Call e contact center: perché serve restare in Italia

Luca D'Ambrosio, presidente Assocontact

Il call e contact center è, per il mercato del lavoro italiano, un’opportunità. Il settore, che conta circa 76.000 addetti di cui 46mila dipendenti e 30mila lavoratori a progetto, per un totale di 200 imprese (5 delle quali realizzano il 60% dell’attività) e un fatturato di un miliardo di euro, peraltro in crescita del 2% annuo, è lo sbocco quasi naturale per moltissimi giovani, laureandi o laureati, verso il primo impiego; nei territori nei quali la disoccupazione è più alta, può rappresentare un’occasione di impiego importante. Nei call e contact center il 70% delle persone occupate è donna. L’intero settore è però in questi mesi in subbuglio, a causa della riforma del lavoro che il governo Monti sta studiando. Il problema più cogente riguarda l’attività di call e contact center svolta in outbound, che prevede, essendo legata al risultato di vendita, non contratti a tempo indeterminato ma a progetto.
“Vi sono più temi delicati su cui ragionare – spiega il presidente di Assocontact, Luca D’Ambrosio – l’ambito delle vendite, l’outbound, è quello che negli ultimi 6-8 è messo più sotto scacco. Se la riforma del lavoro verrà approvata così come è stata formulata, il rischio è di vedere quasi tutti i lavoratori italiani sostituiti da lavoratori dell’Est Europeo, fuori dal Paese”.
Il fenomeno dell’offshoring non è visto con particolare favore dalle imprese del settore, anche se già oggi alcune società operano con lavoratori all’estero.
“Non si tratta solo di una questione di costi. Nei Paesi dell’Est Europeo vi sono peggiori condizioni di lavoro. Noi desideriamo fortemente che le nostre aziende rimangano in Italia, e diano lavoro a chi vive nel nostro Paese. Ciò che chiediamo è che venga garantita la flessibilità, in modo che i contratti si possano adattare a quelle tipologie di lavoro legate al risultato”. Il Presidente di Assocontact si sofferma poi sui costi del lavoro dipendente: “Il costo del lavoro non è da trascurare, se si pensa che a fronte di 1.000 euro guadagnati dal lavoratore, il datore di lavoro sostiene un costo di quasi doppio”.
Assocontact ha attivato contatti con la Camera, il Senato e le Commissioni lavoro, nonché con le associazioni territoriali. Sono in previsione incontri per formulare richieste specifiche di abrogazioni, per salvaguardare l’attività di vendita. Commenta D’Ambrosio: “Noi siamo fiduciosi, ma non ignoriamo che sono state presentate numerose richieste di modifica. Speriamo che le nostre vengano prese seriamente in considerazione, perché in caso contrario la riforma avrebbe un impatto diretto su migliaia di lavoratori, che vedrebbero venir meno il loro lavoro”.
Il mercato dei call e contact center italiano ha le carte in regola per proseguire e crescere. La sua funzione – anche sociale, in certi contesti territoriali – è fondamentale per le aziende che vogliano mantenere un contatto personale con la propria clientela. L’operatore italiano vanta una professionalità di qualità, spiega il presidente di Assocontact: “Rispetto ai colleghi dell’estero, si esprime anzitutto in italiano perfetto; ha un’elevata professionalità, oltre a un alto tasso di scolarizzazione”. Il settore, inoltre, è in crescita: merito, questo non solo degli “storici” clienti dalle Telco (che rappresentano il 60% del mercato), ma anche di nuovi settori (per esempio le utility, il finance, l’insurance)che necessitano di un contatto diretto con gli utenti-clienti.“Questo contatto può estrinsecarsi nella gestione del cliente direttamente via telefono e attraverso l’uso delle nuove tecnologie: il call e contact center si va dunque in molti casi a sostituire agli sportelli fisici delle aziende”.
Elena Giordano

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