Il ruolo della tecnologia in un universo cliente-centrico

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Nuove tecnologie. Innovazione. Saremo davvero tutti toccati da queste tematiche? Se dicessi di no, molti di noi starebbero magari più tranquilli e questo sarebbe destinato ad essere l’articolo più corto della storia. Direi, tuttavia, qualcosa di molto distante dalla realtà.
La risposta corretta è: “Sì!”. In questi ultimi anni stiamo assistendo a un profondo cambiamento trasversale: integrazione, IoT, innovazione, digital transformation sono tutti termini e concetti che ormai fanno parte della quotidianità di ognuno di noi. Non conta la dimensione della nostra azienda, il prodotto o servizio che andiamo a proporre sul mercato o l’identità dei nostri clienti target.

Le aspettative dei clienti

Inizio raccontandovi una storia: la mia storia. Non tutta: solo quella parte in cui in una precedente esperienza imprenditoriale mi trovai a sviluppare e a lanciare sul mercato un prodotto che era composto da una parte software e da una parte hardware. Il software era distribuito sui classici store online e si otteneva semplicemente eseguendo un download. L’hardware andava spedito utilizzando i tradizionali vettori postali. Il tutto corredato da un servizio clienti che rispondeva via e-mail alle varie domande. Eravamo una piccola realtà e dichiaravamo i tempi di risposta e di invio, ma quale era l’aspettativa dei clienti?
Be’, l’aspettativa era di ricevere supporto immediato, possibilmente anche in tempo reale. Tempi di consegna: 24 ore per le spedizioni nazionali, massimo 48 ore per quelle internazionali. E i resi? Doveva essere possibile inoltrare una richiesta di reso in qualsiasi momento a costo 0, anche semplicemente perché nel frattempo si era cambiata idea. In una parola: Amazon.
Perché dico questo? Perché non importa se siamo una startup, una banca o un’azienda manifatturiera: il servizio clienti che offriamo non è comparato al servizio di un altro player all’interno della nostra categoria, ma è comparato allo standard di un qualsiasi servizio clienti e lo standard, ormai, è definito da soggetti che con noi possono anche non condividere alcunché.

Questo esempio, quindi, per dire che in questo contesto diventa fondamentale guardare alle nuove tecnologie non con diffidenza, ma in un’ottica che ci consenta di capirle profondamente e di applicarle nella maniera più corretta, per fornire un servizio migliore ai nostri clienti. Ripeto: indipendentemente dal settore in cui ci troviamo ad operare e dalla nostra dimensione.

Presenza online, engagement e raccolta dei dati

Il sito web, ma anche i canali social – ovvero la presenza online – sono uno dei primi punti di accesso che portano i nostri clienti e utenti a interagire con le nostre realtà. Se usati nel modo corretto possono creare anche un luogo virtuale dove i nostri clienti possono entrare in contatto con noi e con altri clienti o utenti.
Un esempio? Un’azienda in ambito food con cui ho avuto modo di collaborare in passato vende i suoi prodotti in store fisici, ma dialoga quotidianamente con la sua nutrita community di utenti tramite i canali social. Investire in un team che segua da vicino i clienti sui canali social porta non solo un rafforzamento dell’immagine positiva che il brand ha, ma una conversione reale anche sui canali offline. Che significa tutto ciò? Creare engagement online porta ad un maggior numero di acquisti negli store fisici.

Ma non solo! Utilizzare una strategia come quella appena descritta ci mette nella condizione di collezionare una importante quantità di dati che ci daranno una enorme quantità di informazioni sui nostri clienti e che, se gestiti e interpretati nel modo corretto, ci indicheranno come vendere al meglio i nostri prodotti, ottimizzare le nostre campagne pubblicitarie, ecc.

Sono partito raccontandovi delle storie perché è inquadrando lo scenario e definendo bene quelli che sono i nostri obiettivi che diventa sensato parlare di tecnologie. Al centro rimaniamo noi: clienti e utenti. Le tecnologie si inseriscono a supporto delle attività necessarie per migliorare l’experience.

Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale

Fare uso di un sistema intelligente significa avere a disposizione uno strumento che simula il comportamento della mente umana per interagire con gli utenti o per analizzare grandi quantità di dati in poco tempo. Questi strumenti sono anche in grado di apprendere e migliorare l’output di volta in volta. Come posso utilizzare quindi l’Intelligenza Artificiale per migliorare la Customer Experience e per ottimizzare i processi?

Supporto alla clientela e task automation
Una delle applicazioni più diffuse è l’utilizzo di sistemi che fanno uso di Intelligenza Artificiale per coadiuvare l’umano nel supporto alla clientela. I clienti, per esempio, si troveranno di fronte a una chat tramite la quale non interagiranno direttamente con un umano, ma con un software che risponderà alle loro domande, gestendo così il primissimo livello di supporto. Si parla in questi casi di chatbot.
Un esempio di un sistema di questo tipo è Tobi, l’assistente virtuale di Vodafone che dà informazioni su opzioni e piani tariffari.
Sempre con i chatbot è possibile automatizzare semplici task, come per esempio la vendita di prodotti. In questo caso andremo proprio a creare una sorta di assistente alle vendite che guiderà l’utente nel flusso di acquisto.
Sistemi come questi, se ben progettati e realizzati, possono aumentare l’engagement dei nostri clienti. Hanno, inoltre, il grosso pregio di essere sempre disponibili, pronti a rispondere 24 ore su 24, 7 giorni su 7, gestendo in contemporanea un alto numero di conversazioni.
Il rischio di questa tipologia di sistemi è che, vuoi per la mancanza di dati, per i limiti di alcune tecnologie, per una scarsa definizione degli obiettivi o per dei limiti nella progettazione e nel training, non riescano a completare il task o a dare il supporto necessario all’utente. E se l’esperienza non è buona, l’effetto boomerang è dietro l’angolo.

Marketing e conversazione
Un livello di complessità superiore si ha quando, oltre ad utilizzare il sistema intelligente per il supporto alla clientela e per automatizzare il task, si vuole portare il chatbot a fare marketing e a promuovere il brand. In questo caso è necessario lavorare molto sul tono di voce del chatbot in modo che rispecchi l’identità del brand.

Analisi dei dati
Parlavamo poco fa dei dati. Una volta che abbiamo collezionato grandi moli di dati, magari da canali diversi, come facciamo ad analizzarli e a trovare le correlazioni? Come facciamo, per esempio, sulla base dei comportamenti degli utenti, ad ottimizzare una campagna pubblicitaria in corso d’opera?
Possiamo certamente metterci ad analizzare noi stessi i dati e a trarne le conclusioni, o possiamo farci aiutare da un software intelligente e automatizzare il processo, tutto o in parte. In questo caso non avremo di fronte un chatbot, ma un tool “invisibile” che prenderà in pasto dei dati in input e fornirà un output già elaborato, magari con anche delle previsioni. Questa tipologia di strumenti può quindi aiutarci ad elaborare nuove strategie di interazione ed engagement verso i nostri clienti.

Uno scenario di collaborazione
In tutte le casistiche appena descritte, abbiamo visto come la tecnologia – e nella fattispecie l’Intelligenza Artificiale – possano aiutarci sia a comunicare con la nostra base clienti, sia a prendere delle scelte guidate dall’analisi dei dati.
In tutti questi casi, però, abbiamo parlato di tecnologia a supporto. La chiave, quindi, non è sostituire l’umano con la macchina, ma fare in modo che l’umano e la macchina collaborino in un’ottica di partnership.
Prendiamo il caso del supporto clienti: dicevamo che in alcuni casi il chatbot potrebbe non essere in grado di rispondere in maniera corretta, facendo così crollare miseramente la qualità dell’esperienza utente. Cosa fare in questi casi? Bisogna fare in modo che l’utente non si trovi mai in condizioni di errore dalle quali non riesce ad uscire e che l’operatore umano possa inserirsi nella conversazione laddove necessario. Parlavamo di Tobi di Vodafone, qualche paragrafo sopra. Ecco: tramite il chatbot, qualora si riveli necessario, è possibile anche essere messi in comunicazione con un operatore umano e proseguire la conversazione. Questo accade quando il software non riesce ad elaborare correttamente la richiesta o quando il cliente lo richiede.

Il nostro rapporto con la tecnologia
Quando si parla di nuove tecnologie e di cambiamenti che avvengono in tempi brevi, il timore di scenari apocalittici è qualcosa di molto reale. È peraltro scientificamente dimostrato che i cambiamenti veloci fanno paura.
Saremmo altrettanto ipocriti a dire che niente cambierà, perché in realtà le cose cambieranno! Se, parlando di Intelligenza Artificiale, consideriamo che automatizzare al 100% un lavoro è possibile soltanto in meno del 5% dei casi, ma che il 60% dei lavori può essere ottimizzato per il 30%, possiamo immaginare che l’impatto sociale che questa innovazione porterà sarà tutt’altro che trascurabile.
Non abbiamo però alternative. Non ha senso provare a fermare il cambiamento: possiamo solo scegliere se rimanere al passo, conoscendo e sfruttando le nuove opportunità o chiamarci fuori, rinnegando la realtà, finché non ci troveremo anche fuori dal mercato.

Pochi giorni fa leggevo i titoli dei giornali e mi sono soffermato sulla polemica che si è sollevata per la vittoria del Leone d’Oro a Venezia di un film prodotto da Netflix, con le Associazioni che richiedevano addirittura l’intervento del Ministro della Cultura. È lì che mi sono ricordato de “La Petizione dei Fabbricanti di Candele”, una satira sul protezionismo scritta nel 1845 dall’economista francese Frédéric Bastiat.
C’è un rivale straniero che sta inondando di luce il mercato interno a un prezzo incredibilmente basso. Il governo deve proteggerci” dicevano i Fabbricanti di Candele, riferendosi al Sole.

Sono passati 173 anni da allora, ma abbiamo ancora tanta strada da fare.

Giacomo Bosio
CEO di Hedron srl

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