Call center, il Governo stabilisce il costo medio orario per gli operatori

Il 2017 si è chiuso con una novità importante per il settore dei call center in outsourcing: il 29 dicembre – dopo un lavoro durato mesi che ha coinvolto Ministero del Lavoro, Assotelecomunicazioni-Asstel e rappresentanti sindacali per le telecomunicazioni di Cgil, Cisl e Uil – si è giunti alla firma del decreto direttoriale n.123, che per la prima volta stabilisce un livello minimo del costo del lavoro per gli operatori di call center in outsourcing valido per tutte le gare pubbliche, quelle cioè che coinvolgono enti statali e legati allo Stato, come previsto dal Codice dei contratti pubblici e dall’articolo 24bis del decreto legge n.83 del 2012.

Il decreto approvato a dicembre si colloca sulla scia dei precedenti interventi del Governo volti a regolamentare il settore, come l’introduzione della clausola sociale nel 2016, la definizione del Protocollo call center, la regolamentazione per la delocalizzazione e la responsabilità solidale.

Considerando le ore di effettiva prestazione del servizio, un dipendente di terzo livello dovrà d’ora in avanti percepire una retribuzione minima al minuto non inferiore a 42 centesimi; riportiamo qui sotto la tabella con i dettagli delle retribuzioni minime stabilite per i vari livelli di inquadramento, disponibile anche sul sito del Ministero del Lavoro. Per dare una rapida idea delle cifre di cui stiamo parlando, il costo medio per minuto varia da un minimo di circa 33 centesimi a un massimo di 50; sono previste deroghe solo per casi eccezionali, indicati all’interno dell’articolo 2 del decreto.

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Fine delle gare al massimo ribasso per gli appalti pubblici

Si tratta di un traguardo importante per lavoratori e aziende, con un’implicazione in particolare che si configura come vera e propria svolta nel settore degli appalti pubblici: i costi minimi del lavoro così stabiliti saranno infatti un limite invalicabile oltre il quale non sarà possibile scendere, che di fatto sottraggono la determinazione del costo del lavoro all’arbitrio delle singole imprese. Sarà la fine della competizione al massimo ribasso per aggiudicarsi gli appalti pubblici, forse la soluzione decisiva per risolvere alla base l’annoso problema delle offerte troppo aggressive che finora hanno caratterizzato il mercato, provocando l’abbassamento di margini e ricavi e scatenando numerose crisi aziendali.

Il decreto stabilisce inoltre che nelle gare della PA il costo del lavoro sarà d’ora in avanti scorporato dal valore totale, andando così ad alleggerirle di una voce di costo – quella della manodopera – che può avere un peso pari anche all’80% del piano complessivo, e che finora gravava per la maggior parte sulle spalle dei lavoratori.

Associazioni di categoria e sindacati: soddisfazione con riserva

Assotelecomunicazioni-Asstel, che ha collaborato per il raggiungimento dell’intesa e la definizione dei vari livelli di retribuzione, si è dichiarata soddisfatta dei risultati ottenuti: “La firma del decreto” ha dichiarato Laura Di Raimondo, direttrice dell’associazione di categoria aderente a Confindustria “giunge al termine di un confronto aperto e costruttivo tra Asstel e Slc-Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Telecomunicazioni che ha reso possibile stabilire il costo del lavoro medio per i lavoratori dipendenti occupati nel settore dei call center. In questo modo viene individuato il costo medio di riferimento in funzione dei futuri affidamenti da parte di amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori di servizi di call center“.

Diverso il parere di Assocontact, che non ha partecipato ai lavori e si è dichiarata insoddisfatta poiché, come spiegato dal presidente Paolo Sarzana, “i valori definiti dal Ministero del Lavoro si riferiscono ai costi del lavoro diretti dei singoli operatori, ma non tengono conto dei costi di formazione, dei supervisori coinvolti, dello staff e dei costi di struttura che queste società sostengono per conto dei loro committenti”.

Sul versante sindacati, infine, la soddisfazione è diffusa, benché adombrata da una preoccupazione legata al settore degli appalti privati, ancora non soggetti a tale regolamentazione, che ha portato Marco Del Cimmuto, segretario nazionale Slc-Cgil a precisare che si tratta di “un grande passo in avanti che però non è la soluzione. Ci sono tante aziende, a cominciare dagli ex monopolisti di Stato, ma anche banche, assicurazioni e operatori delle telecomunicazioni, che non hanno nessun obbligo. Certo, che esista una tabella è un punto di riferimento importante, ma non basta. E i sindacati, unitariamente, vogliono andare avanti obbligando anche i soggetti privati ad adeguarsi“.

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