Nel mondo della riassicurazione, l’innovazione non si ferma ai prodotti o ai modelli di rischio. Anche i contact center possono diventare leve strategiche, grazie all’intelligenza artificiale e a una visione evoluta della customer experience. Ne parliamo con Marco Spagnuolo, Head of Conversational AI Solutions di Swiss Re, che ci racconta come una grande realtà B2B abbia scelto di investire sulla qualità delle conversazioni tra compagnie assicurative e clienti finali, trasformando dati, voce ed empatia in un vantaggio competitivo.
Mi spiegheresti il tuo ruolo, la tua qualifica e che cosa fa Swiss Re?
Partiamo da Swiss Re, che è uno dei riassicuratori leader a livello mondiale. Un riassicuratore assicura le compagnie di assicurazione, operando quindi con un modello di business B2B. La mia responsabilità, come hai accennato, è nell’ambito della Conversational AI. Swiss Re ha sviluppato una piattaforma di Conversation Intelligence che offre ai propri clienti — le compagnie assicurative. Il nostro obiettivo è permettere ai clienti che utilizzano un contact center di aumentarne le prestazioni e migliorare l’esperienza degli assicurati e dei contraenti di polizza.
Diciamo che oggi i clienti sono sempre più esigenti. Le attese devono essere brevi e, soprattutto, le interazioni devono essere non solo veloci ma anche pertinenti, in grado di fornire risposte precise a ciò che si sta cercando. Voi che cosa avete fatto per aumentare questa pertinenza e questa velocità?
Sebbene Swiss Re operi con un modello B2B, da più di dieci anni ha investito nella creazione di team specializzati in customer experience. Questi team aiutano le compagnie di assicurazione a migliorare l’esperienza degli assicurati, grazie a competenze trasversali come data analytics, behavioral economics, ottimizzazione dei processi e design thinking.
Abbiamo messo la customer experience al centro, non solo per migliorarne l’efficienza, ma anche per aumentarne la qualità lungo tutto il customer journey. Forniamo training agli operatori dei contact center, revisioniamo gli script, definiamo campagne di customer engagement e rivediamo tutte le comunicazioni al cliente. Incorporando tecniche di economia comportamentale, siamo riusciti ad aumentare il tasso di rinnovo delle polizze fino al 20% e a ridurre il tasso di abbandono fino al 15%.
Oltre a queste attività consulenziali, abbiamo sviluppato soluzioni tecnologiche, come piattaforme di Voice Analytics e Conversation Intelligence – di cui mi occupo direttamente – che permettono di trascrivere e analizzare grandi volumi di conversazioni, sia vocali che testuali.
Certo, ogni conversazione e interazione è ricca di informazioni. Poterle analizzare e utilizzare offre un’opportunità di miglioramento dell’attività e del modo di porsi, anche negli script stessi.
I call center sono vere e proprie miniere di dati, e questo vale ancor di più nel settore assicurativo, dove i momenti di contatto sono rari ma strategici. Le conversazioni contengono informazioni preziose su esigenze, problematiche e aspettative dei clienti. Grazie alla nostra piattaforma, i nostri clienti riescono a identificare tendenze, opportunità di miglioramento e criticità nei prodotti e nelle comunicazioni. Inoltre, monitorando in modo sistematico le interazioni, possiamo migliorare la formazione degli operatori, affinare gli script e rendere le conversazioni più empatiche e risolutive. Così facendo, il contact center evolve da centro di costo a centro di valore e di intelligence.
Quindi l’intelligenza artificiale è il motore di tutte queste analisi e potenzialità che stai raccontando. Spesso la si vede come una sostituzione delle persone. Invece, da quello che racconti, può essere un potenziamento.
Esatto. Io parlo di collaborazione ibrida tra intelligenza artificiale e operatori umani. L’AI non sostituirà l’uomo, ma lo potenzierà. Pensiamo a un contact center dove l’AI assiste in tempo reale l’operatore, suggerendo le next best action, identificando le emozioni dell’interlocutore o segnalando opportunità di miglioramento durante la chiamata. Questo ci aiuta non solo a essere più efficienti, ma anche a rendere le conversazioni più umane ed empatiche. Il tocco umano resta fondamentale, specialmente nei momenti chiave del customer journey — nella nostra industria, per esempio, la gestione di un sinistro.
Hai accennato alla centralità dell’elemento umano. Avete dati che lo confermano?
Sì. Swiss Re ha condotto una ricerca in sette Paesi, sulla fiducia e disponibilità a condividere dati da parte di assicurati vita alla luce dei progressi nella Gen AI. È emerso che due terzi degli intervistati preferiscono interazioni umane — telefoniche o di persona — come canale principale. Il human touch è destinato a rimanere. In sintesi, l’intelligenza artificiale ci aiuterà a essere ancora più umani, nel momento e nel modo giusto.
Le informazioni che si possono ottenere durante l’interazione, attraverso l’analisi dell’AI e le previsioni sui comportamenti, permettono di interagire in modo più umano proprio perché si basano su una conoscenza approfondita. È come parlare con una persona che conosciamo da tempo.
Questi strumenti aumentano la produttività ma vanno ben oltre: ci consentono di misurare aspetti prima inaccessibili, come il tasso di interruzione, l’empatia o il sentiment espresso durante la conversazione. Forniscono indicazioni oggettive su dove intervenire per migliorare la customer experience, con effetti positivi su indicatori chiave come NPS, customer satisfaction, tasso di conversione e retention.
Quali saranno i passaggi successivi?
L’evoluzione è continua e rapidissima. Ciò che oggi è attuale, tra sei mesi potrebbe non esserlo più. Per questo stiamo investendo molto nell’integrazione delle nostre piattaforme con i sistemi delle compagnie assicurative. L’obiettivo è ottenere una visione unica e completa dell’assicurato, integrando dati da fonti diverse per alimentare un’AI sempre più efficace e contestuale. Questo è il futuro della conversazione tra cliente e compagnia: intelligente, rilevante e profondamente umana.
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