Esplorazione e valutazione, i due poli del processo decisionale

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In uno degli ultimi articoli che abbiamo pubblicato, Internet viene descritto come il più grande shopping district mai esistito, all’interno del quale i consumatori possono fare acquisti senza vincoli di spazio e tempo.

Questa particolare condizione in cui il customer journey si svolge fa sì che il comportamento e il processo decisionale dei consumatori sul web sia contraddistinto da un andamento particolare, che Google ha analizzato per ricavarne delle evidenze utili alle aziende e alle loro strategie di engagement, fidelizzazione e vendita.

Nell’andirivieni tra siti, browser e device differenti in cui il consumatore elabora la propria scelta d’acquisto, le aziende si giocano infatti la partita per conquistare la preferenza del maggior numero possibile di clienti: senza conoscere questo flusso e le dinamiche che lo governano, nessuno può sperare di riuscire a emergere dalla massa e conquistare l’attenzione del cliente.

Che il customer journey abbia inizio: l’esplorazione dell’offerta

Tutto ha inizio con il primo trigger, l’interruttore che “attiva” l’individuo e lo trasforma in un potenziale cliente alla ricerca di un prodotto o di un servizio che risponda al suo specifico bisogno.
Raramente questo innesco del percorso d’acquisto ha una natura semplice: molto spesso è il risultato di una combinazione di spinte differenti, interne ed esterne al cliente, razionali ed emotive.

Una volta attivata la “modalità cliente”, ha inizio la fase di esplorazione. L’individuo si immerge nell’attività di ricerca, un’attività espansiva in cui si accumulano informazioni e dettagli sui prodotti e i brand che possono dargli ciò di cui ha bisogno.

Questo particolare momento del customer journey richiede alle aziende una capacità ben precisa: dare al cliente tutte le informazioni che gli servono, ottimizzando il processo di ricerca in modo tale che questo comporti il minimo sforzo e il massimo beneficio possibile per il cliente.

Per capire se la direzione intrapresa è quella giusta, le aziende possono quindi porsi due semplici domande: quanto è facile per il cliente trovare le informazioni di cui ha bisogno? Quanto gli saranno utili queste informazioni?

Dalla risposta a queste domande dipende la capacità aziendale di distinguersi positivamente rispetto ai competitor, consolidando i livelli di affidabilità e autorevolezza che le vengono attribuiti, attirando l’attenzione dei consumatori e riducendo così il rischio che questi ultimi si rivolgano altrove per placare la propria sete di informazioni.

Dalla pluralità alla scelta: la fase di valutazione

Terminata la fase espansiva di esplorazione, il cliente passa alla fase di valutazione, in cui dalla moltitudine delle opzioni a disposizione arriva a individuare il prodotto o servizio da acquistare, soppesando le alternative, i loro punti di forza e di debolezza.

Nel caso in cui tra le alternative individuate si trovi quella che fa al caso suo, il cliente procede all’acquisto; in caso contrario può avere inizio una nuova fase di esplorazione, finché non si sarà individuata la risposta migliore all’esigenza scatenante.

Un moto potenzialmente perpetuo, di cui esplorazione e valutazione sono i poli opposti, che caratterizza il viaggio dei clienti digitali, piuttosto complesso da governare per le aziende, ma ricco di potenzialità per tutti i soggetti che lo interpretano – clienti e brand, senza distinzioni.

La chiave per volgere a proprio vantaggio il percorso apparentemente senza sosta che anima il mercato digitale non è quindi ostacolarne il dispiegamento o tentare di sabotarlo per forzare il cliente a prendere una decisione prima del tempo, bensì fornirgli tutto ciò che gli occorre per sentirsi tranquillo, sicuro e a proprio agio nel momento della scelta.

Esposizione ed esperienza, altri due tasselli del customer journey

Esplorazione e valutazione, tuttavia, non sono gli unici due elementi da prendere in considerazione quando ci si vuole chiarire le idee sulla natura e le peculiarità del customer journey digitale. Invece di lasciare dobbiamo raddoppiare, e analizzare anche l’esposizione e l’esperienza.

La prima non costituisce un vero e proprio step del percorso del cliente, ma è piuttosto una condizione di fondo, ineliminabile nell’epoca dell’iper-connessione.
L’esposizione racchiude in sé l’ampio spettro di interazioni e influenze che connettono in modo esplicito o implicito, consapevole o inconsapevole, le aziende e i loro clienti, attuali o potenziali, durante l’intero processo decisionale.

Sul terreno di gioco dell’esposizione non contano solo le strategie e le azioni di marketing aziendale. Ci sono anche le recensioni, le discussioni carpite per la strada o sui mezzi pubblici, i post sui social network, gli articoli pubblicati sui giornali, il passaparola.
Un terreno piuttosto affollato, insomma, dove per emergere non basta solo avere un buon team marketing: bisogna curare ogni aspetto dell’esperienza, del journey e dell’immagine del brand, in modo da non lasciare niente al caso e moltiplicare le possibilità per costruire e rafforzare la propria reputazione sul mercato.

All’esposizione si aggiunge l’esperienza, che abbiamo appena menzionato e che ora andiamo ad approfondire. L’esperienza di cui stiamo parlando è quella complessiva vissuta dal cliente che ha acquistato il prodotto o il servizio dell’azienda, e a sua volta fa parte dei fattori che determinano la qualità dell’esposizione dei clienti al brand.

Un’azienda attenta a tutti gli elementi che abbiamo menzionato ha una marcia in più nella competizione per l’attenzione del cliente, e più la qualità garantita è elevata più può diventare un incentivo all’acquisto e alla sua iterazione.
Al contrario, un’esperienza negativa può far concludere prematuramente il ciclo di vita del cliente, e precludere all’azienda la possibilità di attrarre nuovi lead.

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