Al Customer Experience Forum di Richmond Italia, la discussione sulla personalizzazione della relazione con i clienti ha evidenziato una tendenza chiara: il passaggio da un approccio basato sulla semplice gestione delle interazioni a uno incentrato sulla costruzione di relazioni significative e durature. Relazioni che crescono passo dopo passo, a partire dai dati, ma che per diventare autentiche hanno bisogno di empatia, ascolto e collaborazione trasversale.
L’esperienza di Sky Italia, presentata da Cristian Vaghi, Head of Customer Experience, e Simona Rossi, Head of Customer Engagement & Communications, è un esempio di come unire strategia, tecnologia ed empatia in una visione coerente e concreta. Vaghi e Rossi hanno raccontato come l’azienda stia ripensando l’interazione con il cliente alla luce di un principio semplice e potente: personalizzare non significa solo proporre l’offerta giusta, ma comprendere e rispondere alla situazione reale – anche emotiva – della persona che abbiamo di fronte.
È stato molto interessante notare i tanti punti in comune con il nostro contributo, che abbiamo condiviso con i partecipanti al Forum, dedicato alla personalizzazione intelligente, continua e integrata. Due momenti che, in modo complementare, hanno delineato una visione chiara: non si costruiscono più relazioni solide senza un’intelligente combinazione tra dati, tecnologia, empatia e ascolto attivo.
Da target a individui
Fino a due anni fa, Sky Italia adottava un approccio “one to many”, organizzando la propria strategia di comunicazione e offerta per cluster e target. Come ha spiegato Cristian Vaghi: “Oggi il paradigma è completamente cambiato. Non possiamo realizzare un journey personalizzato per ciascun abbonato, ma possiamo assicurarci che ogni cliente si riconosca in ciò che riceve”.
Questa evoluzione ha richiesto non solo l’implementazione di nuovi strumenti tecnologici, ma anche una profonda ridefinizione del concetto stesso di customer experience. “Mancava quel tocco umano, quell’unicità che dovrebbe caratterizzare l’interazione con un brand.” evidenziato da Vaghi “È da qui che siamo partiti: creare esperienze uniche e rilevanti perché conosciamo i clienti, le loro abitudini, i loro comportamenti. Solo così possiamo costruire esperienze davvero memorabili”.
La trasformazione della personalizzazione da una logica di massa a una individuale rappresenta un cambiamento fondamentale nell’approccio al cliente. Non è più sufficiente utilizzare il nome del cliente nell’oggetto di un’email o suggerire contenuti basati su acquisti simili. La vera personalizzazione significa anticipare i bisogni, intercettare i comportamenti e essere pertinenti nel contesto giusto, al momento giusto.
Benefici relazionali: il valore che supera il contratto
Quanto emerso dall’esperienza di Sky si collega strettamente al tema dei benefici relazionali, al centro anche del nostro intervento. Sono di tre tipi: benefici sociali, legati alla familiarità; benefici di fiducia, che riducono il rischio percepito; e benefici di trattamento speciale, che fanno sentire il cliente riconosciuto. Sky ha dato voce concreta a questi concetti, raccontando come l’esperienza sia stata ripensata per far sentire ogni cliente “visto, compreso, parte integrante del mondo Sky”.
“Creare esperienze uniche e rilevanti” ha sottolineato Vaghi “è possibile perché conosciamo i nostri clienti: comportamenti, abitudini, preferenze. E su questa conoscenza costruiamo momenti memorabili.”
Un passaggio chiave che dimostra come la personalizzazione non sia fine a sé stessa, ma strumento per generare gratitudine e quindi reciprocità. Quando il cliente percepisce un’attenzione autentica, è più propenso a restituire fiducia, lealtà, passaparola.
Dalla personalizzazione all’empatia: il passo in avanti
Il valore dei dati è stato più volte ribadito. Ma Simona Rossi ha rimarcato che il dato da solo non è più sufficiente: “La personalizzazione attraverso i dati è fondamentale, ma è l’empatia che permette al cliente di vivere una relazione autentica con il brand. È un livello successivo: si passa dalle semplici esperienze alla creazione di legami duraturi.”
Come abbiamo evidenziato anche nel nostro intervento, questo passaggio ha richiesto a Sky di lavorare su due fronti paralleli: da un lato l’implementazione di tecnologie predittive per suggerire contenuti e offerte su misura, dall’altro un forte investimento sulla formazione e sulla cultura aziendale, per insegnare sia alle persone che ai sistemi di AI a interpretare i dati in modo empatico.
La personalizzazione empatica rappresenta quindi l’evoluzione naturale della personalizzazione basata sui dati: un approccio che non si limita a proporre il contenuto giusto al momento giusto, ma riconosce e interpreta lo stato emotivo, i bisogni impliciti e il contesto relazionale del cliente.
Nel nostro speech abbiamo parlato di personalizzazione predittiva e generativa, resa possibile dall’AI. Sky ha dimostrato come questa si possa concretizzare in strumenti reali, come la nuova app con suggerimenti personalizzati che si basano anche sul Devotion Score, una metrica che misura quanto un cliente è realmente affezionato a un certo tipo di contenuto o genere.
“Non basta sapere che hai guardato un film. Dobbiamo sapere quanto ti è piaciuto, quanto sei legato a quel tipo di storie, cosa potremmo proporti dopo”, ha spiegato Vaghi. Una forma di raccomandazione che non è più one-to-many, ma realmente one-to-one.
Questa è la personalizzazione evoluta descritta anche nel nostro intervento: non più un semplice suggerimento generico, ma una sequenza di esperienze significative. Esperienze pensate per la persona nella sua unicità, non per un segmento.
Il cervello sinistro e quello destro della CX
Per spiegare questo equilibrio tra razionalità e emozione, Vaghi ha usato un’immagine efficace: “Immaginate due ballerini: uno conta i passi, l’altro segue la musica. Entrambi sono necessari. La parte logica valuta l’efficienza, la qualità del servizio, la facilità d’uso. Quella emozionale, invece, è ciò che fa dire al cliente ‘wow’, o al contrario lo fa allontanare.”
Sky ha lavorato per far danzare insieme queste due dimensioni. “Abbiamo capito che una customer experience che funziona è quella che mette al centro l’ascolto attivo, l’empatia e l’uso intelligente dei dati. È solo così che possiamo trasformare ogni contatto in un’opportunità per costruire una relazione vera”, ha aggiunto Rossi.
Da procedura standard a relazione empatica
Oggi esistono procedure ben strutturate per ogni esigenza del cliente. Ma la natura dell’esigenza, pur essendo la stessa, può essere profondamente diversa a seconda della situazione specifica che ogni cliente sta vivendo.
È questo il cuore della personalizzazione situazionale ed emozionale: rispondere non solo al bisogno oggettivo, ma anche allo stato emotivo del cliente. Un approccio che, come abbiamo sottolineato nel nostro intervento, rappresenta l’essenza della personalizzazione empatica: riconoscere il contesto emotivo senza invadere la privacy del cliente, grazie all’analisi intelligente dei segnali deboli.
“Non possiamo e non vogliamo risultare invadenti con i nostri clienti facendo domande indiscrete”, ha specificato Rossi, “Ma, grazie a soluzioni avanzate di analisi in tempo reale, possiamo cogliere segnali indiretti – tono di voce, lessico, ritmo – e adattare di conseguenza il percorso.”
Questo si concretizza in un percorso fatto di ascolto, raccolta dati, test e collaborazione tra customer care, data science, operations e comunicazione. Un percorso che sta diventando cultura aziendale: “Oggi non siamo più solo noi a occuparci della CX”, ha aggiunto Vaghi. “Tutta l’azienda deve lavorare per migliorarla. Per questo abbiamo fatto un roadshow interno, portando la mission della CX in ogni dipartimento. Il risultato? Una cultura aziendale più matura e condivisa, dove la CX non è più una funzione, ma un obiettivo comune.”




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