Attenzione, dati: maneggiare con cura

Parlando di dati non sembra inopportuno partire con qualche numero: in un singolo minuto vengono caricate su YouTube 48 ore di video, inviati 204 milioni di e-mail, creati 600 nuovi siti web, condivisi 600.000 contenuti su Facebook e più di 100.000 tweet su Twitter. E questa è solo la punta dell’iceberg “generazione di dati”.

Tutte le nostre attività online e offline possono oggi essere monitorate, aggregate e analizzate: i Big Data, indicati anche come il nuovo petrolio della quarta rivoluzione industriale, hanno calamitato l’attenzione delle aziende di ogni settore e dimensione, con la promessa di consentire una conoscenza sempre più esaustiva e olistica del cliente, a vantaggio della qualità del servizio offerto, del potenziamento del business e della risoluzione proattiva di problemi e criticità.

L’enorme mole di dati e informazioni generata e disponibile richiede però un non indifferente sforzo di gestione, corretta interpretazione e utilizzo funzionale: dal momento che la conoscenza di informazioni riguardanti il presente o il futuro comporta un notevole vantaggio competitivo, l’analisi, la visualizzazione e il predictive modeling sono sempre più cruciali per il successo delle aziende.

Il potenziale dei dati: volume, velocità e varietà

Come abbiamo già accennato, oggi rischiamo quasi di finire sommersi dall’enorme quantità di dati generati, che si moltiplicano a ritmi sempre più sostenuti e possono documentare un numero sempre maggiore di dettagli della nostra quotidianità. Accanto al termine Big Data, allora, iniziano a diffondersi anche termini come Small Data e Fast Data: ci riferiamo così a tutti quei dati il cui livello di precisione e puntualità può davvero permettere alle aziende di conoscere a 360 gradi il cliente, in modo ricco ed esaustivo, fondamentali per l’innovazione strategica, ma anche ai dati veloci, a tutti quei dati capaci di fornire informazioni in tempo reale, rendendo possibili decisioni in real time – aspetto fondamentale per mantenere il proprio business competitivo in un mercato caratterizzato ormai da continue evoluzioni e mutamenti.

Un potenziale davvero enorme, che deve essere valorizzato: aumentano le tecnologie a disposizione e gli investimenti aziendali, ma ciò che deve essere sviluppato è spesso una vera cultura data driven, capace di trasformare gli insights ottenuti con l’analisi in strumenti efficaci per migliorare l’attività aziendale e il servizio al cliente. A tal proposito non guasta ricordare che la quantità da sola può comportare scarsa qualità: limitarsi ad accumulare dati nei sistemi di storage, non curandosi del loro contesto e della loro provenienza, né di sviluppare le competenze adeguate per trattarli correttamente, svilisce il loro valore e non ha alcuna utilità per le aziende. Un altro rischio che spesso accompagna le misurazioni è quello di ignorare alcune informazioni preziose che però non rientrano nelle metriche solitamente utilizzate, che non vengono ripensate in base alle esigenze del business. Attenzione, infine, anche alle connessioni tra i dati: ci vuole qualcosa di più di un grafico o di un’equazione per generare insights veritieri sul comportamento dei clienti. I Big Data sono fondamentali per conoscere trend, correlazioni e flussi, somiglianze e differenze tra clienti; ma per conoscere davvero questi ultimi, come afferma Martin Lindstrom, bisogna saperne tracciare il DNA emozionale anche attraverso Small e Fast Data.

I grandi numeri da soli, quindi, non bastano: è ancora la capacità di cogliere i dettagli a fare la differenza.

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