Le recenti indagini sul customer service rimarcano in modo inequivocabile il ruolo del customer service nel creare esperienze positive per il cliente e – in questo modo – consolidare la relazione.
L’esperienza ha, ormai, acquisito la stessa importanza del prodotto nella valutazione di un marchio da parte del cliente e l’ultimo report sulla fedeltà pubblicato da PWC lo conferma: risulta che il 26% dei clienti abbia smesso di utilizzare o acquistare da un’azienda nell’ultimo anno a causa di brutte esperienze; che più della metà (55%) degli intervistati sia pronta a smettere di acquistare da un’azienda dopo diverse brutte esperienze; e che per l’8% del campione sia sufficiente una sola brutta esperienza per cambiare.
Un modo efficace per evitare le “brutte esperienze”, aumentare il grado di soddisfazione e – di conseguenza – fidelizzare il cliente, è sicuramente sapere cosa vorrebbero i clienti e cosa non funziona dei servizi o prodotti che stanno utilizzare; per saperlo può essere molto utile analizzare le richieste arrivate al customer service.
Le informazioni che transitano dal contact center che gestisce il customer service possono – infatti – rivelare quali sono i momenti del customer journey che creano maggiori intoppi, quali sono le lamentele ricorrenti, quali informazioni mancano ai clienti per poter utilizzare nel modo più soddisfacente il prodotto o il servizio che hanno acquistato, quali guasti si presentano più spesso e con quale frequenza.
Di fatto è come se le aziende avessero in corso una continua rilevazione della soddisfazione del cliente, che permette di prendere la palla al balzo e compiere interventi correttivi – sia nell’immediato (in alcuni casi basta poco) sia programmando azioni a medio – lungo termine.
E’ evidente, perciò, che il customer service è il punto di cerniera tra l’esperienza del cliente e le linee di intervento del brand.
Come è emerso dallo studio di CMI Engagement & Fidelizzazione, per alimentare i processi di fidelizzazione l’azienda deve dimostrarsi costantemente aperta e ricettiva nei confronti della voce del cliente, attenta alla componente empatica della relazione, trasparente quando si tratta di stabilire le aspettative, valutare i risultati conseguiti, delineare la possibile evoluzione dei rapporti con ciascun cliente. Per riuscirci la via più sicura è quella di mantenere costantemente vivi l’ascolto attivo e la comunicazione bidirezionale con la propria customer base, sia attraverso canali tradizionali – come e-mail, audit, survey e feedback – sia monitorando e interagendo con i clienti su canali più immediati e personali, come i social media. Più da queste attività di ascolto e considerazione del punto di vista del cliente si fanno scaturire azioni conseguenti, più si rafforza il legame intimo tra cliente e azienda alla base di ogni solido processo di fidelizzazione.
Va ricordato che in molti casi i servizi di assistenza sono affidati in outsourcing e questo presuppone: un forte allineamento tra BPO e azienda committente; una integrazione dei sistemi che permetta lo scambio di dati necessario a fornire risposte corrette ai clienti; la condivisione delle indicazioni che arrivano dai clienti per verificare come è possibile ottimizzare i processi, i servizi e i prodotti.
“I contact center che fanno attività di inbound registrano i dettagli del reclamo e oltre a guidare il cliente nella risoluzione, anche gestendo la parte emozionale, possono essere un’antenna efficace per comprendere se ci sono dei problemi ricorrenti che possono essere risolti modificando il processo o dando maggiori informazioni al cliente” dice Gianluca Fuser, Sales e Marketing director di PMC Plus. “Quando si instaura una collaborazione stretta tra committente e contact center in outsourcing è possibile avviare dei progetti di miglioramento continuo che incrementano la soddisfazione dei clienti e ottimizzano il lavoro degli operatori. In questo modo si mette a valore la conoscenza del cliente che si forma all’interno del contact center ”
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