Lo studio condotto da Spitch su Covid-19 e customer service

Lo studio condotto da Spitch mostra come i contact center non sono riusciti a gestire a pieno il carico di chiamate in entrata durante l’emergenza Covid.  

A causa del lockdown e della massiccia introduzione dello smart working, i reparti di customer service sono stati subissati da chiamate e richieste di informazioni, ad esempio in merito all’annullamento di viaggi, appuntamenti per visite mediche e di lavoro, nonché riguardo il cambiamento di attività per banche e assicurazioni. Le aziende sono state in grado di affrontare la crisi, cercando allo stesso tempo di garantire un livello soddisfacente di customer experience?

A livello internazionale, durante la pandemia, gli utenti hanno scelto Internet come canale preferenziale per ricevere assistenza; il contact center si è classificato al secondo posto, mentre posta elettronica e chat vocale/testuale hanno riscosso meno successo.

D’altra parte, i consumatori hanno dimostrato indulgenza nei confronti delle aziende, le quali hanno dovuto affrontare un evento totalmente nuovo e inaspettato. Più della metà degli intervistati ha mantenuto un atteggiamento largamente positivo nei confronti della performance dei brand, anche se quasi la metà dei rispondenti non esclude di rivolgersi a un concorrente qualora permanesse una situazione insoddisfacente.

Le difficoltà riscontrate sono principalmente legate al contesto di emergenza e alle reazioni psicologiche ad esso associate, e i consumatori sono comunque attenti alla mancanza di innovazione e di miglioramento del livello di assistenza da parte delle aziende. Gli utenti considerano appunto le tecnologie vocali uno strumento fondamentale per la gestione dei picchi di chiamate, con conseguente riduzione dei tempi di attesa, anche per fornire un servizio al cliente in situazioni “normali”.

Una quota considerevole di clienti ritiene che gli smart IVR a comando vocale possano dare un contributo significativo: i cosiddetti “call center robot” sono sempre più utilizzati dalle aziende innovative. Larga parte degli intervistati ha interagito con questi assistenti virtuali durante l’emergenza COVID, e quasi tutti hanno sperimentato un livello di assistenza soddisfacente. Tra questi, una parte ha interagito (almeno una volta) con un contact center utilizzando solo sistemi automatici self-service. A questa notevole percentuale si contrappone una parte di persone che non hanno mai parlato con un assistente virtuale.

In questo contesto, i consumatori hanno fornito indicazioni molto chiare sulle caratteristiche desiderate dai sistemi automatizzati: in tutti i Paesi, le persone hanno sottolineato (1) l’eliminazione delle code e la riduzione dei tempi di attesa, e (2) la correttezza/precisione delle risposte. Il principale ostacolo da superare, secondo gli intervistati, è il timore che una macchina fatichi a comprendere il linguaggio umano.

Altro requisito è che la voce del bot risulti gradevole e “naturale” come quella umana, caratteristica importante quasi quanto la sicurezza delle comunicazioni.

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