
Il concetto di Total Experience nasce da un’esigenza che attraversa il mondo delle imprese da anni: superare la frammentazione tra le esperienze di clienti, dipendenti e utenti, integrandole in una visione coerente e continua. Un approccio olistico che – come ricorda Gartner, che per primo lo ha definito – consente di abbattere i silos, migliorare la soddisfazione e rafforzare la fiducia reciproca tra organizzazione e stakeholder.
Ma cosa significa davvero adottare una visione di Total Experience e, soprattutto, quanto è realistico farlo oggi nelle aziende italiane? Ne abbiamo parlato durante un Ask&Meet con Leda Riva, ricercatrice CX, Romeo Scaccabarozzi, CEO e Founder di Axiante, e Federico Passoni, di Impresof Engage, per esplorare i pilastri culturali, organizzativi e tecnologici di questo nuovo paradigma.
La complessità dell’integrazione: tre domini, una governance
Per Leda Riva, la sfida principale è culturale, prima ancora che metodologica e tecnologica. “Esistono correlazioni evidenti tra customer, employee e brand experience, ma creare una vista unificata richiede innanzitutto un endorsement forte da parte del top management”, spiega. “Le metriche sono di natura eterogenea, i dati sono raccolti da funzioni diverse – marketing, HR, comunicazione, ecc. – e spesso risiedono in silos organizzativi che non condividono i dati raccolti. Senza una governance chiara e una cultura condivisa del dato, l’integrazione resta sulla carta”.La ricerca, racconta Riva, oggi si sta spostando verso la costruzione di modelli multivariati per far dialogare le metriche dei tre domini (BX, CX, EX) o creare indicatori unici, ma “per ottenere risultati affidabili servono studi longitudinali, campioni ampi e piattaforme in grado di centralizzare e armonizzare i feedback, anche non strutturati, provenienti da clienti e dipendenti”. Queste piattaforme di Experience Management, aggiunge Riva, “non servono solo a raccogliere dati, ma a renderli azionabili, visualizzabili in tempo reale da tutta l’organizzazione. Il vantaggio più grande è che tutti guardano gli stessi numeri, cosa che sembra banale ma non lo è affatto”.
Olos: la responsabilità che si trasferisce
Se l’integrazione dei dati è una condizione necessaria, la vera sfida è il cambio di prospettiva. Romeo Scaccabarozzi di Axiante sintetizza così la questione: “Olos vuol dire tutto, ed è qui che nasce la sfida: riuscire ad abbracciare tutta l’organizzazione”. Per Scaccabarozzi, la Total Experience non è un tema di slogan ma di responsabilità diffusa: “La domanda chiave che facciamo sempre ai clienti è: di chi è il cliente? La risposta a questa domanda dice molto della cultura aziendale. In un approccio di Total Experience la responsabilità non è solo condivisa, ma si trasferisce da funzione a funzione lungo tutto il ciclo di vita del cliente”. Scaccabarozzi invita a guardare anche agli “stati d’animo” dei clienti come parte integrante dell’esperienza: dal momento del sogno e della scoperta, a quello analitico del confronto, fino alla fase dell’ansia, quando si affronta un problema. “Il cliente vive stati mentali diversi – spiega – e noi dobbiamo saperli interpretare. Non posso progettare un’esperienza di vendita e un’esperienza di assistenza con lo stesso tono e lo stesso livello di attesa”. Le trappole più frequenti? “Sottovalutare l’impatto sull’organizzazione, pensare che basti un mandato dall’alto o che tutti comprendano subito il valore dell’iniziativa. Servono ambasciatori interni, obiettivi di breve periodo per mantenere la motivazione e una buona dose di automazione per non appesantire i processi. La Total Experience è una visione di lungo periodo, ma deve camminare con risultati misurabili nel breve”.
Oltre i silos: dati condivisi e governance unitaria
Secondo Federico Passoni, che con Impresoft Engage accompagna molte PMI italiane nella trasformazione dei processi commerciali e di servizio, la realtà oggi è a due velocità. “Molte aziende lavorano ancora per compartimenti stagni: marketing, vendite e assistenza usano sistemi e linguaggi diversi, e il risultato sono customer journey frammentati. Ma ci sono anche imprese che hanno scelto di cambiare passo: la differenza la fa sempre la gestione dei dati”.
Passoni spiega che la Customer Data Platform (CDP) e il CRM, se usati insieme, diventano il motore di un linguaggio comune. “La CDP raccoglie e unifica i dati sparsi creando un profilo unico del cliente; il CRM coordina le attività operative di marketing, vendita e assistenza. Insieme generano un metodo condiviso, una vera e propria grammatica dell’esperienza. Solo così i team lavorano sugli stessi obiettivi e il cliente percepisce coerenza”. Superare i silos, conclude, “richiede tre ingredienti fondamentali: una governance chiara, dati condivisi e obiettivi comuni. Senza questi, la Total Experience rischia di restare uno slogan”.
La cultura prima della tecnologia
Dalla ricerca al business, un punto emerge con forza: la tecnologia è un abilitatore, non il punto di partenza. “Senza visione, nessuna piattaforma può risolvere il problema”, sottolinea Scaccabarozzi. Per lui, i tre “ingredienti base della torta” sono chiari: CDP, piattaforme di collaborazione e strumenti di analisi enterprise. “La CDP permette di vedere il cliente nella sua interezza; le piattaforme collaborative abilitano il dialogo interno tra funzioni diverse; e gli strumenti di analisi servono a comprendere le cause, non solo a descrivere gli effetti. Solo con questi tre elementi possiamo trasformare la complessità in valore”.
Passoni aggiunge una prospettiva complementare: “Il CRM è la memoria operativa dell’azienda. La CDP ricompone i dati, le dashboard unificate misurano il tutto. Ma il vero salto avviene quando entra in gioco l’intelligenza artificiale: non si limita a mostrare i dati, li interpreta, suggerisce azioni, aiuta a prevedere bisogni e riduce i carichi operativi. È il punto di contatto naturale tra efficienza e umanità”.
Total Experience: un obiettivo concreto, non un ideale
Leda Riva invita a non farsi spaventare dalla complessità. “La Total Experience è un concetto ampio, ma si può rendere concreto partendo da un sistema di ascolto continuo e integrato. Ogni singola interazione contribuisce a rafforzare o indebolire la relazione con il brand sia in ambito B2C, sia B2B. L’obiettivo non è tanto costruire la metrica perfetta, ma spingere l’organizzazione a imparare costantemente dai feedback che raccoglie”.
La Total Experience non è tanto un modello, ma un approccio culturale: un nuovo modo di guardare all’impresa come ecosistema in cui clienti, dipendenti e brand contribuiscono a innescare il cambiamento organizzativo. E dove la tecnologia non sostituisce le persone, ma facilita i processi per creare valore per tutti stakeholder.
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