello che avviene quando il cliente è nella struttura;
  • cercare di individuare eventuali problemi che i clienti possono vivere durante la loro esperienza in albergo, e fare di tutto per risolverli prima che i clienti se ne vadano. Per raggiungere questo obiettivo è molto importante sforzarsi di stabilire con il cliente una relazione basata sul dialogo, nel vero senso del termine. Instaurare relazioni empatiche con i clienti, mostrando un reale interesse per la loro soddisfazione, è un aspetto chiave, sicuramente più semplice nelle strutture di piccole dimensioni dove la proprietà e i dipendenti hanno la possibilità di un contatto diretto e personalizzato con i loro ospiti. Se i clienti percepiscono un disinteresse per la loro soddisfazione generalmente evitano di lamentarsi durante la loro permanenza, perchè hanno la sensazione che comunque la lamentela non serva nulla, e lo fanno online una volta tornati a casa. Quello che il cliente cerca a fronte di un disguido è il tentativo da parte della gestione di risolvere il problema e, nel caso in cui non sia possibile, spesso e volentieri si accontenta anche di un semplice ‘scusa’! In effetti il cliente che si lamenta è un cliente che aiuta la struttura a migliorare – ovviamente mi riferisco alle critiche costruttive, non a quelle pretestuose.

In secondo luogo nel settore c’è effettivamente l’imprescindibile necessità di un sistema unificato, con l’obiettivo di codificare le prenotazioni effettuate attraverso i diversi canali (portali di prenotazione, prenotazioni telefoniche, prenotazioni dirette attraverso il booking engine sui siti degli alberghi e presenziali per i walk-in), con la conseguente assegnazione di un codice univoco al cliente con il quale potrà effettuare le recensioni sui diversi portali, che non potranno accettarle in assenza del suddetto codice, ovviamente strutturato come sistema di verifica, senza violare la privacy dell’utente. In questo modo ci sarà quanto meno la garanzia che il cliente che scrive la recensione abbia effettivamente soggiornato nella struttura. Così facendo, oltre a evitare le recensioni fraudolente (problema che si riscontra soprattutto su TripAdvisor), si raggiungerebbe anche l’obiettivo di responsabilizzare l’ospite circa le opinioni espresse. In aggiunta a questo, i portali dovrebbero operare un filtro più efficace sulle recensioni che contengono opinioni al limite degli insulti e della diffamazione o che contengono opinioni assolutamente soggettive. Gli albergatori, dal canto loro, dovrebbero prestare maggiore attenzione a rispondere in modo oggettivo e costruttivo alle recensioni dei clienti, soprattutto a quelle negative, per mostrare a chi le consulta un reale interesse per la loro soddisfazione e il loro punto di vista sul contenuto delle stesse. In questo modo il problema si può trasformare in un’opportunità di farsi percepire come struttura interessata e attenta alla soddisfazione degli ospiti che la scelgono per il loro soggiorno”.

Non sempre il cliente ha ragione: il settore Hospitality corre il rischio di essere in balìa dello strapotere di clienti sempre meno abituati a sentirsi dire di no o a rispettare i giusti limiti nell’espressione delle proprie richieste e aspettative. In che modo è possibile ristabilire l’equilibrio senza danneggiare i livelli di qualità dell’esperienza offerta e di soddisfazione dei clienti?

“C’è sicuramente una percentuale di clienti che usa l’arma delle recensioni per tenere in scacco l’albergo cercando di ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle pattuite, anche se per fortuna la percentuale di questi è decisamente esigua rispetto al totale. Ricollegandomi a quanto ho detto nella precedente risposta, per cercare di risolvere questo problema occorre fare il possibile per stabilire con loro delle relazioni costruttive basate sull’empatia, motivare i ‘no’ in modo oggettivo, spiegando perché non è possibile soddisfare una specifica richiesta e sottolineando invece quello che si può fare, oppure cercando delle soluzioni di compromesso vantaggiose per entrambe le parti. È chiaro che se il comportamento è intenzionalmente fraudolento c’è poco da fare, se non aspettare la recensione e rispondere cercando di far capire agli utenti che la leggeranno la vera intenzione del cliente che l’ha scritta, e soprattutto tenere traccia di questi clienti attraverso l’anagrafica, per non accettare più prenotazioni da parte loro. Ritengo infatti che quando il cliente porta più problemi che benefici è meglio non averlo nella struttura. Il settore dovrebbe comunque implementare una sorta di “black-list” dei clienti, sempre con l’obiettivo di responsabilizzare gli ospiti a comportamenti corretti e leali nei confronti dell’offerta. Per fortuna chi utilizza le recensioni scritte dagli altri clienti per scegliere la struttura ricettiva nella quale soggiornare è generalmente un turista esperto, dotato di spirito critico, e per questo in grado di rendersi conto (anche solo per come è scritta) se una recensione negativa è veritiera oppure no, soprattutto quando e se si discosta sensibilmente dalle altre recensioni presenti”.

Emma Pisati, CMI Customer Management Insights

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