Resolution journey: guidare il cliente verso la migliore soluzione

Perché, quando si parla di canali di contatto, la maggior parte delle aziende si focalizza su quanti e quali canali occorre offrire al cliente e sulle soluzioni tecnologiche da adottare per gestirli in modo integrato? Spesso, appena si affaccia un nuovo canale, ci si precipita a verificare come implementarlo, nell’ansia di essere aggiornati e di offrire tanti più canali di accesso possibile.

Gartner ha osservato, nel suo studio sui trend del customer service per il 2022, che la strategia di canale si basa su due presupposti: che i clienti quando hanno un problema si rivolgano istintivamente all’assistenza e che i canali dell’azienda offrano il percorso più affidabile e più semplice per la risoluzione. Nella realtà non è così. Il cliente medio nel suo percorso di assistenza visita 2,1 canali non gestiti direttamente dall’azienda (motori di ricerca, siti di recensione, social network etc) e 1,7 canali di proprietà dell’azienda. La maggior parte delle volte i clienti cercano la risposta alle loro domande interrogando un motore di ricerca e solo dopo un percorso spesso contorto arrivano a un canale gestito dall’azienda, che può rivelarsi non adatto al loro problema costringendo a una nuova ricerca prima di riuscire a trovare una soluzione. 

L’approccio customer-centric, come viene descritto dalle maggiori società di ricerca, comporta l’abbandono del focus sui canali per concentrarsi sulla soluzione più adatta per il cliente in ogni touchpoint che incontra nel percorso, mai lineare, di relazione con il marchio. Ogni canale non è in competizione con gli altri, ma svolge un compito specifico a seconda del bisogno del cliente.

Gartner sottolinea che il cliente non sta semplicemente cercando di risolvere il problema, ma sta compiendo “lavori” differenti, che sono sinteticamente: 

  • risolvere un problema in autonomia, 
  • ricevere una conferma, 
  • contattare una persona per un problema complesso, 
  • chiedere consiglio, raccogliere informazioni,
  • sfogarsi.

Se si applica questa classificazione, si può capire quale canale sceglierà il cliente e perché lo sceglierà.  Con queste informazioni, l’azienda definisce una strategia che crea esperienze positive, rispettando gli obiettivi di efficienza. Nel corso di questa analisi occorre prendere in considerazione anche l’effetto dei canali non governati direttamente dall’azienda sull’esperienza del cliente, perché spesso sono il primo passo verso la risoluzione.

Una guida virtuale

I clienti scelgono spesso un canale che non soddisfa il loro bisogno quindi compiono uno sforzo maggiore per individuare la strada corretta, che si traduce in una pessima esperienza utente. Quando si conosce la motivazione del cliente ogni canale viene ottimizzato per il lavoro di risoluzione più appropriato. Invece di lasciare ai clienti la scelta del canale per risolvere il proprio problema, è meglio indirizzare i clienti sul canale ottimizzato per il loro specifico “resolution job” impiegando, per esempio,  i virtual agent che, oltre a dare risposte istantanee in un’ottica self-service, sono in grado di guidare il resolution journey del cliente instradando le richieste al canale più adatto. 

“L’aumento delle interazioni sui canali digitali e l’implementazione di strategie multi-canale sovraccarica le organizzazioni con volumi di dati da gestire” afferma Paolo Massarani, Chief Commercial Officer di Athics. “La conversational AI è la tecnologia che permette di gestire le conversazioni tra persone e organizzazioni in maniera intelligente, e l’assistente virtuale è in grado di riconoscere il bisogno dell’utente e di direzionarlo verso il canale più appropriato. Gli assistenti virtuali di CRAFTER.AI, inoltre, grazie alla capacità di profilazione psicometrica, adattano il proprio linguaggio e comportamento al profilo dell’interlocutore contribuendo in maniera sostanziale ad un’esperienza piacevole dell’utente e alla risoluzione del problema”.

I virtual agent, che sono progettati per avviare una conversazione con il cliente, possono comprendere la richiesta e portare il cliente esattamente dove può trovare la risposta, convogliando verso gli operatori, al telefono o in chat, solo quelle richieste che sono più urgenti o problematiche. Tutto questo senza che il cliente debba compiere ulteriori azioni.

Il vantaggio in termini di esperienza è dato dalla riduzione del disorientamento che si rischia di creare nel cliente in mancanza di una guida chiara, con effetti sulla fidelizzazione dovuti alla sensazione che si prova  trovando facilmente quello che si cerca. 

In termini di efficienza, e di miglior utilizzo delle risorse, i virtual agent risolvono tutte quelle richieste a cui è possibile rispondere in modalità self service, lasciando agli operatori le casistiche più complesse. 

Secondo uno studio IBM, l’interazione in tempo reale attraverso tecnologie di Conversational AI aumenta il customer engagement del 50%, riduce i costi operativi del 30% e incrementa le vendite del 67%.

Dal punto di vista del cliente, i benefici consistono in un minore sforzo nella ricerca della soluzione, risposte più rapide e riduzione dei tempi di attesa. Tutti elementi che costituiscono la discriminante per considerare positiva un’interazione con i servizi di assistenza.

“L’adozione di un assistente virtuale, oltre a consentire al cliente di risolvere un problema 24/7 in self-service, alleggerisce il carico di chiamate e richieste “live” e permette all’operatore di focalizzarsi sulle problematiche più complicate e di maggior valore per l’utente” conclude Massarani. “Il contatto diretto è una risorsa preziosa, l’integrazione della funzionalità di handover della piattaforma CRAFTER.AI consente di trasferire la conversazione all’operatore in qualsiasi momento, a vantaggio del “resolution job” e della soddisfazione del cliente”.

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