Assocontact: prove tecniche di futuro

Ieri, giovedì 18 luglio, si è svolta a Roma l’Assemblea Annuale dell’Associazione che raduna la maggior parte degli outsourcer di servizi di Contact Center e per l’occasione abbiamo avuto il piacere di intervistare Lelio Borgherese, Presidente Assocontact.

Lelio Borgherese, Presidente AssocontactIl mondo dei contact center da qualche anno è in profonda trasformazione, sia perché il mercato sta cambiando e richiede nuove professionalità sia per la spinta delle nuove opportunità di relazione aperte dalle tecnologie digitali.

Assocontact, che raccoglie oltre 50 aziende, per un totale di 40 mila tra dipendenti e collaboratori, ha attivato iniziative su tre direttrici: lavorare a una piattaforma contrattuale che si adegui alle peculiarità organizzative e di business degli Outsourcer; proporre al Governo il varo di misure a supporto degli importanti investimenti tecnologici e formativi che le aziende del settore devono affrontare; rilanciare un’immagine positiva del settore, dell’attività di customer management e della professionalità di chi ci lavora.

Presidente, partiamo dall’immaginario collettivo sui contact center e sugli operatori. Da una parte il lavoro nei call center è ancora troppo spesso considerato uno dei gradini più bassi dell’occupazione e dall’altra i consumatori lamentano una certa aggressività del telemarketing. Come vi state muovendo?

Vogliamo cambiare lo storytelling e per farlo abbiamo in essere una serie di iniziative, alcune ancora in fase di ideazione e altre a uno stadio più avanzato di elaborazione. Per esempio, stiamo pensando a un’azione continuativa che riesca a modificare il percepito del settore, non solo con l’organizzazione di convegni ma anche con la produzione di fiction che possano raccontare la vita reale di un contact center. Per sottolineare l’interesse all’innovazione invece lanceremo una Call for Ideas rivolta alle startup per raccogliere nuove soluzioni dell’ambito dell’intelligenza artificiale e del Customer Care.

Sul fronte del telemarketing selvaggio abbiamo elaborato, confrontandoci con le associazioni dei consumatori e le diverse Authority, un codice di autoregolamentazione che stabilisce regole più stringenti rispetto a quelle previste dalla legge per cercare di arginare il fastidioso assalto telefonico.

E’ un primo passo che ha cercato di fare sintesi tra le esigenze delle aziende di avvicinare i potenziali clienti per illustrare le offerte commerciali, la serenità dei consumatori e le leggi esistenti, prima su tutte quella sulla privacy. Naturalmente non possiamo sostituirci alle authority ma possiamo esercitare la nostra moral suasion, per esempio escludendo dalla nostra associazione l’azienda che non volesse adeguarsi a questo codice.

E’ un punto di arrivo, o l’inizio di un nuovo percorso?

E’ certamente un passo avanti su un tema che presenta tante sfaccettature. Trovo molto positiva la collaborazione con le associazioni dei consumatori e il confronto costruttivo che ha portato alla stesura del testo. Ora un ulteriore passo, sul quale dovrà intervenire anche il legislatore, riguarda la gestione delle liste dei contatti. Le liste seguono certamente tutti dettami di legge, ma essendo utilizzate contemporaneamente da più operatori inevitabilmente portano alle chiamate ripetute. La soluzione potrebbe essere quella di un DB unificato, ma occorre sedersi intorno a un tavolo e trovare insieme una soluzione. E questa volta credo che sia indispensabile avere anche le aziende della committenza.

L’altra attività di rilievo dei Contact Center è quella dedicata all’assistenza e al customer care. Qui le problematiche sono differenti e l’incidenza delle tecnologie digitali che permettono di automatizzare la relazione è molto forte. Le sfide in questo caso quali sono?

La prima grande sfida riguarda il reskilling dei lavoratori necessario per la grande trasformazione tecnologica che stiamo vivendo. Occorre far fare un grande salto di qualità al nostro personale per arrivare a una professionalizzazione maggiore che, oltre a rendere più competitive le nostre aziende, gioverebbe anche all’immagine complessiva del lavoro dell’operatore telefonico.

L’altra sfida riguarda la diminuzione dei volumi sia perché c’è stato un calo sensibile delle commesse provenienti dal settore TLC, nel quale la guerra dei prezzi che portava a una continua migrazione da un operatore all’altro ormai è un’arma spuntata, sia per l’impatto del self caring che comincia a farsi sentire. Qui si tratta di investire in tecnologia e in una nuova cultura organizzativa.

Ma il settore ha una bassa marginalità e quindi la capacità di investimento è limitata ai player di grandi dimensioni. La vostra proposta qual è?

Gli investimenti che ci aspettano nei prossimi anni in formazione, tecnologie e organizzazione richiedono svariati milioni di euro. Non sono rimandabili per la stessa sopravvivenza delle aziende, ma sono anche impegnativi da affrontare. Ciò che chiediamo sono misure di sostegno da parte del governo che possono tradursi o in sgravi fiscali o in incentivi economici.

Un terzo tema è quello contrattuale…

Sì, da tempo sottolineiamo che le caratteristiche specifiche del settore dell’outsourcing richiedono una piattaforma contrattuale di settore capace di essere innovativa e sostenibile. Quanto detto prima circa il salto di qualità del settore ha nel contratto di lavoro un cardine imprescindibile.

Letizia Olivari

COMMENTI