Il customer callback come soluzione per le code virtuali

Quando un cliente decide di contattare via telefono il customer service di un’azienda, tra le incognite più preoccupanti e potenzialmente lesive dell’esperienza di supporto ci sono i tempi d’attesa in linea, prima che un operatore di contact center prenda in carico la chiamata.

Secondo un’indagine condotta dalla Harvard Business Review, i clienti passano in media 13 ore all’anno in attesa di un operatore, che per le aziende si traducono in circa 38 miliardi di dollari di mancati incassi.

I clienti non vogliono più attendere in linea

Far attendere un cliente che ha deciso di contattare l’azienda via telefono è un’eventualità particolarmente rischiosa poiché, con buona probabilità, il cliente in questione è approdato al canale telefonico dopo non avere ottenuto risposta a una segnalazione inoltrata via e-mail, oppure perché non è riuscito a risolvere il problema in autonomia, o ancora perché percepisce l’oggetto della sua richiesta come particolarmente delicato, complesso o spinoso al punto da necessitare la rassicurazione ulteriore di un contatto tradizionale e personale via voce.

Tutti scenari, questi, in cui lo stato d’animo del cliente non ha certo bisogno di essere ulteriormente aggravato da un’attesa al telefono di durata imprecisata.

Anche in assenza delle condizioni delineate qui sopra, il 57% dei clienti identifica i lunghi tempi d’attesa prima di poter parlare con un operatore di contact center come la principale fonte di frustrazione nell’esperienza di supporto.

I clienti sempre più votati all’autonomia e desiderosi di sentirsi padroni e protagonisti di ogni interazione con l’azienda, quindi, tollerano malvolentieri quello che ai loro occhi è un disservizio senza appello. 

Sempre secondo i dati raccolti dalla Harvard Business Review, un terzo dei consumatori non è più disposto ad attendere in linea, il 30% dei clienti che interrompono una chiamata a causa dell’attesa troppo lunga (ovvero che dura tra i 5 e i 13 minuti) non richiama più l’azienda, mentre il 66% dei clienti esasperati dagli eccessivi tempi d’attesa valuta seriamente l’ipotesi di abbandonare l’azienda in questione e passare a un competitor.

È chiaro che i rischi per le aziende che non riescono ad arginare questo problema esistono, e non riguardano solo l’insoddisfazione dei clienti, l’aumento del churn rate e il danno reputazionale connesso al passaparola negativo.

Avere molti clienti che attendono in linea, infatti, fa aumentare i costi complessivi sostenuti dall’azienda e rende più difficoltoso il lavoro degli operatori, sovraccaricandoli di stress e aumentando il rischio di errori e chiamate non risolutive proprio a causa della mole eccessiva di interazioni da gestire in tempi inadeguati a fornire il supporto personalizzato ed efficiente che ogni cliente si aspetta.

Il customer callback

Per mettere al riparo clienti e personale di contact center da tutti gli aspetti negativi connessi alla cattiva gestione delle code telefoniche, le aziende possono affidarsi allo strumento del customer callback, noto anche come virtual queue o virtual hold.

Il callback ha debuttato sul mercato all’inizio degli anni Novanta, permettendo ai clienti – in modo via via più efficiente e avanzato – di evitare le lunghe attese in linea segnalando alle aziende (tipicamente tramite IVR) il desiderio di essere richiamati da un operatore non appena possibile.

A questa funzionalità standard, che segue la logica del “first in, first out – ovvero che richiama i clienti entro e non oltre il medesimo lasso di tempo che avrebbero trascorso in attesa al telefono, rispettando l’ordine in cui sono pervenute le richieste di contatto – si è aggiunta nel tempo anche quella che permette di schedulare il recall in un preciso giorno e orario, a seconda delle preferenze del cliente e delle disponibilità del contact center.

Oggi la funzionalità di callback – in accordo con la generale evoluzione delle modalità di interazione e contatto tra aziende e clienti – è diventata omnicanale, e può essere inserita in ogni flusso di conversazione (via web app, chatbot, SMS, social media, etc.).

Il callback migliora la qualità e la personalizzazione del contatto telefonico

Come è facile intuire, il customer callback garantisce importanti benefici sia ai clienti che alle aziende. 

Per quanto riguarda i primi, l’opzione di callback elimina sul nascere ogni rischio di estenuante attesa telefonica, facendo percepire il tempo che separa il cliente dal dialogo con l’operatore come meno problematico o addirittura nullo, dal momento che è possibile fare altro mentre si attende il recall dell’azienda – a tal proposito, il 50% dei clienti che usufruiscono del callback arriva a considerare accettabile anche un’attesa di 20 minuti.

In generale, con questa funzionalità l’esperienza di contatto viene percepita come più positiva e non gravata da sensazioni di frustrazione che spesso danneggiano l’interazione vera e propria – non di rado, quando il cliente finalmente riesce a parlare con un rappresentante dell’azienda dà sfogo innanzitutto a lamentele e rimostranze, a scapito di un’esposizione chiara e accurata del problema.

Il customer callback riesce inoltre a innalzare i livelli di soddisfazione del cliente facendogli percepire chiaramente – tra le altre cose – l’impegno dell’azienda nel valorizzare il suo tempo evitando il più possibile che si frappongano ostacoli sul percorso della sua piena soddisfazione e permettendogli di esercitare il proprio controllo sull’esperienza di supporto, con la possibilità di programmare il recall nel momento e dal canale che gli risulta più comodo e funzionale.

Ma, come abbiamo anticipato, il callback è una funzionalità win-win che avvantaggia anche l’azienda, ottimizzando l’operatività e i risultati conseguiti dal contact center.

Il customer callback abilita infatti una gestione più efficiente del contatto con i clienti e dei picchi di traffico, aumenta la produttività degli agenti efficientando la pianificazione e la gestione dei carichi di lavoro (anche in real-time) e permette di organizzare le code di chiamata in modo da accogliere il maggior numero possibile di richieste di assistenza, facendo registrare miglioramenti significativi nei livelli di servizio, nelle metriche CSAT e NPS, nel customer lifetime value e nel conversion rate.

Quando la funzione di callback è pienamente integrata all’interno di una piattaforma di contact center omnicanale ed è in grado di dialogare con strumenti come CRM, CTI, workforce management e skill-based routing, contribuisce inoltre alla creazione di un’esperienza di supporto altamente personalizzata.

Nel momento in cui viene schedulato il callback, infatti, possono essere richieste al cliente delle informazioni preliminari per inquadrare meglio il contesto e la natura della richiesta di supporto, da integrare con lo storico dei dati già in possesso dell’azienda per plasmare il recall su misura del singolo cliente, dei suoi bisogni e delle sue aspettative.

Le informazioni possono anche essere sfruttate per mettere in contatto il cliente con l’operatore con cui ha più familiarità, per esempio, o con quello che ha le competenze più adeguate per risolvere la questione, facendo sentire il cliente riconosciuto e pienamente supportato, semplificando e velocizzando le interazioni, aumentando le probabilità di risoluzione al primo contatto – a tutto vantaggio della sua soddisfazione e fedeltà.

«Il customer callback permette al cliente di vivere un’esperienza di contatto con l’azienda da protagonista, lasciandogli il pieno controllo sui tempi di interazione senza costringerlo a sottostare ai ritmi dell’azienda – la mossa migliore al momento per guadagnarsi la preferenza e la fedeltà dei consumatori» sottolinea Marco Lunghini Ceo e co-founder di Ellysse. «Per questo siamo convinti che la funzionalità di callback – già preferita dal 60% dei clienti rispetto all’attesa in linea – sia destinata a fare la differenza agli occhi dei clienti quando si tratta di valutare la qualità e i livelli di customer centricity raggiunti dal servizio clienti, costituendo un discrimine importante nei processi di fidelizzazione, brand engagement e passaparola positivo».

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