Commentando il Global Survey on AI curato da McKinsey, uscito a fine maggio, Luciano Martinoli, Presidente di Axiante individua alcune best practice per utilizzare nel modo migliore le potenzialità degli LLM.
Secondo MacKinsey, il 2024 sarà l’anno in cui i brand inizieranno davvero a utilizzare questa nuova tecnologia e a trarne valore. Ipotesi corroborata dai dati dell’indagine: il 65% degli intervistati dichiara che le proprie organizzazioni utilizzano l’intelligenza artificiale generativ regolarmente, quasi il doppio della percentuale registrata nel report 2023. Le previsioni sull’impatto di questa tecnologia nei prossimi anni confermano che il 75% del campione prevede che la gen AI porterà a cambiamenti significativi o dirompenti nei loro settori.
Secondo Martinoli, per come funzionano i nuovi sistemi come ChatGPT, Gemini di Google o Llama di Meta, basati sulla tecnologia LLM (Large Language Model), sarebbe più corretto parlare di “comunicazione artificiale”.
“Se, come già detto, vi è già un uso della AI generativa per scopi professionali, esso non si è ancora tradotto nel supporto di processi aziendali” afferma Martinoli. “In particolare per consentire ai sistemi LLM di effettuare un salto di qualità in tale direzione, occorre un cambio di paradigma: abbandonare l’idea che si tratti di una forma di automazione da integrare nei consueti processi di business e considerare la GenAI un agente assistivo che aumenta l’efficacia delle attività e, in quanto tale, richiede un ripensamento globale dei processi aziendali. Non è sufficiente infatti cercare di estrarre le capacità umane per inserirle in una macchina, ma è necessario adottare un approccio dialogante tra operatore umano e macchina, considerata alla stregua di un collega più che di una tecnologia statica. In questo modo sarà possibile suddividere le responsabilità tra uomo e macchina, soprattutto nel caso di processi in cui i task e le funzioni, dipendono dalla manipolazione di Parole, Immagini, Numeri e Suoni (PINS) .”
Partendo da queste considerazioni si delineano le modalità di lavoro che, una volta scelto il processo PINS in cui inserire il sistema di Comunicazione Artificiale, portano a identificare i punti decisionali, i rischi e i fattori contestuali che dovranno essere guidati dal sistema o dall’operatore umano, tenendo ben presente in quali campi l’esperienza umana è irrinunciabile. Quindi è necessario stabilire chiare linee guida su quando e come il sistema debba ricevere sollecitazioni dall’utente e viceversa. Il sistema poi dovrà essere “addestrato” con elementi di linguaggio, i prompt, opportunamente selezionati o creati a partire da masse consistenti di dati pertinenti al processo scelto. Cambia di fatto l’utilizzo del sistema informatico che passa a una modalità di continua interazione, monitoraggio e miglioramento.
“C’è una fondamentale differenza con i sistemi classici: non si interverrà con modifiche software per adeguare un sistema all’evoluzione del processo, ma con modifiche di profili di task e protocolli di interazione con gli utenti” spiega Martinoli. “I sistemi così progettati possono svolgere funzioni di supporto, non necessariamente sostitutivi, per innumerevoli processi aziendali. Riguardano tutte quelle attività comunicative in cui c’è bisogno di sintetizzare enormi quantità di testi, eseguire ricerche articolate e non precisamente definite, creare prototipi che aiutino a stimolare e indirizzare la creatività. Tali processi si possono trovare in diversi settori aziendali: dalla finanza alla moda, dall’industria manifatturiera ai servizi. È solo questione di tempo prima si mettano a punto soluzioni specifiche per funzioni e industry.”
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