Abbiamo parlato spesso e ampiamente di tecnologie intelligenti e intelligenza artificiale, quasi sempre adottando o privilegiando il punto di vista degli addetti ai lavori, i quali – passata la fase di infatuazione iniziale – sanno ormai abbastanza chiaramente quali sono i pregi, le potenzialità e i limiti di queste soluzioni. Ma l’uomo della strada – o meglio, della rete – cosa sa e cosa pensa al riguardo? In questo quarto e ultimo articolo dedicato al nostro evento CX2020-Milano risponderemo alla domanda qui sopra basandoci sulla ricerca “Intelligenza artificiale: opportunità o minaccia?“ realizzata da Chorally in collaborazione con CMI Customer Management Insights e presentata il 18 ottobre da Francesco Acabbi a Milano e l’8 novembre da Mark Bartucca a Roma.
Artificial intelligence mainstream
Ultimamente l’intelligenza artificiale è diventata un hot topic negli ambiti più disparati: politici sono intervenuti sul tema e diverse aziende hanno costruito intere campagne marketing cavalcando quella che può essere definita la moda tecnologica del 2018.
“L’intelligenza artificiale non è una singola cosa, ma un insieme di tecnologie molto diverse tra loro, a diversi stadi di sviluppo” ha specificato Francesco Acabbi in apertura. “Ci sono tecnologie basate sull’IA già molto evolute, come la speech recognition, ed altre più embrionali“.
La ricerca svolta da Chorally si è quindi concentrata sull’analisi delle conversazioni online dedicate all’argomento, prendendo in considerazione gli oltre 56.000 post che sono stati pubblicati in rete nell’arco di 6 mesi (da inizio aprile a fine settembre 2018), di cui 32.500 sono classificabili come azioni (ovvero contenuti originali) e 23.500 come reazioni (ovvero commenti e/o condivisioni di notizie e post), per un totale di 19.800 persone coinvolte.
“A livello di contenuti prevale la divulgazione di informazioni e notizie (90,4%) piuttosto che di opinioni (9,6%)” ha proseguito Acabbi “ma la loro viralità media, cioè quanto tali discussioni vengono condivise e commentate, è ancora piuttosto bassa e si attesta, su una scala da 0 a 100, attorno al 6,5“. Tanti contenuti, quindi, e un buon livello di interazione, ma le discussioni che diventano virali sono davvero poche, per la maggior parte connesse con interventi sul tema da parte di esponenti politici, esperti del settore e trasmissioni televisive. “Recentemente ha fatto notizia anche l’Università di Bologna, dal momento che nel 2022 ospiterà due importantissimi convegni dedicati all’intelligenza artificiale, la International Joint Conference on Artificial Intelligence e la European Conference on Artificial Intelligence” ha aggiunto Acabbi.
I canali che ospitano la maggior parte dei contenuti e dei dibattiti sull’IA sono Twitter (83,1%), siti di news (7,1%) e blog (7%).
Benvenuta intelligenza artificiale, ma giù le mani dal lavoro
Passiamo ora ad analizzare il sentiment che l’uomo della rete nutre nei confronti delle tecnologie intelligenti.
“Abbiamo rilevato un ottimismo di massima in relazione a questo mondo – 32% di giudizi positivi, 16% negativi e 52% neutrali –, con una prevalenza ancora diffusa della curiosità di capire davvero quali cambiamenti concreti verranno introdotti dall’intelligenza artificiale nella nostra quotidianità” ha dichiarato Acabbi.
In apparenza tutto bene, dunque, ma l’atmosfera si fa elettrica quando si tocca il tasto IA-mondo del lavoro: in quest’ambito, infatti, il sentiment si ribalta completamente. “In questo caso le persone hanno più paura di ciò che l’IA porterà con sé (44%), perché vedono soprattutto il rischio di perdita di posti di lavoro” ha spiegato Francesco. “Chi invece pensa positivo (14%) vede nell’intelligenza artificiale la promotrice di un miglioramento della qualità del lavoro, grazie all’eliminazione delle attività più pesanti e ripetitive e la nascita di nuove professionalità“.
Tra gli ambiti a cui Chorally ha dedicato un focus particolare ci sono anche divertimento ed etica. Per quanto riguarda il primo – che comprende fotografia, sport e tempo libero – prevale un atteggiamento nettamente più neutrale (93%), ancora dominato da aspettative e dal desiderio di capire quali saranno le trasformazioni del settore. Pacati e prudenti anche i giudizi sulla questione etica nel 92% dei casi, con una percentuale minima (2%) che ritiene pericolosa l’intelligenza artificiale, paventando il rischio che le macchine arriveranno a sottrarsi al controllo umano. Decisamente più rilassato, infine, il 6% del campione, convinto che gli esseri umani rimarranno sempre insostituibili e detentori di un indiscutibile primato su qualsiasi forma – anche la più evoluta – di artificial intelligence.
Emma Pisati
CMI Customer Management Insights
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