Conversational analysis per cogliere tutte le sfumature del customer journey

Secondo uno studio pubblicato da Gartner nel 2021, i prossimi dieci anni saranno un periodo di trasformazione per il customer service

I professionisti prevedono infatti un passaggio netto dalla semplice gestione di richieste e problemi all’utilizzo sistematico e strategico dei customer data per fornire un’assistenza di alta qualità, in grado non solo di risolvere i problemi con rapidità ed efficienza, ma anche di migliorare l’esperienza end-to-end di ciascun cliente.

Raggiungere questo obiettivo implica poter contare su una solida capacità di raccogliere e analizzare i dati provenienti dalle fonti più disparate, di trasformarli in una guida per la crescita, di eliminare progressivamente tutte le lacune informative e di operare una reale democratizzazione dell’accesso ai dati all’interno delle organizzazioni.

Per avere un’idea di quale sia lo stato attuale, ad oggi si calcola che il 56% dei marketers non sia ancora in grado di conoscere i contenuti e gli esiti delle chiamate che hanno luogo nel contact center aziendale. 

Se si considerano proprio tutte le interazioni che ogni giorno animano i contact center, ci si accorge facilmente che attraverso la loro analisi le aziende possono cogliere una miriade di sfumature relative a ciò che i clienti realmente pensano e provano nei confronti dell’azienda, alle motivazioni profonde che guidano le loro azioni, agli obiettivi in vista dei quali effettuano o meno un acquisto, alle leve emotive che fanno maggiormente presa su di loro. 

Si tratta di dettagli che spesso sfuggono agli strumenti di business intelligence e alle survey tradizionali, ma che al contrario costituiscono il terreno d’elezione su cui opera un altro strumento a disposizione delle aziende: la conversational analysis.

Conversational analysis: di cosa si tratta

La conversational analysis – o conversational intelligence – è una soluzione tecnologica che abilita l’estrazione di dati dalle conversazioni via testo e voce che avvengono tra i clienti e gli operatori di contact center (o tra clienti e chatbot), sfruttando le funzionalità di intelligenza artificiale, machine learning e natural language processing (NLP).

Più nello specifico, le conversazioni vengono sottoposte a text analysis, speech analysis, voice analysis (per esaminare come il cliente comunica, analizzando per esempio il tono e il ritmo della conversazione) e sentiment analysis (utile sia per l’analisi del parlato che dello scritto, in grado di rilevare parole chiave e monitorare l’andamento della conversazione, individuando segnali come un crescendo di termini negativi).

Ai dati estratti dalle diverse conversazioni vengono poi applicati ulteriori algoritmi che li connettono tra loro, individuano pattern, evidenziano trend, identificano anomalie e permettono anche di elaborare insight accurati sulle intenzioni e sul sentiment di ciascun cliente.

Che cosa si può fare con la conversational analysis

Tra le attività che le aziende più di frequente svolgono con l’ausilio delle soluzioni di conversational analysis troviamo:

  • il monitoraggio della compliance nelle attività di contact center, grazie all’analisi delle interazioni basata su un set di regole preconfigurabile dall’azienda;
  • l’identificazione, la gestione e l’eliminazione (anche proattive) dei customer pain points;
  • la valutazione e la qualifica dei lead, grazie alle quali si razionalizzano gli sforzi aziendali volti alla conquista di nuovi clienti, indirizzandoli verso i profili a maggior valore e probabilità di conversione, individuati grazie a un esame accurato dell’intent manifestato durante le interazioni;
  • il miglioramento continuo di prodotti e servizi a partire da commenti e suggerimenti impliciti che si possono raccogliere direttamente dalle conversazioni di contact center, senza dover richiedere al cliente l’impegno aggiuntivo della compilazione di una survey (strumento che, per giunta, potrebbe inibire o non contemplare affatto la condivisione di determinati giudizi e opinioni sull’azienda, i suoi prodotti e i suoi servizi);
  • la personalizzazione della customer experience, grazie all’analisi dei first-party data eseguita in tempo reale, che offre insight immediatamente azionabili in base ai quali orientare l’interazione in corso e tutte quelle che seguiranno.

In generale, analizzando in modo sistematico le conversazioni con i clienti, le aziende possono elaborare un quadro chiaro e onnicomprensivo del customer journey e del contesto in cui si sviluppa, alimentare le loro capacità predittive, prendere decisioni di business informate e data-driven, aumentare la soddisfazione, l’engagement, la loyalty e la retention dei clienti, riducendo al contempo i costi di processo e di correzione degli errori legati a una gestione manuale delle attività di analisi.

La condivisione dei dati ottenuti mediante l’analisi delle conversazioni con il CRM e tutte le altre soluzioni utilizzate in azienda per gestire l’esperienza e il percorso del cliente amplia ulteriormente la portata dei benefici connessi all’adozione di questa soluzione, contribuendo all’aumento di conversioni e ricavi, all’empowerment delle persone in azienda e allo sviluppo dei processi di automazione attraverso dati di qualità.

Come si possono utilizzare i conversational insights per ottenere un vantaggio competitivo?

Gli assistenti virtuali rispondono alle richieste dei clienti e contribuiscono alla generazione e raccolta dei conversational analytics. 

A questo si aggiunge la possibilità di generare una profilazione psicometrica in tempo reale sulla base dei conversational insights e poter allineare la conversazione alla stessa lunghezza d’onda dell’interlocutore.

Come è possibile farlo?

Paolo Massarani, Chief Commercial Officer di Athics  spiega:

“La piattaforma Crafter.ai integra una tecnologia unica al mondo, nata da uno spin-off di ricercatori di psicologia applicata all’intelligenza artificiale del MIT e della Fondazione Bruno Kessler (l’ente di ricerca della Provincia autonoma di Trento che opera nel campo scientifico tecnologico e delle scienze umane), che permette di condurre un’analisi funzionale dei dati conversazionali.

Questa analisi è molto più actionable, efficace e veloce rispetto all’analisi semantica tipica, ad esempio, della sentiment analysis o dell’analisi delle emozioni, del tono di voce, della frequenza o del ritmo della parlata.

Questo significa che entro pochi scambi conversazionali siamo in grado di identificare più di 40 tratti psicologici che afferiscono a svariati ambiti: attitudinali (la propensione all’innovazione, o ancora la propensione al churn), di acquisto (compulsività, impulsività, profili alto spendenti o basso spendenti), motivazionali (appartenenza, egocentrismo, status sociale), relazionali (l’essere ansiosi, essere aperti a nuove relazioni),  cognitivi (emotività, capacità decisionale), etc.

Gli ambiti di applicazione sono davvero svariati: 

  • nel customer care, la profilazione della customer-base (o dei prospect) consente di restituire le risposte più efficaci possibili rispetto all’obiettivo, dal punto di vista di percezione e di “empatia” e adeguatezza dello stile conversazionale;
  • in ambito retail è possibile ottenere indicazioni funzionali a eventuali azioni di upselling con nel linguaggio più adeguato rispetto al cliente che si ha di fronte;
  • nel digital marketing, ad esempio, è possibile applicare la profilazione psicometrica a tutti i prospect che mettono like ad uno specifico post.

In conclusione attraverso l’analisi psicometrica in tempo reale è possibile adattare il nostro comportamento per rapportarci con i clienti nel modo migliore possibile, guadagnando un discreto vantaggio competitivo”.

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