Si fa presto a dire customer experience

Progettare la CX 1/3

Quando si utilizza un termine che assume  significati e sfumature diverse, si rischia di dare per scontato che tutti capiscano cosa si sta intendendo.

Questo accade spesso parlando di customer experience, termine che, da quando è entrato nel lessico dei marketing manager per poi ramificarsi in altre aree aziendali, ha assunto valenze differenti.

La parola “esperienza” rischia di attirare l’attenzione solo su ciò che avviene in un determinato momento e luogo, allontanando l’interesse di coloro che in azienda svolgono ruoli lontani dal contatto diretto con il cliente. Inoltre, la creazione di figure specifiche ha comportato il rischio di pensare che le altre aree non dovessero occuparsi della customer experience.

Se però proviamo a focalizzare l’attenzione sulle interazioni tra cliente e azienda, prodotto o servizio, su qualsiasi canale e in qualsiasi contesto, ecco che gestire la customer experience si può definire come l’insieme di tutte le attività che un’azienda mette in campo per ottimizzare queste interazioni tra cliente e azienda. L’obiettivo è la comprensione dei bisogni e delle preferenze dei clienti, la creazione di interventi cross-funzionali basati su tale comprensione, e la formazione di una cultura aziendale incentrata sulla soddisfazione, la fedeltà e l’advocacy dei clienti. In questo senso è uno dei pilastri di ogni strategia customer centrica.

Comprendere il cliente

Proviamo a seguire una storia che ci accompagna nelle tre fasi che contraddistinguono il customer experience management: design, delivery, development.  

Maria oggi è la proprietaria di una catena di ristoranti e ha imparato che comprendere i suoi clienti è essenziale. Il segreto della fedeltà della sua clientela sta proprio qui: Maria offre un‘esperienza che va oltre il semplice cibo perché conosce le esigenze, preferenze e comportamenti di ciascuno di loro. Non è sempre stato così, il primo ristorante dal quale è partita tutta l’attività ha passato un momento di crisi di cui Maria non riusciva proprio a capirne la ragione. Le materie prime erano scelte con cura, nella zona non avevano aperto nessun locale nuovo, i prezzi non erano stati toccati. Maria ha cominciato a scoprire i motivi parlando con uno dei clienti abituali, una frase in modo particolare ha lasciato il segno:  “Maria, il tuo cibo è delizioso, ma la tua musica è troppo alta. È difficile conversare con i miei amici quando dobbiamo urlare sopra la musica”. Prima di quel momento Maria non aveva mai pensato al volume della musica. Dopo aver ringraziato il suo cliente per il feedback, immediatamente ha abbassato il volume. Nei giorni successivi i gruppi di amici sono tornati al ristorante e hanno vissuto un’esperienza molto più piacevole.

Da quel giorno, Maria non ha smesso di parlare con i suoi clienti e chiedere il loro feedback. È in questo modo che ha scoperto che alcuni preferiscono un’atmosfera più tranquilla, mentre altri apprezzano i momenti vivaci. Che alcuni clienti preferiscono certi tipi di cucina e che altri sono disposti a pagare di più per ingredienti di alta qualità. Conoscendo le esigenze, le preferenze e i comportamenti dei suoi clienti, Maria è stata in grado di adottare la loro mentalità nel suo processo decisionale. Ha modificato il menu, regolato la luce e la musica e cambiato il design del ristorante per soddisfare meglio i gusti dei suoi clienti. Così il ristorante di Maria è diventato popolare e i clienti hanno apprezzato il suo sforzo nel fornire un’esperienza personalizzata premiandola con il loro ritorno e con passaparola.

Questa semplice storia insegna qualcosa di utile per progettare esperienze e interazioni che tengano conto delle diverse esigenze e che si svolgano in modo piacevole e stimolante. Per farlo occorre conoscere bisogni, preferenze e comportamenti, perché fino a quando ci si rivolge a un cliente ipotetico, è molto difficile riuscire a comprendere che tipo di esperienza e di relazione può soddisfarlo.

Essere customer centric

Il ristorante di Maria ha avuto così successo che l’attività si è ingrandita rapidamente. Ora ci sono più cuochi e camerieri che vi lavorano. All’inizio Maria pensava fosse semplice mantenere lo stesso grado di attenzione e personalizzazione, ma ben presto si è dovuta rendere conto che ciò che lei aveva imparato dai feedback dei clienti non era così scontato per tutti gli altri. Così ha deciso di intervenire riunendo tutti i collaboratori per capire insieme come mettere a fattor comune ciò che ognuno apprende dalla relazione con i clienti. Maria è riuscita a far comprendere che il suo successo deriva dall’aver messo la comprensione delle necessità dei clienti al primo posto. Non è stato semplice ma piano piano tutti hanno capito come ascoltare e valorizzare ogni cliente. Un aiuto in questa direzione è arrivato da una recensione che è rimasta impressa a tutti. “Abbiamo scelto questo locale per festeggiare una ricorrenza familiare.  Siamo stati ascoltati e seguiti in ogni dettaglio, anche il più trascurabile tanto che la cena rimarrà indelebile nei nostri ricordi”. Quei clienti condividendo la loro soddisfazione hanno generato un passaparola formidabile e soprattutto motivato tutti i dipendenti a restare in continua connessione con i clienti. 

Da questi sviluppi possiamo apprendere che dopo la fase di progettazione, occorre coinvolgere tutte le persone dell’azienda nella realizzazione della relazione e dell’esperienza così come è stata progettata. Quando la customer experience resta confinata in una funzione o in un’area aziendale difficilmente si potranno raggiungere obiettivi soddisfacenti, perché anche chi in apparenza non ha un contatto diretto con il cliente in realtà può avere un impatto decisivo su tutta la relazione e l’esperienza. 

Monitorare e misurare

Il ristorante di Maria è diventata una catena di tanti locali distribuiti in tutta Italia. Come fare a garantire la stessa qualità della relazione dell’esperienza e trovare modi per migliorarla? La strategia adottata da Maria è incentrata sul monitoraggio e la misurazione regolare della soddisfazione del cliente e della qualità dell’esperienza.  Ha iniziato a raccogliere feedback dai suoi clienti in modo strutturato attraverso sondaggi e interviste dirette, ad analizzare in modo sistematico le recensioni e i commenti. In questo modo sono emerse le aree che richiedevano un miglioramento e le differenze tra i diversi locali. Monitorando e misurando è aumentata la capacità di identificare tendenze e modelli nel comportamento dei clienti e di adattare le strategie di conseguenza. Tutto il team ha imparato che monitorare e misurare l’esperienza del cliente permette di creare una relazione di fiducia e stabile con i loro clienti.

Siamo arrivati alla fine della nostra storia esemplare: trascurare la fase di misurazione di processi e risultati rischia di rendere vane tutte le iniziative messe in campo per progettare e gestire l’interazione con il cliente in ogni momento di contatto. Le tecnologie per farlo non mancano e quando sono accompagnate da una governance chiara e strutturata di strategie e operatività, che possa contare anche sull’appoggio e l’impegno di tutta l’azienda, diventano un vero strumento per rendere l’interazione e l’esperienza personalizzata, proattiva e coerente.

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