Tra efficienza ed emozione: lunga vita alle relazioni

Chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni?”: queste parole di Italo Calvino ci aiutano a cogliere immediatamente la complessità e la ricchezza che abitano e costituiscono ogni individuo, e che caratterizzano di conseguenza le relazioni che questo istituisce e costruisce con il prossimo e con la realtà in cui si trova. Anche quest’anno CMI Customer Management Insights ha dedicato un evento, con due tappe a Milano e Roma, all’universo delle relazioni tra aziende e clienti, per analizzarne i trend di sviluppo e cogliere tutti i cambiamenti che si stanno susseguendo a ritmo sostenuto, prendendo le mosse dai dati raccolti attraverso la quarta edizione dell’Osservatorio CRM, realizzato da C-Direct Consulting, cui si è aggiunta la vision di numerose aziende che stanno promuovendo, con i loro servizi e prodotti, l’evoluzione del Customer Relationship Management e delle interazioni con i clienti 4.0.  Per gli iscritti alla Community CMI è disponibile nell’area riservata la registrazione completa dell’evento di Milano

Osservatorio CRM 2018: Customer Journey e GDPR “sorvegliati speciali”

L’evento Oltre il CRM. Il cliente 4.0 si è aperto con la presentazione delle principali evidenze emerse dall’Osservatorio CRM 2018 a cura di Elisa Fontana di C-Direct Consulting. L’indagine condotta quest’anno si è caratterizzata per un focus sulla gestione del Customer Journey e sull’adeguamento al GDPR, due tematiche strettamente connesse al management delle relazioni con il cliente, focus che haFontana_relazioni_CRM arricchito la tradizionale analisi dei principali trend e dello stato dell’arte del CRM nelle aziende italiane.

Innanzitutto si è registrato un aumento del 10% nel numero di aziende di piccole dimensioni che hanno deciso di introdurre il CRM per efficientare i processi, in particolare Sales e Marketing. Più in generale, sempre per quanto riguarda l’adozione e l’utilizzo del CRM, è diminuito del 18% il numero di aziende che sta implementando tali soluzioni (dopo il percorso di crescita registrato tra il 2014 e il 2017), mentre sono aumentate del 12% le aziende che stanno considerando la possibilità di adottarne una.

Dati positivi si registrano a proposito del posizionamento del CRM in azienda: per il 50% dei rispondenti esso è ormai un’area consolidata e operativa (+12% rispetto al 2017), e nel 19% dei casi è la direzione generale ad esserne direttamente responsabile. Tra i touch point più performanti per alimentare il CRM gli intervistati hanno indicato al primo posto il sito web aziendale (64%), seguito dalla rete di vendita (51%), da fiere ed eventi (38%) e dai social network (37%).

Passando al mercato delle soluzioni disponibili, è Salesforce a spadroneggiare: la società ha infatti registrato una crescita nella distribuzione di soluzioni CRM dall’8 al 23%; è inoltre diminuito dell’8% il numero di aziende che decidono di sviluppare internamente una propria soluzione. Restando in ambito “tecnologia”, il continuo proliferare di strumenti sempre nuovi che ha caratterizzato gli scorsi anni sta cedendo il passo a un rallentamento e a una stabilizzazione: “Sembra che tecnologia e CRM come filosofia di business stiano trovando un punto di incontro” ha commentato Elisa Fontana.

Tra i benefici indicati dalle aziende segnaliamo una maggiore efficienza e automazione, una più diffusa condivisione delle informazioni e una migliore conoscenza della Customer Base. Permangono tuttavia delle criticità, in particolare l’inadeguatezza delle competenze interne (32%), la mancanza di risorse (38%) e la presenza di processi poco definiti (36%); è ancora piuttosto diffusa la frammentazione dei dati di clienti e lead tra vari sistemi di archiviazione come CRM, sistemi gestionali e file Excel.

Il traguardo di un’analisi e di un’interpretazione completa e coerente dei dati sembra essere ancora piuttosto lontano, e questo timore è confermato dai dati rilevati: solo il 17% degli intervistati dichiara di avere un’ottima conoscenza dei propri clienti, mentre il 55% ammette una conoscenza parziale e il 28% una conoscenza debole o addirittura nulla.

Passiamo infine a Customer Journey e GDPR, entrambi argomenti molto di moda ma nei fatti ancora piuttosto trascurati dalle aziende: solo il 19% degli intervistati dichiara di presidiare adeguatamente tutti i punti di contatto, e il 21% ammette di essersi adeguato solo parzialmente alla nuova normativa europea in materia di privacy e gestione dei dati.

La cultura del dato e la conoscenza del cliente sono ancora dei punti deboli. Senza un software CRM che consenta di far confluire contatti, informazioni, interazioni e canali in un’unica base dati e senza processi definiti a monte e a valle dell’architettura tecnologica, il Customer Journey è un termine più teorico che reale nel contesto aziendale. Allo stesso modo, se non si gestisce adeguatamente e correttamente la privacy, il CRM ha scarse probabilità di successo. Si riconferma comunque un approccio concreto delle aziende rispondenti nell’identificazione delle proprie priorità: prima di investire in strumenti innovativi ritengono necessario puntare sulla centralità del cliente e sulla necessità di gestirlo efficacemente assicurandogli un buon livello di esperienza” ha concluso Elisa Fontana.

La rivoluzione cliente-centrica: una nuova scienza delle relazioni

Il Customer Service non dovrebbe essere un dipartimento, dovrebbe essere l’intera azienda”: queste parole di Tony Hsieh, CEO Zappos, insieme all’ossessione per i clienti professata da Jeff Bezos, CEO di Amazon, possono essere indicate come i mantra dell’Experience Economy, l’economia in cui siamo attualmente immersi.

Savazzi_relazioni_CRMSiamo ormai abituati a confrontarci più o meno costantemente con dichiarazioni di questo tipo da parte di aziende di tutte le dimensioni, che cavalcano o subiscono l’onda della Customer Centricity e della trasformazione digitale e tecnologica che questa richiede per vedere assicurata un’esperienza non solo connessa ma completamente rinnovata.

Intelligenza artificiale, IoT analytics e behavioral analytics sono le tecnologie su cui le aziende devono puntare per ottenere customer insights azionabili in real time” ha spiegato Massimo Savazzi di Oracle. “Un aspetto che è interessante sottolineare” ha proseguito Savazzi, “è che oggi la differenza tra informazione e dato è tornata ed è diventata finalmente rilevante, che è anche il motivo per cui stiamo assistendo a questa fortissima accelerazione sull’AI, l’unica ormai in grado di gestire e processare le enormi moli di dati oggi a disposizione. Altra cosa molto interessante che i dati ci consentono di fare è unire mondo reale e virtuale, facendo sì che entrambi traggano un arricchimento da questa interconnessione”. Questa facoltà di unire tutte le dimensioni dell’esperienza 4.0 è fondamentale per avviare un processo di miglioramento della Customer Experience davvero efficace: migliorare, innovare singoli step tralasciandone altri e disattendendo così le aspettative dei clienti può risultare più dannoso che tralasciare di intraprendere un’azione di rinnovamento.

La coerenza e la visione organica dell’esperienza di ciascun cliente nel suo complesso è tuttavia un miraggio senza una gestioneTiberi_relazioni_crm centralizzata e organica di tutti i processi interni all’azienda, come ha precisato Lorenzo Tiberi di Teamleader: “L’obiettivo finale è sempre migliorare la Customer Experience, ma non basta focalizzarsi sui punti di contato che abbiamo con il cliente: le imprese devono prestare attenzione anche alla qualità dei loro processi interni, che devono essere lineari e strutturati, e all’organizzazione di tutti i dipartimenti dell’azienda, in modo da dare al cliente le informazioni giuste al momento giusto”.

Oggi meno che mai le relazioni con i clienti possono essere migliorate o gestite a suon di slogan: servono tecnologie adeguate e soprattutto una cultura realmente focalizzata sulle persone, sulla loro conoscenza e sulla valorizzazione delle loro esigenze e peculiarità, a maggior ragione in un’epoca in cui i clienti sono ben consapevoli del loro potere e non si sentono più costretti a garantire il proprio favore e la propria fedeltà ad aziende incapaci di soddisfare le loro aspettative.
Perfetti_relazioni_crmSono i clienti a determinare i livelli di engagement, e le aziende devono fornire con trasparenza e precisione ciò che gli utenti vogliono, quando e dove lo vogliono, garantendo loro la possibilità di autogestirsi se lo desiderano, e potenziando l’esperienza” ha ribadito Roberto Perfetti di Zendesk.

Sulla scia della centralità di esperienza e interazioni, anche spazi e luoghi stanno acquisendo nuovi valori, dando origine a meccanismi relazionali completamente differenti, creando nuove connessioni e confermando ancora una volta che il valore oggi è generato non tanto dal prodotto ma dall’esperienza d’uso, con un protagonista indiscusso capace di decretarne il successo o il fallimento: il cliente ingaggiato, vero e proprio co-creatore del servizio e dell’esperienza stessa. “Il CRM come Borgherese_relazioni_CRMorchestratore di processi può garantire supporto, experience, engagement e collaboration. Il cambiamento è già agito, e la centralità del cliente è anche la centralità del CRM” ha sottolineato Marco Borgherese di React Consulting, che ha inoltre colto l’occasione per annunciare in anteprima l’acquisizione di Chorally da parte di Network Contacts.

Le interazioni che animano il mercato, quindi, sono sempre più ampiamente e profondamente estese, e la partecipazione a queste dinamiche da parte delle aziende è fondamentale per avere successo. L’efficienza di un sistema produttivo è ora strettamente connessa alla rete di relazioni tra i differenti settori economici, che richiede di conseguenza lo sviluppo di una gestione avanzata delle relazioni: “L’evoluzione dei sistemi specializzati di gestione delle relazioni ci condurrà nell’era dell’XRM, ovvero dell’Extended Relationship Management” ha dichiarato Antonio Cossu di Cegeka, “termine con il quale si indica la Cossu_relazioni_crmdisponibilità e la gestione organizzata delle informazioni relative alla rete di relazioni del mercato in cui l’azienda opera, insieme al loro mantenimento nel tempo”.

Voce e digitale, ecco cosa vogliono i clienti

Tra i canali di interazione attualmente disponibili, quello che sta registrando il maggior successo è la voce: “Le interazioni attraverso il canale vocale sono cresciute del 70%” ha ricordato Pierpaolo Barnaba di Cedat 85. “Il linguaggio deve essere trasformato in un asset digitale: nelle customer interactions è ormai diventato un elemento chiave per il miglioramento del servizio, la riduzione dei costi e la valorizzazione di risorse preziose. Con gli sviluppi dell’AI il ruolo della voce è destinato ad acquisire maggiore importanza, e si prevede che entro il 2020 il 40% delle interazioni avverrà attraverso applicazioni dotate di interfacce conversazionali basate su intelligenza artificiale”. Implementare soluzioni di automatic speech recognition, speech analytics e monitoraggio in real time offre svariatiBarnaba_relazioni_crm vantaggi, tra cui la possibilità di riconoscere e gestire meglio le richieste dei clienti, comprendere e analizzare le informazioni direttamente dalla loro voce o da quella degli operatori, intervenire in modo tempestivo in caso di segnali di insoddisfazione da parte degli utenti. Anche lato operatore i benefici sono tutt’altro che trascurabili: aumento di rapidità ed efficienza, diminuzione del churn rate e miglioramento delle performance. “Il contact center del futuro sarà basato su big data, NLP e machine learning” ha concluso Barnaba.

Sul tema delle relazioni e dell’accesso ai contenuti, con un focus particolare sulla progettazione delle interazioni digitali attraverso interfacce conversazionali, è intervenuto anche Giacomo Bosio di Hedron. “Secondo un’indagine svolta da Doxa per l’osservatorio Mobile B2C del Politecnico di Milano, le comunicazioni avvengono sempre più via messaggi vocali. Attraverso i nuovi canali di interazione le intelligenze artificiali possono essere utilizzate per il supporto, la task automation e il marketing, a patto però di non trascurare mai l’importanza della componente emotiva ed empatica dell’interazione” ha ricordato Bosio. Tra i fattori che contribuiscono alla buona riuscita di una relazione tra software e umani – e non solo, si potrebbe aggiungere – si trovano la capacità di Bosio_relazioni_crmdotare i primi di una personalità, di rispettare i giusti tempi di risposta e i turni di conversazione, di inserire conversational marker (ok, bene, allora, ecc.) e disfluenze del linguaggio (uhm, eh, ecc.) e, in ultima istanza, di garantire un utile scambio di informazioni tra interlocutori. I pilastri su cui si fonda la fiducia dell’utente sono sempre e comunque risposte giuste, task correttamente eseguiti, velocità, affabilità e affidabilità: “Nel momento in cui si decide di progettare un sistema di questo tipo, oltre ad avere chiari gli obiettivi per cui si intraprende una simile azione, bisogna ricordare che i migliori bot sono quelli in grado di ricordare il passato, considerare il contesto e l’ambiente e di non condurre l’utente in una condizione di errore da cui non riesce a uscire, offrendo delle scelte predefinite” ha concluso Bosio.

Oltre alla voce, un altro canale che sta conoscendo una rapida ascesa è quello dei social network. Come ricordato da Edoardo Vallebella di Stip, il social caring ha conosciuto dal 2014 ad oggi un vero e proprio boom, registrando una crescita dell’800%, con il 35% dei clienti che preferisce attualmente questo canale a quelli tradizionali – benché come canale di retention i social continuino a essere utilizzati poco e male. Le potenzialità in termini di ascolto attivo, semplicità, velocità e aggiornamento real time sulla processazione delle segnalazioni ricevute, in perfetta corrispondenza con le esigenze e le aspettative dei clienti 4.0, non devono essere trascurati, soprattuttoVallebella_relazioni_crm se si considera che un buon social caring costa circa 1/6 del suo corrispettivo tradizionale, e che grazie all’automazione è possibile ridurre dell’80% i tempi di risposta, con un conseguente incremento delle performance aziendali di assistenza pari al 167%. “Non serve essere campioni di rapidità se tutto quello che si fornisce all’utente non è nient’altro che una risposta interlocutoria” ha concluso Vallebella. “Il cliente vuole una risposta rapida ma che lo faccia sentire già nella gestione della sua segnalazione e che gli faccia percepire l’impegno e la cura dell’azienda nel risolvere il suo problema e le sue necessità”.

In conclusione, se volessimo indicare una massima in base alla quale orientare i prossimi sforzi di miglioramento della gestione delle relazioni tra utenti e aziende, questa potrebbe essere “mettersi sempre nei panni del cliente”: un’ovvietà forse, ma capace di fare davvero la differenza.

Emma Pisati
CMI Customer Management Insights

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