In un’epoca in cui il marketing digitale è in continua evoluzione, il concetto di customer experience assume un ruolo sempre più centrale nelle strategie aziendali. Lorenzo Lorato, direttore marketing di SatisFactory Group, ci ha offerto una prospettiva interessante su come costruire relazioni autentiche e durature con i clienti, introducendo il concetto di customers in love.
In questa intervista, Lorato condivide la sua visione sulla necessità di integrare emozione e razionalità nel rapporto con il cliente, esplorando come l’intero percorso del customer journey – dal primo contatto all’assistenza post-vendita – debba essere gestito in modo coerente e sinergico.
Mi ha incuriosito in particolare il concetto di “customers in love”, i clienti innamorati, perché per voi ragione ed emozione devono fondersi nella relazione tra brand e cliente. Ma come si traduce questo nella realtà?
Significa cercare un equilibrio tra contenuto emozionale e contenuto razionale. Ho passato i primi vent’anni professionali in classiche agenzie di advertising e comunicazione, quelle realtà che lavorano sulla parte alta del funnel – il cosiddetto TOFU – cercando di creare l’aspirazione nel cliente verso un determinato bene. Ora sono passato a una nuova realtà, il gruppo SatisFactory, che si dedica alla parte bassa del funnel: tutte quelle attività che puntano a essere vicino al cliente dopo l’acquisto, quando è diventato possessore del bene.
Ora sono convinto che il funnel sia unico e che la vera sfida oggi sia quella di guardare il processo nella sua interezza. Questo è difficile perché ci sono aree diverse che lavorano su momenti diversi. Oggi c’è ancora uno squilibrio, anche se sta diminuendo, nell’investimento dedicato alla parte alta del funnel rispetto alla gestione del cliente già acquisito. Ma come sappiamo, è più facile mantenere un cliente che acquisirne uno nuovo. Nonostante ciò vediamo tantissime aziende, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni, che spendono molto per acquisire nuovi clienti per poi perdersi quando questi cercano di interagire con l’azienda. Nella migliore delle ipotesi, il cliente viene messo in contatto con un bot frustrante – un investimento minimo per dare risposte preimpostate. Si ha difficoltà ad avere una risposta telefonica, e ormai vanno di moda anche le risposte telefoniche a pagamento. Se si vuole avere clienti innamorati, bisogna ragionare sulla customer experience in modo ampio, abbracciando l’intero funnel.
Parlare di emozione e ragione significa comunicare valori affini al target, parlare al lato meno razionale della persona, ma sempre offrendo contenuti di valore. Anche la ragione può essere emotiva: risolvere un problema a un cliente che ha pagato molto per un prodotto nuovo evita un’emozione negativa molto forte. Essere vicini al cliente in termini di assistenza e caring ha un valore emotivo estremamente importante. Oggi, osservando come si ragiona nella parte bassa del funnel, credo sia necessaria una maggiore consapevolezza della customer experience. Non è solo l’esperienza durante un evento di brand particolarmente impattante, ma è soprattutto l’esperienza del cliente durante tutta la vita del prodotto acquistato.
Le promesse del marketing vanno mantenute. E per capire se è così, il contatto diretto con il customer service è il modo migliore. Visto che siete una realtà molto articolata – e magari dopo ce la spiegherai meglio – vorrei capire come utilizzate nella vostra attività tutte le informazioni che riuscite a ottenere durante le interazioni di customer service. Informazioni che si rivelano utili a tutte le aree dell’azienda: dal marketing alle vendite, fino allo stesso customer service.
Il gruppo SatisFactory è costituito essenzialmente da quattro aziende. La prima si occupa di operations, quindi del rapporto e della relazione diretta con i clienti. Al suo interno c’è un contact center con i suoi operatori, ma non solo: abbiamo tutta la tecnologia di relazione, quindi assistenza, intelligenza artificiale, smart bot e piattaforme WhatsApp per gestire la relazione in termini di caring. La seconda società, Alchimia, si occupa fondamentalmente di strategie di relazione ed è più legata a eventi fisici e pubbliche relazioni. La terza, Garden 65, gestisce la comunicazione digitale attraverso canali come siti internet e social network. È interessante notare che i social network sono il principale canale di relazione tra prospect e azienda, ma spesso non vengono considerati come canali di caring, quando in realtà le persone li utilizzano principalmente per esprimere problemi con il brand. Infine, c’è Consulting and Services, una società di sviluppo tecnologico che si occupa delle piattaforme per l’acquisizione e l’analisi dei dati, oltre che dell’integrazione con piattaforme terze.
Ma veniamo a come utilizziamo i dati del contact center. Il contact center è il punto di contatto diretto con il cliente, dove l’azienda parla da persona a persona, con tutto ciò che comporta a livello emotivo – specialmente quando l’operatore è particolarmente empatico. Dalla mia esperienza nelle agenzie di advertising, dove passavamo ore a analizzare ricerche e dati per definire personas e insight di comunicazione, ho capito che una semplice chiacchierata di 20-30 minuti con un operatore può rivelare il sentimento reale dei clienti: le loro paure, desideri e difficoltà.
Questi dati vengono utilizzati sia per l’analisi approfondita degli andamenti e della percezione del brand sul mercato – integrandoli con altre ricerche – sia per la creazione di contenuti gestita dalla nostra società di social management. I social stanno cambiando: oggi le persone cercano contenuti di valore. Rachele Zinzocchi, una pioniera del settore, lo chiama help marketing: contenuti che aiutano concretamente le persone. Partendo dal sentiment raccolto attraverso il customer care, creiamo contenuti utili per tutti i canali: social, sito internet, piattaforme di self-care e video YouTube. Sapendo quali difficoltà incontrano i clienti con un prodotto, possiamo creare contenuti per aiutarli – sia tutorial pratici che video emotivi che aiutano a superare le paure nell’acquisto o nell’utilizzo di un prodotto.
Una vera miniera di informazioni che, da quanto ci dici, evidenzia l’importanza della collaborazione – non solo tra aziende diverse come nel vostro caso, ma anche tra le diverse aree all’interno di un’azienda – per creare una customer experience davvero uniforme. Ma questa collaborazione è davvero così semplice come la stai raccontando?
No, la collaborazione è la cosa più complessa che esista, in qualsiasi settore professionale. Anche per noi che collaboriamo sotto lo stesso tetto. Però siamo un’agenzia fornitrice di servizi relativamente contenuta con oltre 150 persone e manteniamo ancora quella flessibilità necessaria per trovare flussi integrati efficaci.
Le aziende più strutturate hanno invece grosse difficoltà in questo senso, specialmente nel creare un’unica customer experience che vada dalla sollecitazione del bisogno fino al caring post-vendita. Prendiamo l’esempio del settore automotive, dove ho lavorato per anni: c’è un reparto commerciale che vende, un reparto marketing che supporta le vendite, e un reparto after sales completamente separato – che spesso ha persino un suo reparto marketing indipendente. A questo si aggiunge la componente IT, sempre più importante, con numerose piattaforme sviluppate sia per il commerciale che per la casa madre.
C’è un forte bisogno di razionalizzazione, semplificazione e integrazione. Oggi si parla molto di innovation manager, digital transformation manager, e persino del Chief AI Officer per integrare l’intelligenza artificiale nei processi aziendali. Ma secondo me, prima di queste figure, servirebbe un Synergy manager o Integration manager: qualcuno che si occupi di razionalizzare le comunicazioni aziendali e ottimizzare le piattaforme utilizzate dalle diverse business unit.
È assurdo che ci sia una completa separazione tra vendite e post-vendita: lo stesso cliente, durante tutto il suo ciclo di vita – dall’acquisto al possesso fino al riacquisto – si trova in database diversi che non comunicano tra loro. Questo porta a un’enorme perdita di efficienza e informazioni. Ecco perché questo è il compito su cui bisognerebbe investire, prima ancora di integrare nuove piattaforme, flussi e idee.
L’integrazione dei dati nasce dall’idea di un’azienda che lavora in maggiore sinergia, orientata verso un obiettivo comune. Spesso invece gli obiettivi vengono fissati per singole aree, sperando che convergano verso quello finale – che non sempre accade. Certamente l’obiettivo principale è quello di crescere, avere un buon fatturato e mantenere un’azienda in salute, il che si basa sull’avere clienti soddisfatti.
Infatti, il “customer in love” è proprio ciò a cui puntiamo. Il nome stesso del gruppo, SatisFactory Group – la fabbrica della soddisfazione – mira proprio a questo: avere clienti innamorati. Perché un cliente innamorato riacquista, si fidelizza, diventa ambasciatore del brand e ha un costo di mantenimento – chiamiamolo costo di ingaggio – che è un decimo rispetto a quello necessario per acquisire un nuovo cliente. Siamo quindi convinti che questa sia la strada su cui investire maggiormente.
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