Costamagna: i nostri lavoratori non sono schiavi

Quando Umberto Costamagna, presidente di Assocontact, ha visto la puntata del 14 aprile di Piazza Pulita dedicata ai call center non ha esistato e ha scritto una lettera a Riccardo Formigli, ecco il testo integrale.

Caro Formigli,
ho seguito lunedì sera la puntata dedicata, fra l’altro, ai giovani precari di un call center. Vorrei farle due osservazioni, anzi tre.

Una di sostanza. La puntata di ieri ha giustamente (e sottolineo giustamente) puntato i riflettori su una situazione di scorrettezza aziendale, su una realtà che offende i diritti dei lavoratori, su una ingiustizia che, oltre ai lavoratori, colpisce l’intelligenza stessa di un imprenditore (stolto) che non si rende conto che con il precariato e il non rispetto della legge non si va da nessuna parte.

Una seconda, di forma e quasi privata.
Lavoro da 13 anni in questo settore; partendo da zero, oggi lavorano con me 2500 persone tutte assunte regolarmente a tempo indeterminato in un’impresa che opera in diverse realtà, tutte italiane: La Spezia, Locri, Pistoia, nel Salento (in queste quattro aree siamo la più grande azienda privata per numero di occupati stabili) e poi a Milano, a Roma e a Cagliari. Può immaginare l’effetto che mi ha fatto vedere cinque ragazzi, con la cuffietta e la maschera, definiti “schiavi” e soprattutto ascoltare la loro esperienza. Ho visto un pezzo della mia vita privato del suo senso e della sua storia.

Una terza, ancora di sostanza.
Sono anche presidente dell’associazione di categoria ASSOCONTACT che riunisce le imprese di call e contact center in outsourcing, aderente a Confindustria. Le nostre imprese danno lavoro (serio e regolare) a circa 40.000 persone inquadrate con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e ad altrettante 35.000 circa regolate da un contratto a progetto (quello consentito per le azioni di vendita telefonica) che dall’anno scorso è garantito da un accordo sindacale nazionale con retribuzione minima fissa oraria e incentivi e altri diritti.
La puntata di lunedì ha davvero fatto “piazza pulita” delle tante aziende che operano nel settore rispettando le regole e trattando dignitosamente i propri lavoratori. Non credo che aiutiamo questo settore e la dignità dei suoi lavoratori limitandoci a denunciare le cose che non vanno ma tralasciando tutti gli sforzi fatti fino ad oggi per tutelare e migliorare il settore dei contact center in Italia e gli uomini e le donne che ci lavorano!

Il nostro settore, le nostre imprese, i nostri lavoratori hanno iniziato, a cominciare dalla famosa “circolare Damiano” (l’allora Ministro del Lavoro), un percorso virtuoso insieme alle organizzazioni sindacali di categoria con le quali ci confrontiamo serenamente e continuamente; questo percorso ha portato negli anni scorsi alla stabilizzazione di quasi 26.000 collaboratori a progetto in lavoratori subordinati assunti a tempo indeterminato, nel rispetto del CCNL delle telecomunicazioni.
Le nostre imprese producono oltre 1,3 miliardi di fatturato, un vero pezzo dell’economia italiana che dà lavoro soprattutto a donne, soprattutto a giovani e soprattutto al Sud. Parlare di “operatori schiavi” è davvero inaccettabile e significa mancare di rispetto a loro prima che alle imprese. Perché non si parla anche dell’accordo raggiunto ad agosto scorso con i sindacati, per introdurre in Italia il primo contratto nazionale per lavoratori a progetto con salario minimo e diritti?

Caro Formigli, questo è un settore che ancora non è maturo completamente, che ancora rischia di dare spazio a esperienze “borderline” che non rispettano la legge. Ed è giusto che i media intervengano a segnalarli. Per inciso: nessuna impresa seria potrà mai difendere l’operato di chi non rispetta la legge o di qualche sottoscalista che, sfruttando i lavoratori, rischia di screditare un intero settore fatto di imprese serie.

Ma perché, ogni tanto, non accendere i riflettori anche su quelle realtà di call center che continuano, nonostante la crisi, nonostante la tagliola della tassazione Irap sul costo del lavoro (pensi che nelle nostre imprese arriva all’85 per cento del fatturato!), ad assumere e a crescere? Perché non citare quei call center che hanno programmi di welfare aziendale, dall’asilo nido interno per le lavoratrici mamme ai programmi di conciliazione tra tempi di lavoro ed esigenze di famiglia, dalle biblioteche gratuite agli spazi internet free? O di quelli che hanno creato al proprio interno associazioni di volontariato o gruppi di acquisto solidale per aiutare i dipendenti a risparmiare? O ancora quelli che hanno sottoscritto accordi sindacali che concedono la licenza matrimoniale anche alle coppie omosessuali che si sposano regolarmente (nei Paesi dove è consentito)?

O quelli dove si investe in formazione continua per trasformare questa attività in una professione semplicemente “normale”, dove si può crescere? I nostri lavoratori e le nostre lavoratrici non sono più giovani studenti universitari ma padri e madri di famiglia che stanno crescendo con noi (l’età media è intorno ai 35 anni). E tutto questo, caro Formigli, accade qui, in Italia e in questi durissimi anni! Accade qui, in Italia, dove ancora la pubblica amministrazione lancia gare di gestione di call center con una base d’asta inferiore al costo del lavoro, come dimostra la recente nostra polemica contro il Comune di Milano e la sua gara per l’affidamento dello 020202.

E allora diciamo basta a questi accostamenti distorti, basta a questa visione sensazionalistica che purtroppo si limita a parlare solo e sempre dell’albero che cade senza curarsi minimamente del resto della foresta che, con fatica, con coraggio, con ostinazione continua lentamente a crescere.
Non so, caro Formigli, cosa uscirà da questa mia lettera. Ma se sarà riuscita a darle anche solo una piccola curiosità per capire meglio “come cresce la foresta”, sono certo che avrà raggiunto il suo scopo.
Sono a sua disposizione per accompagnarla, se lo ritiene interessante, a visitare la nostra “foresta” che vogliamo continuare a far crescere, nel rispetto della legge e soprattutto dei diritti delle donne e degli uomini che ci aiutano in questo lavoro.

Grazie comunque per l’attenzione,

Umberto Costamagna

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