Le nuove sfide del Customer Management

Intervista a Mario Massone, fondatore Club CMMC

I contact center, interni ed esterni alle aziende, svolgono un ruolo che è sempre più rilevante nell’ambito della relazione con il cliente. Abbiamo approfondito il tema intervistando Mario Massone, fondatore del Club CMMC, che svolge da anni un importante ruolo di promozione e animazione culturale di questo settore. Data la sua visione a lungo termine e le numerose esperienze accumulate, abbiamo ascoltato con interesse le sue opinioni, partendo da comprendere cosa è definitivamente  cambiato nel mondo dei contact center.

“Nessuno di noi ha la sfera di cristallo, ma posso riflettere su alcuni cambiamenti. In generale, potrei dire che tutto è cambiato, ma vediamo dove c’è stata maggiore resistenza.

Un aspetto che è cambiato poco è la gestione delle risorse umane con l’introduzione di modelli di smart working o remote working. C’è stata molta resistenza al cambiamento, forse più che in altri lavori d’ufficio. Un altro punto è la pratica delle gare al massimo ribasso, che continua ad essere prevalente. Inoltre, l’atteggiamento dei consumatori verso il customer service, influenzato dal teleselling selvaggio, è cambiato poco. Quindi queste cose sono resistenti, ma non dovrebbero restare. Vorremmo cercare di farle evolvere in positivo tutte quante. So che faremo grande fatica, ma lasciami fare una riflessione di introduzione su questo mondo.

La prima considerazione che mi viene subito parlando dell’Italia, perché è un mercato molto particolare, è il fenomeno dell’outsourcing. Siamo in presenza di un insieme di centinaia di aziende che operano, alcune anche molto bene, e che hanno superato come fatturato complessivo i 3 miliardi di euro, però le marginalità sono molto ridotte. La trasformazione dall’outsourcer al BPO (Business Process Outsourcing) è più complessa in Italia rispetto ad altri paesi. In generale, manca la maturità nella gestione dei processi, anche se ci sono delle multinazionali che stanno andando bene.

Per quanto riguarda i contact center in-house, la diffusione della cultura del cliente all’interno delle organizzazioni italiane non è ancora elevata, nonostante gli sforzi di molti. Recentemente, si è iniziato a considerare il dipendente come cliente, un passo importante legato alla necessità di mantenere attrattività e talento. Si spera in una riduzione dei volumi di contatto generici e un aumento dei contatti a valore, spinti dall’intelligenza artificiale e dalla crescita del self-service”.

A proposito dell’intelligenza artificiale, quali sono i cambiamenti maggiori?
Dobbiamo distinguere tra l’intelligenza artificiale dedicata all’analisi e automazione e quella generativa, che sta muovendo i primi passi. In concreto, stiamo vedendo un forte investimento nell’automazione a supporto dell’operatore, soprattutto nel back office e nella gestione documentale. Le aziende, per utilizzare l’intelligenza artificiale generativa, devono affrontare il tema del knowledge management. Non è una questione di attingere solo dati dall’esterno, dalle piattaforme, ma anche di attingere ai propri dati.

Anche la formazione sta beneficiando dell’IA, aiutando operatori e collaboratori. Tuttavia, c’è una certa cautela nell’applicare queste tecnologie direttamente al mercato e ai clienti. Ritengo che sul tema dell’intelligenza artificiale,  la vera sfida sia cambiare l’approccio e la metodologia. Si parla molto di consulenza di Change management, di addestramento specialistico che comporta interventi puntuali sia sui meccanismi che sugli operativi. Si parla anche di analisi delle prestazioni delle tecnologie, perché l’offerta di intelligenza artificiale generativa è esplosa in pochissimi mesi.

Dobbiamo quindi adottare un approccio che consideri tutto, dal principio alla fine, compreso l’ultimo elemento: la sicurezza dei dati, le possibili violazioni della privacy e le sfide etiche. Le organizzazioni sono toccate in quasi tutti gli aspetti.

Il settore del customer management sembra quindi dinamico. Può essere interessante per i giovani?
Credo di sì, abbiamo recentemente concluso il terzo programma dedicato ai giovani, chiamato Young Club CMC, caratterizzato dal supporto di mentorship. L’attrattività del settore per i giovani e per i talenti in generale è fondamentale. Non è solo una questione di moda, ma di riconoscere la centralità del customer management nelle aziende. Per attrarre i giovani, è importante coltivare la curiosità e abituarli a gestire la complessità e la relazione con il cliente. Il customer management offre molte opportunità di innovazione e crescita professionale, anche grazie alla continua evoluzione del settore. La sfida della complessità secondo me può intrigare un giovane, così come la gestione del tempo. La componente consulenziale è sempre più presente nell’ambito dei BPO e in generale tutta la filiera è sempre più complessa e con forti componenti innovative.

Quindi, è un settore con prospettive interessanti e opportunità di crescita lavorativa?
Il customer management è essenziale e innovativo, offre numerose opportunità sia per i giovani che per i professionisti esperti. Anche i manager che escono dal settore hanno sempre un ricordo positivo dell’esperienza vissuta. È un segnale da non trascurare: investire nella cultura del cliente e nella formazione continua è fondamentale per mantenere il settore dinamico e attrattivo.

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