
Durante le giornate di Digital 1to1 a Baveno, ho moderato un confronto tra quattro settori diversi — Illycaffè, RCS MediaGroup, Leonori (automotive), Baldinini (fashion) — per capire come si passa dal “comprare” al “tornare”, dalla conversione occasionale a una relazione che dura.
Il confronto è entrato subito nel vivo e le quattro prospettive diverse hanno finito per convergere su un punto: il valore non nasce dall’ennesimo touchpoint, ma dalla capacità di tenere insieme senso, semplicità e continuità.
Siamo partiti dal caffè, terreno in cui l’abitudine è decisiva ma mai scontata. Eva Gallocchio, Chief Ecommerce & Customer Officer, ha riportato l’orizzonte di Illycaffè alla sua essenza – qualità e valori – e lo ha calato nel presente digitale. La fedeltà, ha spiegato, non è più una rendita: “La relazione deve essere costante e rilevante: oggi vuol dire anche emozionale e personalizzata.” Da qui l’investimento in contenuti ricchi e coerenti, esperienze omnicanale e utilizzo dell’AI generativa per rendere il racconto del brand immediatamente trovabile e consistente. La scelta sulla loyalty è rivelatrice: niente sconti, ma ricompense che riportano dentro il mondo Illy – cene nei ristoranti, corsi dell’Università del Caffè – perché “il premio” continui a ribadire il perché della scelta: “Nel nostro catalogo premi non abbiamo inserito sconti, ma esperienze coerenti con il brand.”
Il passaggio all’automotive mette a nudo una complessità diversa, fatta di emozione e burocrazia, desiderio e calcoli. Salvatore Satta, Responsabile Marketing e CRM, ha descritto il ruolo del dealer come quello di un “costruttore di accordi” che deve rendere semplice ciò che per sua natura è frammentato: case madri, finanziarie, assicurazioni, compliance, sistemi che non parlano fra loro. “Noi non produciamo il prodotto: vendiamo l’esperienza, costruiamo l’accordo. Il nostro valore è rendere semplice ciò che è complesso.” In quest’ottica, la personalizzazione estrema conta meno della presenza utile: risposte chiare, coerenza nel tempo, continuità anche dopo la consegna, quando servizi e manutenzioni tengono vivo il rapporto. La fedeltà, dice Satta, non si ottiene inseguendola, ma facendo bene le cose giuste: “Se sei utile e rilevante, la fedeltà arriva come conseguenza, non come obiettivo inseguìto.”
Il fashion porta in dote una trasformazione culturale: da product-centric a customer-centric. Giuliano Torelli, Chief Digital & Technological Officer, ha raccontato il lavoro paziente sul dato – unificare identità frammentate tra boutique, outlet e online – e la traduzione operativa nei negozi: dal “taccuino d’oro” dei venditori a un clienteling digitale che aiuta a riconoscere la persona al suo ingresso e a restituirle un’esperienza all’altezza. “Abbiamo trasformato il ‘libro d’oro’ dei venditori in una relazione digitale con il cliente.” A supporto, cluster multipli e un loyalty program chiamato “Eternity” che misura non solo quanto si spende, ma la memorabilità del brand e tutto ciò che accade tra la prima e l’ultima transazione. Qui l’AI non è una bacchetta magica, ma un moltiplicatore: velocizza la creazione di descrizioni tecniche ed emozionali, abilita traduzioni contestuali, orchestra still life e creatività ambientate, permette di scalare caption e metadati per un advertising più mirato. L’obiettivo non è “fare di più”, ma fare meglio ciò che il cliente già si aspetta, senza frizioni.
Quando entra in scena l’editoria, il filo rosso dei dati diventa struttura. Michele Lancellotti, Chief Data & AI Officer, ha ripercorso il percorso di RCS: prima il data lake – click, scroll, app, newsletter, persino chiamate al call center trascritte – poi analytics per decidere in fretta, quindi modelli di raccomandazione e previsione fino alla Generative AI. L’esempio delle elezioni è emblematico: template di testi pre-validati dai giornalisti, aggiornati automaticamente ogni cinque minuti per tutti i comuni italiani. Risultato: copertura capillare e picchi record di reach. “La Generative AI crea il ‘draft informato’; il giornalista valida e arricchisce. Risultato: più copertura, più servizi.” Intorno, prodotti come Corriere Giochi lavorano sull’abitudine e allungano la relazione. Ma qui arriva anche l’avvertenza più netta del panel: “Per come è recepita la normativa, il responsabile è chi usa l’AI. La validazione umana non è un’opzione: è il perno del modello.” L’AI aiuta, non sostituisce; e la fiducia si difende con processi, ruoli e accountability.
Nel dialogo tra i quattro abbiamo chiarito un equilibrio operativo: l’emozione non è retorica, è una scelta precisa. Nel caffè passa da contenuti e ricorrenze che ricordano il perché di una preferenza; nell’auto si manifesta nel momento della consegna ma si costruisce nella chiarezza che precede e segue l’acquisto; nella moda vive nel gesto del venditore potenziato dai dati; nell’editoria diventa servizio informativo tempestivo, capace di intercettare i picchi emotivi e trasformarli in relazioni durature. L’AI, in tutte le sfumature, fa da “amplificatore” purché il fondamento sia solido: dati pronti, strategia chiara, integrazione tecnica possibile, persone formate.
Se dovessimo condensare la lezione, suonerebbe così: la relazione nasce dove il brand sa togliere attrito, aggiungere senso e presentarsi puntuale. Le ricompense migliori non sono gli sconti ma le esperienze che riportano dentro il perché; la personalizzazione che conta non è quella che stupisce per complessità, ma quella che rende le scelte più facili; l’AI funziona quando il suo contributo è visibile nei risultati e invisibile nella fruizione. Tutto il resto è rumore.





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