E-commerce progettati per un’esperienza intelligente

La competizione sul web tra gli e-commerce è molto agguerrita, molto di più che tra i negozi fisici che sono limitati dalla loro dimensione territoriale.

In rete ogni negozio è alla stessa distanza dall’altro, quella di un clic. I clienti sono continuamente sollecitati da offerte allettanti e fidelizzarli non è affatto scontato.

L’attività del marketing di un e-commerce è dunque tutta tesa a creare interesse, ad attirare i clienti sul sito e mantenere alto il numero di visite. Si moltiplicano così le campagne social, gli invii di email, gli annunci on-line con l’obiettivo di intercettare più clienti possibile. Ma sommergere di informazioni i consumatori non è la strategia più efficace, anzi rischia di produrre l’effetto inverso: il cliente infastidito da messaggi irrilevanti cercherà di evitarli in tutti i modi.

Le armi a sua disposizione per sfuggire all’infobesity sono tante, dalla cancellazione dalle newsletter alla disattivazione degli annunci per uno specifico marchio. 

L’inefficacia delle campagne trova origine nei profili incompleti  e nelle segmentazioni grossolane che derivano dalla dispersione dei dati sui clienti in silos differenti. In queste condizioni gli investimenti marketing non sono mirati e le persone lavorano in modo separato generando esperienze incoerenti. Il cliente può ricevere un messaggio per email e poi visualizzare sui social un’informazione contrastante perché team diversi creano campagne per lo stesso target e la frammentazione delle comunicazioni facilmente crea messaggi poco pertinenti.

L’inefficienza indebolisce la capacità di raggiungere i propri clienti con messaggi personalizzati ad alta probabilità di conversione e fidelizzazione.

La personalizzazione è davvero possibile?

Il tema della personalizzazione è certamente sul tavolo dei responsabili marketing, tanto è vero che l’84% di loro, secondo una ricerca di Econsultancy, la ritiene molto importante per la crescita insieme all’identificazione degli utenti e alla misurazione dell’impatto, ma nella stessa ricerca  solo il 14% ammette di avere la possibilità di farlo.

Le difficoltà principali che i manager incontrano sono dovute alla dispersione dei dati in più silos e alla mancanza di conoscenze sufficienti per utilizzare le classiche applicazioni di business intelligence.Entrambe superabili con gli strumenti analitici di nuova generazione che, come le funzionalità di aggregazione dei dati in modalità drag & drop e di visualizzazione, rendono le informazioni accessibili anche alle persone che non hanno competenze in data science.

I dati possono essere aggregati in funzione dell’obiettivo dell’analisi: confrontare segmenti, valutare le performance, creare esperienze utili e apprezzate dai clienti. Se in azienda tutti lavorano condividendo i dati provenienti da tutti i canali e in tutti i touchpoint allora le informazioni che se ne ricavano diventano il supporto per relazioni personalizzate e coerenti. Lo stesso cliente sarà disposto a cedere una parte della sua privacy in cambio di un’esperienza su misura su web, desiderata secondo McKinsey da ben l’80% dei consumatori.

Questo paradosso che si crea tra privacy e personalizzazione richiede una grande capacità di utilizzare i dati con delicatezza per non tradire la fiducia dei clienti e restituire loro esperienze di valore.

Creare messaggi pertinenti e personalizzati facilita la creazione di una relazione di lunga durata. Un risultato di grande rilevanza se si pensa che la fidelizzazione ha un effetto significativo sui fatturati: secondo una ricerca condotta da Econsultancy nel 2019, un aumento dei tassi di fidelizzazione del 5% si traduce in una crescita dei profitti del 25-95%.

Customer intelligence in tempo reale

Davanti all’eterogeneità e all’immane quantità dei dati ci si può spaventare e pensare che decifrarli e ottenere informazioni significative  sia un compito davvero complesso. In realtà con gli strumenti giusti, è possibile far “parlare i dati”. Partendo da una visione unificata delle informazioni sul cliente, si scoprono i clienti a più alto potenziale, si segmenta il data base in audience mirate e si creano messaggi specifici in grado di coinvolgere i clienti perché trovano ciò che davvero li interessa. 

Si crea una vera e propria customer intelligence che estrae da tutti i dati proprietari tutto ciò che è utile sapere sui clienti, i loro comportamenti, le loro preferenze per comprendere i motivi delle loro scelte e quali sono le leve più adatte da utilizzare per incuriosirli, attirarli e fidelizzare. Con un patrimonio di questa portata anche il mondo senza cookie non spaventa più, anzi si superano anche le difficoltà legate alle limitazioni nell’uso dei dati di terze parti. 

I dati di terze parti, infatti, in qualche modo contribuiscono a creare l’immagine frammentata dei customer journey perché i cookie riconoscono il device e non il cliente. È proprio da questo limite che nascono le esperienze fastidiose dei messaggi inerenti ad acquisti appena fatti. 

I clienti ormai utilizzano fino a 10 device e solo utilizzando uno strumento capace di aggregare tutti i dati provenienti da ognuno di loro e di elaborarli in tempo reale  mette in grado di leggere il comportamento di ciascun cliente e cogliere il momento giusto per entrare in relazione.

La visione approfondita dei clienti che si acquisisce con la customer intelligence consente di rivolgersi a segmenti di valore elevato, coinvolgere i destinatari e indirizzare l’azione dei clienti. Inoltre, interpretare correttamente i dati fa superare le decisioni basate sulle percezioni, che spesso sono ingannevoli, e conduce azioni in sintonia con i comportamenti e i pensieri reali delle persone. Per esempio, una ricerca di Adobe e Advanis ha fatto emergere che i consumatori scoprono i prodotti prevalentemente con il passaparola, i negozi e il sito web, ma le strategie marketing sono incentrate su Youtube, social media e streaming.  

Il contesto fiorente

Quando i team IT, marketing online e offline, sviluppo prodotti, merchandising e assistenza clienti collaborano per mettere a fuoco una visione completa del cliente si crea un contesto che facilita le soluzioni creative per l’uso dei dati finalizzato ad azioni mirate ed efficaci. Adobe chiama questa realtà il contesto fiorente, coltivarlo porta con sé molti vantaggi: si comprendono in modo approfondito i desideri, le esigenze e le motivazioni dei clienti; si definiscono segmenti di pubblico specifici in base a una varietà di caratteristiche e comportamenti per creare campagne significative per i clienti e efficaci in termini di conversione; si definiscono le priorità dei segmenti; si è tempestivi con esperienze create in tempo reale intercettando le esigenze dei clienti e cogliendo il momento migliore per la tua proposta.

Il contesto fiorente si realizza perché la tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale e il machine learning, con la capacità di elaborare i dati e di automatizzarne la raccolta e la reportistica, si mette al servizio delle capacità umane che possiamo raggruppare nella definizione di quoziente emotivo(QE) e che sopperiscono alle carenze del computer in termini di contestualizzazione e sfumature. Il QE include un insieme di competenze molto ampio e a volte difficile da definire: empatia, comprensione, osservazione, ascolto, intuito, lavoro in team e, soprattutto, problem solving creativo. Quoziente emotivo, collaborazione e disponibilità di informazioni dettagliate danno spinta alla creatività che crea nuove esperienze, nuovi prodotti e nuove modalità di relazione.

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