Se fino a qualche anno fa quando si parlava di customer experience ci si riferiva principalmente ai rapporti con i clienti finali nel cosiddetto B2C (Business-to-Consumer), da qualche anno a questa parte il tema ha cominciato a diventare rilevante anche nell’ambito del B2B (Business-to-Business). L’assunto di base è: nelle nostre interazioni quotidiani nella veste di clienti ci siamo abituati a standard elevati di servizio e personalizzazione, e ora ci aspettiamo lo stesso livello di attenzione anche nelle relazioni di business.
L’argomento ora assume un’ulteriore sfaccettatura se si pensa a tutte quelle realtà che non vendono direttamente al cliente finale ma attraverso reti indirette di vendite, agenzie e intermediari di varia natura. Ecco che il B2B2C (Business-to-Business-to-Custumer) sta ragionando con molta profondità sul tema della customer centricity e la customer experience. Non è un caso che al recente evento CXO, organizzato da IKN e di cui CMI Magazine è partner, molte delle relazioni facevano riferimento proprio a questo modello.
Intermediare o no
Pensate ai marchi di elettrodomestici: la maggior parte delle vendite avviene su canali indiretti come negozi specializzati, ecommerce o, addirittura, rivenditori di altri prodotti, come le cucine. Qui si instaurano due tipologie di relazione cliente-fornitore: una tra azienda produttrice e rivenditore, e una tra rivenditore e cliente finale.
Ma può accadere che ci sia un’interazione diretta anche tra produttore e cliente finale: pensate all’assistenza in caso di guasto. In queste situazioni, il cliente associa l’esperienza con il marchio produttore, difficilmente con il rivenditore o il centro di assistenza. D’altro canto, se un produttore sceglie di vendere direttamente sia con negozi fisici sia on line, dovrà sviluppare una strategia commerciale che mantenga buone relazioni B2B, poiché queste costituiscono una parte significativa dei guadagni.
Ci sono anche settori che non possono interloquire direttamente con il cliente finale. Il farmaceutico sopratutti. Qui la relazione diretta con il paziente non è consentita (per i farmaci che richiedono prescrizione, ma anche per quelli da banco, ci sono specifiche norme da rispettare) o è comunque complessa, si pensi a tutto il mondo degli integratori. La relazione in questo caso è nelle mani dell’informatore scientifico che funge da punto di contatto tra l’azienda produttrice e il medico o il farmacista, che a loro volta interagiscono con il paziente.
Altri settori, come quello assicurativo e dei viaggi, utilizzano un modello misto tra vendita diretta (per lo più online) e tramite agenzie o intermediari. In questi casi, la conoscenza del cliente è fondamentale. Come raccogliere e centralizzare le informazioni producendo valore anche per gli intermediari?
Mettere alla prova customer journey e strategie di customer experience in relazioni così complesse non è per nulla semplice, così come personalizzare le interazioni. Ma le esperienze in atto ci raccontano che è possibile utilizzando le tecnologie a disposizione, pensando ad un unicum tra fisico e digitale e puntando sulla creazione di valore per tutti gli attori.
Qualche esempio da imitare
Nello spazio di questo editoriale, ci limitiamo a citare alcuni casi ascoltati recentemente fissando alcuni aspetti che li caratterizzano.
Nell’ambito del farmaceutico, Astrazeneca e Chiesi sono degli esempi interessanti. Astrazeneca utilizza dati e intelligenza artificiale per fornire agli informatori scientifici informazioni in tempo reale, permettendo loro di rispondere alle domande dei medici e raccogliere feedback sui farmaci. Poter accedere a contenuti rilevanti e verificati permette agli informatori di veicolare il messaggio giusto al momento giusto. Chiesi, nel settore degli integratori, ha sviluppato una strategia di comunicazione e supporto per i farmacisti, rendendoli punti di riferimento per i clienti che chiedono loro consigli. Nello stesso tempo raccolgono le domande frequenti poste dai clienti per migliorare continuamente la knowledge base aziendale e comprendere ancora meglio le esigenze del mercato.
Per quanto riguarda le assicurazioni, Axa è partita da una ricerca di Forrester, che abbiamo già avuto modo di citare, dalla quale è emerso che il cliente più soddisfatto è quello che interagisce con la compagnia in modo phygital, combinando la relazione con l’agente e i servizi digitali. In questa direzione la compagnia ha creato strumenti per la comunicazione ibrida, prestando particolare attenzione alle diverse dinamiche relazionali. In questo modo si preserva il ruolo dell’agente e si supporta il cliente con strumenti digitali che rendono rapida la comunicazione quando la situazione lo richiede.
Il modo dei tour operator, come Alpitour, è fatto di relazione e di esperienza e sempre di più si cerca di ampliare il perimetro facendo vivere l’esperienza della vacanza e del viaggio sin dai primi approcci. Il CRM progettato da Alpitour è un esempio felice di uno strumento che, grazie alle raccolta centralizzata delle informazioni sui clienti, consente alle agenzie di personalizzare le offerte e all’azienda di segmentare la base clienti per definire strategie di loyalty mirate. In un’ottica simile Bluvacanze sta rivisitando il customer journey focalizzandosi sulle relazioni e sulla semplicità operativa.
In tema di customer journey, è interessante anche il caso Luxottica che, in un momento di picco come le festività natalizie, ha sperimentato un customer journey che ha permesso all’azienda di soddisfare la necessità di trovare un regalo dell’ultimo minuto, al cliente di scegliere nel momento più opportuno per lui il regalo da ritirare in negozio e al punto fisico di creare upsell grazie alla promozione prevista per un secondo acquisto.
Gli ingredienti indispensabili
Il modello B2b2c che si sta affacciando richiede due ingredienti indispensabili.
Il primo è una forte maturità digitale, essenziale per offrire un’esperienza cliente senza frizioni ma anche per rendere semplice la raccolta e lo scambio dei dati, su cui si basano tutte le interazioni tra i diversi attori della relazione. Non si tratta solo di tecnologie adottate ma di una predisposizione a rivedere i processi in ottica digitale.
Il secondo ingrediente è di natura squisitamente culturale e riguarda la qualità delle relazioni tra azienda e rete di vendita o intermediari. Modelli competitivi o corporativistici non funzionano in questo caso, nel caso occorre abbandonarli per abbracciare quelli più funzionali al nuovo modello che richiede collaborazione e capacità di condivisione di dati e informazioni. Solo attraverso una stretta collaborazione e una visione comune è possibile crescere e farsi scegliere dai clienti.
Le aziende che riescono a navigare queste complessità e a implementare strategie efficaci possono ottenere un vantaggio competitivo significativo, costruendo relazioni solide e durature sia con i partner commerciali sia con i consumatori finali.
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