Mia nonna diceva sempre: “I soldi spesi per viaggiare sono soldi ben spesi“. Sarà per questo che, appena ne abbiamo l’occasione, io e Lisa partiamo subito per qualche avventura. Ce n’è una, tra le prime, che ancora ricordo e che probabilmente non dimenticherò mai: quando ci ripenso, sento distintamente la sabbia sotto le dita, l’odore del deserto e il rombo dei quad.
Era da poco passato il mio compleanno quando Lisa si presentò da me con una busta in mano e un compiaciuto sorrisetto sulle labbra: conoscevo molto bene quell’espressione di silenzioso trionfo, fin da quando eravamo piccole e lei riusciva per esempio a battermi a nascondino, o ad ottenere dalla nonna una seconda fetta di torta. Cosa aveva combinato stavolta?
Presi la busta con aria scettica e, prima di aprirla, la rigirai un poco tra le mani: era liscia al tatto e dalle finiture curate. Incuriosita, iniziai ad aprirla lentamente: mi ritrovai in mano due tessere grandi quanto una carta di credito, e un biglietto. Sulle tessere c’era scritto in oro EXC da un lato ed Experience Card dall’altro: Lisa doveva avermi regalato qualche pacchetto avventura o simili. All’interno del biglietto erano invece stampati – sempre in caratteri dorati – giorno, ora, aeroporto e numero del nostro volo. La destinazione rimaneva sconosciuta, almeno per il momento. “Sempre a fare la misteriosa, eh?” punzecchiai Lisa, che si limitò a rispondermi con una squillante risata. Non le avrei estorto nessun ulteriore indizio, lo sapevo, ma la cosa non mi dispiaceva affatto. Decisi di lasciarmi trasportare dagli eventi: chissà che altro sarebbe successo.
Un mese prima del volo ricevemmo via mail la conferma di prenotazione dell’albergo: ecco svelata, finalmente, la meta del nostro viaggio! La struttura che ci avrebbe ospitate si trovava in pieno centro ed era a dir poco stupenda, di quelle con la piscina sul tetto e le suite con vista panoramica. Non vedevo l’ora di partire, anche perché una vocina nella mia testa mi suggeriva che le sorprese non sarebbero finite lì.
Due settimane prima della partenza arrivarono le nostre carte d’imbarco; non stavo più nella pelle, restava solo da spiccare il volo!
Appena scese dall’aereo fummo accolte dal profilo aguzzo dei minareti e dal richiamo alla preghiera del muezzin. Un messaggio sui nostri smartphone ci avvertì che all’uscita era pronta per noi un’auto che ci avrebbe portate in albergo; una volta arrivate e sbrigate tutte le pratiche di registrazione, ci vennero consegnate le chiavi della nostra camera. Per un attimo pensai che le sorprese erano finite, ma capii che mi sbagliavo non appena mi guardai attorno con più attenzione: sul letto, posata in cima agli asciugamani, c’era una piccola scatola nera con un nastro dorato. Mi precipitai ad aprirla con la stessa foga con cui, da bambina, scartavo i regali sotto l’albero di Natale: dentro c’erano due paia di chiavi. “Sono le chiavi di una moto?” chiesi subito a Lisa con gli occhi che mi brillavano. “Chi lo sa…” rispose lei con fare saputo, beccandosi subito una bella cuscinata in faccia. Tutto quel mistero era praticamente una tortura per me!
Quella sera ricevemmo un nuovo messaggio: conteneva orari e informazioni relative all’escursione nel deserto che ci attendeva il giorno seguente! Ci svegliammo alle 4, ci preparammo e, afferrate le chiavi, lasciammo la stanza. All’ingresso dell’albergo ci attendeva un fuoristrada che ci avrebbe accompagnate fino al punto di partenza dell’escursione. Quando arrivammo il cielo iniziava ad arrossare. Il fuoristrada si fermò in uno spiazzo per metà divorato dalla sabbia del deserto: ad attenderci, insieme ad altre persone, c’era la nostra guida Kassim, col capo avvolto in una kefiah. Parlava arabo e altre tre lingue sbocconcellate; l’interprete ci disse che ci avrebbe accompagnate per l’intera giornata. Tutto era pronto: ci infilammo i caschi, salimmo ciascuno sul suo quad e partimmo, lasciandoci la civiltà alle spalle e inseguendo un orizzonte che si faceva sempre più vasto man mano che ci si addentrava nel deserto.
Cavalcammo le creste delle dune, guidati dai venti che increspavano gentilmente il mare di sabbia, fino alla prima oasi. Lì ci fermammo a pranzare e in serata – dopo aver riconsegnato i quad – ci riaccompagnarono in albergo. Fu un’esperienza unica e indimenticabile, e stringemmo amicizie e rapporti che coltiviamo ancor oggi.
Tornate in Italia, non ci fu molto tempo per la nostalgia: poco dopo il nostro rientro, infatti, ricevemmo il video dell’escursione registrato dalle GoPro presenti sui nostri caschi, insieme alle foto della giornata e a un secondo video che ripercorreva tutto il periodo di viaggio. Il souvenir migliore che potessi desiderare, se si escludono le tonnellate di sabbia che mi ritrovai nelle scarpe e nella valigia, e che ancora oggi non sono del tutto scomparse!
Quante esperienze perfette hai vissuto finora grazie ad aziende che ti conoscono così bene da somigliare a Lisa? Quanto sei stato seguito e coccolato nel tuo Customer Journey?
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