Partner a tutto tondo delle strategie di customer experience

Nel nostro viaggio tra i contact center che si trasformano oggi incontriamo Marco Borgherese, Vice Presidente di Network Contacts.  che da Business Process Outsourcing

Durante il lockdown i contact center interni ed esterni hanno visto aumentare il volume delle interazioni, perché in moltissimi casi sono stati l’unico punto di contatto raggiungibile dal cliente. Nello stesso tempo proprio i contact center hanno sperimentato in modo massiccio lo smartworking. Questo è avvenuto in un momento in cui gli outsourcer stavano già ridefinendo il loro ruolo di cerniera tra brand e clienti finali, aggiornando le competenze degli operatori per trasformarli in consulenti della relazione, utilizzando tecnologia e intelligenza artificiale per contribuire alla creazione di Customer Experience positive.

In Network Contacts come avete vissuto l’esperienza del lockdwon e della remotizzzazione dei servici e quali segni ha lasciato nell’organizzazione?
Il lockdown ha cambiato le abitudini con cui le persone si sono relazionate con Brand e servizi della PA. Conosciamo le statistiche che hanno fotografato questo cambiamento: un incremento dell’e-commerce, delle piattaforme di videoconferenza, del traffico on line, persino una trasformazione dei modelli di business delle aziende. Tutte azioni che si sono riflesse direttamente o indirettamente nella richiesta di supporto, assistenza e vendita da remoto, mettendo sotto pressione i Contact Center.

Solo guardando la commessa INPS gestita da Network Contacts, possiamo notare che le interazioni sono triplicate nel secondo trimestre, mantenendo un trend di crescita anche nel terzo e quarto trimestre, comportando l’assunzione di ulteriori diverse centinaia di professionisti.
Il caso INPS aiuta a illuminare i diversi aspetti critici e le soluzioni adottate: la remotizzazione urgente, la continuità operativa, la sicurezza della rete e dei dati, i nuovi modelli di organizzazione, il recruitment e l’on boarding da remoto, la formazione.
Ciascuno di questi aspetti ha richiesto investimenti, flessibilità, coesione e visione. Normalmente sintetizziamo l’insieme di queste capacità con la parola resilienza. Mi piace sottolineare che nella resilienza è insito un concetto di “futuro” che arricchisce il senso della sola flessibilità/adattabilità con almeno altre due competenze: l’analisi delle condizioni passate e presenti e la strategia per individuare lo scenario futuro più probabile e profittevole. La premessa è indispensabile perché se Network Contacts non avesse sostenuto ingenti investimenti in infrastrutture ICT negli anni precedenti e non avesse avuto una Business Unit Digital e due società IT (e la rete di partner) all’interno del proprio Gruppo industriale, la gestione sarebbe stata molto più complessa, lenta e inefficace.

Network Contacts ha remotizzato il 100% delle sue risorse, 4.500 persone, in venti giorni, adottando in prima battuta un approccio “creativo” per avere soluzioni ready-to-go: virtualizzazione delle postazioni tramite remote desktop; rimodulazione delle unità operative e delle procedure; focalizzazione sui servizi di assistenza necessari e chiusura dei canali di vendita; distribuzione di token per la connessione; adozione di sistemi agili di comunicazione con i tradizionali sistemi di messaggistica.
L’assetto non era certo ottimale ma ha permesso di garantire la business continuity e l’assistenza ai cittadini sui servizi essenziali (acqua, luce, gas ma anche telecomunicazioni, PA, banche e assicurazioni).

La continuità operativa per essere sostenibile nel tempo ha avuto bisogno di aggiustamenti progressivi per garantire comunicazione, collaborazione ed efficacia. I primi due aspetti sono stati migliorati grazie all’adozione di Teams che ha richiesto un profondo lavoro di analisi dei processi di lavoro. Abbiamo ridefinito i modelli organizzativi lavorando su piccoli team fortemente responsabilizzati e orientati non tanto all’esecuzione di task ma al raggiungimento di obiettivi comuni. Questo ha impattato sul design dei processi e, in generale, sull’interpretazione della leadership. Una delle maggiori complessità che abbiamo gestito è stato proprio il cambiamento degli strumenti di lavoro e dell’approccio dei Team Leader.

Le trasformazioni che abbiamo operato oggi hanno lasciato il segno e sembra difficile immaginare di poter tornare indietro. Secondo una ricerca condotta da NOICON, oltre il 90% della popolazione di lavoratori ha ritenuto i modelli di lavoro da remoto adottati molto positivi, ma il dato che fa riflettere è la ragione di questo entusiasmo. Più dei benefici tratti da un miglior equilibrio vita/lavoro è la soddisfazione provata nel gestire con più autonomia i processi di lavoro e nel potersi interfacciare con più immediatezza con i propri responsabili ad aver colpito lavoratrici e lavoratori.

Il settore dei contact center è in continua evoluzione e i leader di mercato come voi oggi si presentano come partner a tutto tondo per le interazioni con i clienti. La strada è precisa e segnata, quali sono i vostri prossimi passi?
Lasciami fare una precisazione: proprio perché il settore è in evoluzione oggi trovo riduttivo parlare solo di contact center. Preferisco parlare di Business Process Outsourcing includendo così competenze, processi, tecnologie e ambiti diversi. Non è una mera questione semantica, ma la definizione di un perimetro più ampio di operazioni. Essere un Business Process Outsourcer significa partecipare con la committenza all’individuazione degli obiettivi e delle strategie di caring e di orientamento all’acquisto – ma non solo.
Quando diciamo “strategie” intendiamo, per esempio, il design del Customer Journey e la progettazione dell’infrastruttura digitale che la sottende; l’integrazione con gli store o i touchpoint fisici per la configurazione phygital dell’esperienza clienti; e, se necessario, la ricerca e la realizzazione di soluzioni innovative che favoriscano la relazione o, meglio, che aiutino a compiere quell’”innovazione di significato” che apre uno scenario inedito.
In questo senso la strada è precisa e passa per una collaborazione sempre più stretta con i Brand e le PA a monte. Quando cioè bisogna analizzare le esigenze e progettare le soluzioni. Se poi volessimo fare un ulteriore passo avanti, allora dovremmo introdurre un’altra nuova parola, il BPI: il Business Process Integrator. In uno scenario complesso fatto di piattaforme tecnologiche sempre più convergenti, il mestiere del BPI è quello di colui che riesce a gestire le opportunità esistenti per garantire al proprio partner il massimo valore con il minimo costo. Ma come si dice … natura non facit saltus.

Oggi è possibile far ricorso all’automazione e all’intelligenza artificiale per molte attività di contatto, ma è evidente che occorre trovare un equilibrio tra human touch e relazioni automatizzate, gestite dall’Intelligenza artificiale. Come cambiano le competenze degli operatori e in che modo la tecnologia può essere utilizzata anche per migliorare la relazione tra persone?

Nell’evoluzione che ho appena tracciato, i consulenti del caring e i consulenti che orientano all’acquisto sono figure professionali che usano gli strumenti di contatto per esercitare il proprio lavoro. Permettimi una metafora: nel medioevo c’era il cerusico. La sua capacità era quella di saper maneggiare le lame, e in virtù di tale capacità poteva sia tagliare i capelli, sia operare i malati. Oggi per fortuna abbiamo i chirurghi; alla capacità di maneggiare il bisturi abbiamo aggiunto le competenze del medico. E abbiamo i barbieri, che non studiano 10 anni medicina ma altre cose per far bene il loro mestiere.
Ecco, oggi noi abbiamo dei consulenti che hanno studiato – anche se qui si potrebbe e dovrebbe fare di più, ma è un altro discorso – acquisendo le competenze per gestire i problemi dei cittadini e dei consumatori e per guidare le loro scelte. Il fatto che conservino le capacità di farlo per telefono o attraverso altre piattaforme è solo strumentale.
In questo senso l’automazione e l’intelligenza artificiale sono strumenti – dobbiamo incrementare la capacità dei nostri consulenti di trarvi vantaggio, ma non dobbiamo dimenticare che un consulente non sarà mai un data scientist. Per questo come Gruppo stiamo cercando di attivare una BPO Academy, un percorso di apprendimento 100% on line, modulare e personalizzabile per aiutare le persone a colmare specifiche lacune. Oggi i cambiamenti sono veloci e non basta una strutturata formazione specialistica – ecco perché il tema della formazione è così delicato e dovrebbe essere gestito sin dagli ultimi anni di Scuola Superiore. Le difficoltà sono tante mentre il tempo stringe. Per questo oltre alla creazione di una BPO Academy per i consulenti (e di un IT Campus per quelle figure più tecniche che supportino l’evoluzione ICT del BPO/BPI) il Gruppo lavora a stretto contatto con le Università e i Centri di ricerca. In questi giorni stiamo lavorando a un accordo di collaborazione con Sapienza Innovazione e siamo a buon punto anche con Roma3, mentre da anni collaboriamo con il Politecnico di Bari e le Università di Salerno e Bologna per ripianificare modelli formativi capaci di ridurre lo skill mismatch.

Sempre più spesso quando si parla di customer experience si fa riferimento anche all’employee experience come elemento necessario per instaurare una relazione che generi esperienze positive.  Avete programmi o progetti specifici per migliorare l’esperienza dei vostri operatori, coinvolgendoli e motivandoli?

La scorsa settimana Network Contacts ha ricevuto un importante riconoscimento, entrando per la prima volta come settore nella classifica dei primi 400 best work to place. Più precisamente, siamo risultati tredicesimi nella nostra categoria di Servizi. Ma la cosa più interessante sta nel metodo con cui si è arrivati a stabilire le posizioni in classifica: un questionario anonimo su oltre 600.000 lavoratori che hanno valutato la leadership delle proprie aziende, la fiducia e la lealtà, lo spirito di coesione e la collaborazione, la meritocrazia e altri fattori che determinano la qualità del tuo ambiente di lavoro.
Un simile risultato racconta cosa facciamo rispetto all’employee experience. Immagino che abbia contato il nostro modo di intendere il Welfare: da un lato asset aziendale, dall’altro strumento flessibile al servizio di una popolazione che è cambiata e cambia per dimensione, età e aspettative. Ciò ha permesso non solo di mettere a disposizione dei benefit, come l’asilo aziendale, ma di integrarli nell’organizzazione del lavoro, favorendo una turnistica ragionata per le coppie assunte per esempio. Oppure di associare all’installazione della Casa dell’Acqua la dotazione di borracce 100% plasticfree e lo sharing di auto elettriche per ridurre il proprio footprint ecologico.
Tuttavia l’employee experience non vive di solo welfare. Durante la remotizzazione il modo in cui siamo intervenuti credo sia stato molto apprezzato; non solo il risultato di poter lavorare al sicuro da casa in tempi record, ma l’approccio organizzato e proattivo con cui tutte le aziende del Gruppo si sono messe a disposizione per tutelare la salute dei propri colleghi, favorendoli nell’esecuzione del loro lavoro. E così l’adoption di Teams favorita anche da momenti ludici, contest e challenge che abbiamo lanciato per rafforzare i legami anche da remoto.
È un modo complessivo di pensare l’azienda e il territorio, un modo che per noi è diventato un marchio di fabbrica, menzionato dallo stesso Ministro dell’Economia On. Roberto Gualtieri quando è venuto in visita nella nostra sede a fine settembre.

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